mercoledì, ottobre 13, 2021

GIOBBE

 

GIOBBE

 

Cap.1

Prologo

         Giobbe 1:1 C'era nella terra di Uz[1] un uomo chiamato Giobbe: uomo integro e retto, temeva Dio ed era alieno dal male. Giobbe fu un patriarca che visse secondo le vie del Signore nella terra di Uz, presso la Palestina. La sua fama di uomo retto e giusto raggiunse tutte le contrate di quella zona ed oltre. Per il suo carattere saggio e timoroso verso Dio, molti amici lo frequentavano per consigli riguardanti comportamenti da assumere con eventuali liti che nascevano tra i vicini ed altri saggi si univano a lui per valutare certi eventi della natura e spesso sui motivi della esistenza dell’uomo se avesse avuto uno scopo o una fine ignota. La sua ricchezza era molto grande, egli possedeva, settemila pecore e tremila cammelli, cinquecento paia di buoi e cinquecento asine e molto numerosa era la sua servitù. Giobbe visse intorno ai tempi di Abramo, Isacco o Giacobbe, in quell’epoca della storia antica. Egli aveva una moglie, sette figli e tre figlie. Data la sua enorme ricchezza, i figli conducevano una vita agiata e spesso piaceva loro di organizzare feste e non a caso sforavano comportamenti virtuosi che potevano nuocere a Giobbe.  Per questo motivo, egli si alzava di buon mattino e offriva olocausti secondo il numero di tutti loro e diceva: Forse i miei figli hanno peccato e hanno offeso Dio nel loro cuore. La sua correttezza e la sua profonda fede lo rendevano saggio e umile nel chiedere misericordia a Dio. Così, mentre erigeva olocausti, innalzava gli occhi al cielo, chiedendo perdono e grazia a Dio se la manchevolezza dei suoi figli avesse offeso Dio ed anche per la sua incapacità di non averli potuto tenere a freno dalla loro ebrezza giovanile. Tutto questo stato di filiazione e benessere non fu ignorato da satana, che girovagava nel mondo per trovare qualcuno e sottoporlo alla prova di resistenza alla perseveranza di fede verso Dio. Avendo individuato Giobbe, per la sua eccesiva ricchezza e tranquillità di vita, quasi che non avrebbe avvertito il peso dei mali di questo mondo, decise di andare alla corte di Dio a reclamare la anomalia dell’esistenza di Giobbe che contrastava quella che era la legge naturale del dolore e della infelicità, scadute in questo mondo dopo la caduta di Adamo ed Eva. Un giorno, i figli di Dio andarono a presentarsi davanti al Signore e anche satana[2] andò in mezzo a loro. La domanda che ci facciamo, è questa: satana si presentò davanti al Signore perché era uno dei figli di Dio o si intrufolò come personaggio con poteri speciali dei figli di Dio? Questo è un problema che non possiamo risolverlo. Tuttavia, esaminando la frase discorsiva, da dove vieni, evidenzia più che un compito un mandato affidatogli diverso dagli altri, per il fatto che la domanda avrebbe dovuta essere fatta a tutti i presenti figliuoli: “da dove venite?” inglobando anche satana come figlio di Dio; invece, la interpellanza fu specificatamente rivolta a lui. Questa particolarità mostra che satana aveva un compito diverso dagli altri, possibilmente più importante nella gerarchia degli angeli, essendo che, Dio cominciò a parlare per primo con lui. Il modo del colloquio che egli svolge con sicurezza e questiona certe disposizioni, nei confronti di Giobbe, stabiliti da Dio, lascia ad intendere, che satana avesse dei poteri attribuitogli, diversi dagli angeli presenti. La risposta: da un giro sulla terra, è una risposta secca che mostra, indirettamente, una certa franchezza colloquiale di satana nei confronti di Dio ma anche una libertà di azione, per il fatto che dice: da un giro sulla terra, che ho percorsa. Percorsa, significa che l’ha attraversata o che l’ha bastonata. Sembra essere il secondo significato perché dice che ha tentato gli abitanti, mostrando un particolare compito di sorveglianza. La cosa nuova ma anche curiosa, per noi, è che questa risposta conferma che satana aveva un preciso compito discrezionale di tentare gli uomini, essendo che Dio non lo contesta, anzi conferma, nel silenzio, il suo lavoro di perlustrazione, valutativo ed eventualmente punitivo sugli abitanti della terra[3]. Dio, già conosce cosa fa fatto satana e quello che vuole fare, quado risponde a satana: Hai posto attenzione al mio servo Giobbe? Chiaramente, qui si nota la posizione di satana come servitore scomodo ma necessario per analizzare la natura dell’uomo, non perché Dio volesse che l’uomo soffra o mantenga la condanna fatta a Adamo ed Eva ma, nella perpetuità dell’esistenza sulla terra, per arrivare al piano della salvezza.  Il compito di satana ebbe inizio sin dalla tentazione del frutto della conoscenza del bene e del male. La sua opera ha continuato anche durante la missione di Gesù ed ancora oggi fino al ritorno di Gesù sulla terra. Egli è chiamato il principe di questo mondo. Su questo appellativo, nascono diverse interpretazioni tra chi sarebbe Lucifero e chi sarebbe satana. E’ chiaro che sono la stessa cosa, anche se si potrebbe avanzare la domanda che Lucifero, essendo stato scagliato nell’abisso, come avrebbe potuto essere nel Giardino a sedurre Eva? Avrebbe, forse, avuto un incarico dopo la sua sconfitta? Questa è una domanda che non sappiamo rispondere ma possiamo riferirci ai versi della Apocalisse.[4]  Possiamo solo avanzare delle ipotesi, come per esempio, essendo stato Lucifero un angelo magnifico, tale da farsi uguale a Dio, abbia avuto, in secondo tempo, l’incarico di perlustrare la terra e i suoi abitanti e di assumere l’appellativo di principe di questo mondo. Ecco in questo libro di Giobbe, si muove con libertà e si presenta insieme ai figli di Dio alla corte divina. E’ un mistero che non è svelato del tutto, ma quello che ci interessa è di tenerlo più lontano possibile dalla nostra vita.  Giobbe 1:8 ……….Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e retto, teme Dio ed è alieno dal male. Dio conosce ognuno di noi fino alla profondità del nostro cuore, infatti, quando dice che nessuno è come lui, mostra la completa ed assoluta conoscenza di ciascun uomo sulla terra e, dei morti la loro anima, che sarà giudicata da Lui.   Giobbe 1:9 Satana rispose al Signore e disse: Forse che Giobbe teme Dio per nulla? Satana risponde in modo provocatorio mentre insinua l’atteggiamento di favore di Dio verso Giobbe. La risposta non può essere considerata ingenua, simile a quella di Abramo che fece a Dio, nel momento, in cui, il Signore decise di distruggere Sodoma, poiché qui siamo nei cieli e l’umiltà se non la sottomissione massima è d’obbligo. Tuttavia, nella risposta si nota la dipendenza se non la debolezza di satana nei confronti di Dio, scoprendosi di essere un esecutore sottomesso totalmente a Dio. Matteo 8:31 …e i demoni presero a scongiurarlo dicendo: Se ci scacci, mandaci in quella mandria. Chiarita la sua sottomissione, rimane da considerare la facoltà che ha satana di ragionamento e la libertà di attuare un contraddittorio verso Dio. Giobbe 1:10 Non hai forse messo una siepe intorno a lui e alla sua casa e a tutto quanto è suo? La siepe si riferisce ad un limite di protezione posto da Dio, intorno alla vita e a tutta la casa di Giobbe e che ogni opera della sua mano sarebbe stata benedetta, tale che, avrebbe progredito più degli altri uomini sulla terra. Satana si accorge di questo trattamento eccezionale che Dio stava facendo a Giobbe, per cui, lo istiga dicendogli, che se avesse permesso di toccarlo con una opera distruttiva, Giobbe si sarebbe allontanato da Dio. Molto difficile, però, capire il perché Dio si condiziona alla proposta di satana e non faccia valere imperativamente la sua decisione che era già scaturita da una personale valutazione, non soggetta ad alcuna inibizione. Centra o no, deve considerarsi che la richiesta di satana era subordinata e quindi nasceva da un accordo stabilito da Dio con contratto unilaterale che avrebbe reso valevoli le circostanze proposte, intorno al girovagare di satana sulla terra, anche se esse fossero risultate contrarie ad un pupillo di Dio. Giobbe 1:12 Il Signore disse a satana: Ecco, quanto possiede è in tuo potere, ma non stender la mano su di lui. Satana si allontanò dal Signore. Il fatto che Dio permette a satana di rovinare Giobbe escludendo la sua vita, pone diverse interpretazioni: come prima ipotesi, sappiamo che se l’uomo vede la sua vita in pericolo Dio sa che potrebbe cedere a satana, perché la sopportazione umana ha un limite se non è aiutata da Dio[5]. La seconda ipotesi: dato il contraddittorio esposto da satana, Dio, accetta la sfida per dimostrare che Egli è il solo Dio e tutti gli sono sottomessi. La superiorità di Dio è dimostrata che alla fine, Dio, arricchisce Giobbe contro la tesi di satana e lo ricorda nella perpetuità delle Scritture. Ma vi sarebbe anche una terza ipotesi, che dimostra che per la salvezza umana, Dio, non esitò di offrire il proprio Figlio, Gesù. Alle interrogazioni poste da satana, Dio, non si oppose totalmente per lasciare immune Giacobbe ma gli pose una eccezione, quella di non toccare la sua vita[6].  Satana si allontanò in silenzio, senza porre alcuna altra domanda. Dopo qualche tempo, satana incitò i Sabei a depredare il bestiame di Giobbe e nell’evento i guardiani furono uccisi. L’azione distruttrice fu eseguita molto rapida che mentre un superstite riferiva l’accaduto, già un altro portava una seconda brutta notizia, quella che i Caldei avevano depredato i cammelli. Subito dopo, un’altra notizia grave, riguardò un vento impietoso aveva investito la casa dove erano i suoi figli ed erano morti. Come un fulmine tutte quelle notizie addolorarono il cuore di Giobbe, tale che, il suo stato d’animo fu confuso e non ebbe la forza di imprecare ma solo di piegarsi alla volontà di Dio, mentre si stracciava le vesti. Poi si rase il capo, ma non riuscì a continuare poiché, le sue forze non potettero sostenerlo ancora, e cadde a terra. Pur ebbe la forza e la grande fede di esprimere il suo stato come uomo, che nasce nudo e nudo se ne va e nella vita Dio dà e Dio toglie. Per questo, Giobbe benedisse il Signore, poiché, ogni cosa appartiene a Lui e l’uomo, solamente usa quello che Dio gli offre ma che può essergli tolto in qualsiasi momento. Di fronte a questo grande disastro Giobbe, non peccò, essendo che, glorificò il Signore. Certamente la reazione umile e sottomessa di Giobbe verso Dio fu una sconfitta per satana che aveva previsto che se gli fosse stato tolto tutto, Giobbe non avrebbe glorificato il Signore. E’ chiaro che nel comportamento di Giobbe, non vi fu nessuna interferenza di Dio. Infatti, se l’interferenza divina potrebbe essere ipotizzata, il colloquio di satana con Dio, non avrebbe avuto senso, se poi, il risultato sarebbe stato sempre a favore del pupillo di Dio. Infatti, si vede chiaramente che satana si è presentato alla corte di Dio, per un preciso scopo quello di ottenere ciò che voleva, sebbene, egli fosse alla mercè della decisione finale di Dio.  

Cap.2

La corte di Dio

         Questo incontro di satana sembra che sia avvenuto più volte, anzi, si può ipotizzare che in tutto il ministero di Dio, egli ha avuto ed ha il compito di provare gli uomini per uno specifico scopo, quello di comprimere la resistenza della virtù dell’uomo, affinché, col soffrire e con la negazione ai comandi di Dio si allontani da Lui, ma la forza della Parola di Dio rinnova lo spirito dell’uomo eloquentemente per farlo entrare nel regno di Dio. Tuttavia, non mancano delle evidenze ove Dio mostra che satana ha una certa influenza nella decisione di Dio e lo dimostra la frase, quando dice che: Giobbe 2: 3…tu mi hai spinto contro di lui, senza ragione, per rovinarlo[7]. La replica mostra in modo eloquente che esiste un certo rapporto confidenziale e che satana ha licenza di modificare la decisione di Dio, avanzando un’altra proposta, quella di toccare ancora la persona di Giobbe e non solo ma sfida Dio stesso nel dire: Giobbe: 2:5 …stendi un poco la mano e toccalo nell'osso e nella carne e vedrai come ti benedirà in faccia! Si vede che satana non ha il potere totalmente discrezionale, poiché, si rimette sempre e comunque alla volontà di Dio. D’altro canto, raramente o quasi mai si vede che Dio nega totalmente quello che satana propone.  Giobbe 2:6 Il Signore disse a satana: Eccolo nelle mani! Soltanto risparmia la sua vita. Vediamo che man mano le disgrazie per Giobbe sono appesantite e se prima satana chiese di porre la mano su quello che possedeva, ora, satana alza la posta e chiede e ottiene di agire direttamente sulla persona, con facoltà di rovinare il suo corpo gravemente da non causare la morte di Giobbe. Stranamente, Dio accondiscende alla prima richiesta ma alla seconda mette un vincolo, quello di fare morire Giobbe. Da questo episodio che rivela la discussione tra l’angelo del male e Dio, ci sarebbe potuta essere la risultante della morte di un uomo? In tutto questo, Giobbe, cosa avrebbe potuto dire, essendo divenuto l’oggetto di una disputa e che Dio avrebbe permesso a satana di mettere in pericolo la vita di un uomo che godeva del favore di Dio? Queste sono domande, per cui, non possiamo dare una risposta ma che possiamo solo fare delle ipotesi secondo quanto la mente umana pensa razionalmente. In toto, si viene alla comprensione che quello che vale nel ministero di Dio è l’obbiettivo della salvezza e non il percorso, cioè nel cammino per il raggiungimento della meta divina, non contano le discrepanze, poiché ci siamo accorti che questo mondo è ingiusto, per cui, per i giusti è stato posto un premio alla fine della corsa e che l’uomo arrivi integro alla presenza di Dio per ricevere la corona.  Così, satana si allontanò e si mise subito ad eseguire la piaga che si era proposto, quella di toccare il corpo di Giobbe, dalla pianta dei piedi fin al capo. Durante la malattia, il fatto che Giobbe prese un coccio per grattarsi e si era seduto in mezzo alla cenere, dimostra che già egli cominciava a soffrire gravemente per il prurito e per tale ragione, aveva perso la stabilità e la tranquillità, tale che, si pose in mezzo alla cenere, come per implorare pietà a Dio. A questo risultato, la moglie non espresse nessun atteggiamento di comprensione né di conforto, suggerendo la soluzione immediata, quella di: benedire Dio e morire[8].  Giobbe fu sbalordito dalle parole della moglie, le quali, sembrarono chiaramente suggerite da satana, essendo che, non avevano in se nessun affetto ma solo cinismo e fredda considerazione. Così, Giobbe le rispose, tu parli come una donna stolta non avendo capito le vie del Signore che sono quelle di accettare il bene e il male, i quali, fin dal principio furono scelti da Adamo ed Eva. Considerando, tuttavia, che la moglie insieme al dolore di Giobbe aveva perso sette figli e tre figlie, in una volta, resta strano il fatto che non era venuta alla considerazione che il male era prodotto dal maligno e che invece di incoraggiare il marito lo riprende con una assurda ipotesi di morte. Se Giobbe si era strappato i vestiti e si era posto in mezzo alla cenere, come penitenza e sottomissione a Dio, la moglie non fu sensibile ne comprensiva della piaga che si era abbattuta nella sua casa, avendo avuto, invece, la perspicacia di riprendere il marito, agevolandolo alla morte. La casa di Giobbe di tanto benessere e gaiezza divenne, in poco tempo, un luogo di desolazione e di miseria, tale che, la notizia straordinaria si espanse in tutto il paese, causando la comprensione e il dispiacere dei suoi amici. Tra di essi, subito decisero di andarlo a trovare, Elifaz il Temanita, Bildad il Suchita e Zofar il Naamatita, i quali, ebbero un particolare sentimento di compassione che vollero incoraggiarlo per lo scopo di farlo distrarre dal dolore, iniziando a parlare di diversi settori della vita e dei sentimenti dell’uomo. Questi tre amici mostrano, a prima vista, di essere unici per la loro sensibilità e partecipazione al dolore di Giobbe. Infatti, appena lo videro, furono sbalorditi e spaventati delle condizioni disastrose in cui versava il loro amico, tale che gridarono a gran voce e ognuno si stracciò le vesti e si cosparse il capo di polvere. Poi si sedettero accanto a lui, in terra, e per sette giorni e sette notti, nessuno osò rivolgergli parola, facendosi solo partecipi al grande dolore dell’amico. Che grande esempio di comprensione e di collaborazione verso l’altrui dolore ebbero queste persone, che nel silenzio e nella riflessione, guardavano lo sbalorditivo disastro che la malattia aveva provocato in Giobbe. Non ebbero nessuno timore di stargli accanto ne mozione di distacco o di ripudio nel vedere il suo corpo lacerato e scheletrito senza forma ne bellezza, mentre Giobbe silenzioso non sapeva cosa dire, che piangere.  Sembrò un martire colpito senza una ragione dalla sventura, solo per essere stato un giusto.  

Cap.3

Giobbe maledice il giorno della sua nascita

         Il momento in cui comincia a parlare Giobbe è un disprezzo al giorno e indirettamente un elogio alle tenebre. Quando egli dice: perisca il giorno in cui sono nato, Giobbe, nel suo dolore perde il significato del giorno e della vita, come gioia della natura e fattezza di Dio. Egli rinuncia esplicitamente il creato e giudica pesantemente negativo il momento in cui è nato. Dimentica velocemente il tempo della gioia e della ricchezza nella quale la sua vita sembrava d’essere forte e invincibile, perché Dio era con lui. Giobbe non è più lui, poiché, il vero uomo è stato inabissato dal male e le tenebre lo coprono fin oltre il suo capo. Non ha più lacrime ne forza di piangere perché il dolore delle ferite lo dilania come cibo per l’inferno. Talmente è coinvolto in questa disastrosa esperienza che non lo augura a nessuno, anzi, suggerisce a Dio di cancellare quel giorno e di non cercarlo, poiché, in esso non vi è più luce. Quel giorno,[9] lo pone nel buio e lo stacca dalla concezione del tempo e lo pone nel nulla, come se mai sia apparso nel calendario ne, fa parte delle stagioni ne conoscerà mai il giorno. Nel continuare a dire, perché non sono morto nel grembo di mia madre, incolpa oggettivamente la donna che lo ha partorito, che meglio sarebbe stato non conoscere il vagito della nascita, perché portatore di dolore e di sofferenze, in questo mondo. Così, Giobbe continua a largo spazio a maledire il giorno e la presenza in questa terra, della sua persona. Il suo lamento crea dispiacere ai suoi amici ma anche indisposizione e rammarico da farli percepire il peso e la sopportazione della fatica della malattia e, ancor di più, della circostanza malefica che lo ha colpito subitanea nel momento del suo massimo ardore e beneficio d’esistenza. Il lamento di Giobbe continua oltremodo a calcare la proporzionalità dell’efficacia del dolore. Continua a richiamare esempi di disprezzo da un riferimento all’altro, coinvolgendo la vita, la nascita, il tempo, il benessere dei ricchi, l'amarezza nel cuore e la perdita della tranquillità. Nel suo dolore immenso si nota velatamente un grido di aiuto a Dio, un richiamo per sanarlo dal male che lo affligge, un pentimento di quello che abbia fatto di male e un perdono per la stessa preghiera, se abbia espresso parole che avessero offeso a Dio. Di fronte ai suoi amici, Giobbe, si sente umiliato debole e indifeso, incapace di muovere un dito per muovere il percorso della sua vita, perché ha perso tutto, anche i figli, che avrebbero portato avanti il suo nome. Solo, come in un deserto senza una via d’uscita, non sa quello che deve dire e quello che deve fare, essendo che, gli è rimasto soltanto il cuore e il pianto per rivolgersi a Dio.  La domanda che facciamo, in riferimento al lamento di Giobbe, è questa: nei giorni nostri, satana sta colpendo l’umanità con la stessa intensità di allora o diversa è la sua attitudine? Vi sono due risposte che potrebbero soddisfare questa domanda: la prima, essendo che la vita media dell’uomo si sia allungata, sembra che la conoscenza che Dio ha permesso sia in favore ad un allentamento della mano di satana e, quindi, in certi parametri la malattia viene attutita e la vita allungata, l’altra ipotesi è quella: che se la vita media sembra allungarsi, per avere Dio concesso più conoscenza, perché vi sono queste pestilenze da decimare l’esistenza? A questa domanda si può ipotizzare che, se da un lato la conoscenza, a fin di bene, Dio, l’abbia concessa per beneficare l’uomo, dall’altro lato l’uomo non ha fatto nulla per riconoscerla ne apprezzarla, poiché, si è corrotto e si è allontanato da Dio, in modo esponenziale, tale da provocare la mutazione del beneficio in maleficio. Ecco che, se da un lato satana ha avuto l’ordine di allentare la mano, dall’altra l’uomo l’ha fatto aggravare.

Cap. 4

Elifaz, il Temanita, prese la parola e disse:

         Elifaz, cerca di aprire il discorso con molta accortezza e con dovizia di comprensione cercando di non appesantire il dolore in quella circostanza. Così, incomincia ad esaltare Giobbe, ricordandogli le sue opere e il suo carattere, che ha dato sempre vigore a chi era debole e deluso. Tuttavia, sappiamo che gli eventi del mondo sono imprevedibili, e quello che Giobbe vedeva su gli altri, ora è accaduto a lui, così, Elifaz comincia ad incoraggialo, partendo da circostanze generali e immutabili, nell’accadimento del futuro della vita. Non deve Giobbe sentirsi unico colpito dal male ma gli eventi girano e si manifestano su ognuno in un modo cieco, senza guardare alla qualità della persona. Né tanto meno si deve imprecare maledicendo la vita o la natura, poiché, questo è il mondo sotto il cielo e l’uomo lo abita e lo governa ma non lo possiede. Il corpo non è resistente al tempo né alla malattia né al dolore, ma il cuore ci rassicura e ci conforta poiché è collegato a Dio. La pietà, dice ancora Elifaz, che avevi per gli altri, non era forse la tua fiducia per la vita e la gioia di godere le cose di questo mondo e quello che facevi, non ti dava speranza per i giorni avvenire? E poi, ricorda che nessun innocente è stato atterrato o è perito ingiustamente, poiché chi coltiva affanni ed iniquità, poi li raccoglie a sue spese. Giobbe 4:9 A un soffio di Dio periscono e dallo sfogo della sua ira sono annientati. Una riflessione merita questa frase, per chiarire che Dio, non è vendicativo ma propone sempre la via giusta e santa per l’uomo, anche se, in questo caso, l’evento di Giobbe lascerebbe a intendere che Dio permette che il male colpisce l’uomo per lasciare andare la forza del male sull’uomo. Questo sarebbe ipotizzabile se, dopo il male, l’uomo sarebbe lasciato a se stesso, ma nel caso di Giobbe, che ha toccato la più dolorosa situazione esistenziale, dopo che si è rifatto a Dio, ha ottenuto grazia sopra grazia,[10] e ricordiamo le parole, anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve. Così, Dio, opera e così sempre fa. A questo punto, Elifaz, fa una domanda che non sa rispondere: Giobbe 4:17 Può il mortale essere giusto davanti a Dio o innocente l'uomo davanti al suo creatore? Certamente l’uomo può essere giusto se è sincero il suo cuore ma anche egli deve avere il favore di Dio, come l’ebbe Giobbe.[11]  Se l’uomo è peccatore come regola generale, può essere giusto come eccezione, la quale, per volontà di Dio la fa scadere in lui. Tuttavia, noi pensiamo, che è molto difficile che l’uomo, che gode del favore di Dio e apprezzato come giusto, possa rendersene conto di tale beneficio, essendo che, tale virtù gli è assunta come carattere, altrimenti, egli, sapendo che essa proviene dal cielo ne potrebbe speculare e rovinare la stessa benedizione.  Spesso l’uomo è travagliato nel pensare se è giusto agli occhi di Dio, e nel dubbio prega Dio che non si allontani da lui o che lo benedica. Così facendo, accresce la sua fede e riceve benedizioni, tale che, se si dovesse trovare dal lato iniquo, potrebbe essere tratto come un tizzone scampato al fuoco. Il fatto che l’amico di Giobbe, non sapesse rispondere alla domanda, se esiste il giusto, si suppone che non conoscesse molto le vie del Signore. Infatti, egli nomina solo in questo esempio il nome del Signore, come una situazione estremamente lata che Dio potrebbe non accorgersene del giusto. In effetti, nemmeno Giobbe, pur conoscendo Dio, non si accorge che Dio era in controllo della sua vita, essendo che, di fronte alla malattia, al disastro familiare ed economico, cominciò a maledire il giorno che fu nato e tutto ciò che era in torno a lui, e solo come un giusto di cuore si rifece a Dio, poiché, egli diceva, alla conclusione del suo pianto, che solo Dio da e Dio toglie. L’amico ha sentito che Giobbe si era rivolto a Dio, e sebbene nel suo cuore lo abbia apprezzato, il suo discorso, in questa prima fase, fu basato più sulla esperienza umana che spirituale.

 

Cap. 5

Elifaz il Temanita prese la parola e disse:

 

         Continua a considerare la sua preghiera se mai fosse rivolta ai luoghi del cielo, chi lo ascolterebbe tra i santi? E a quali di essi si rivolgerebbe per essere aiutato? Poiché, dice, ho visto lo stolto allargare le sue pretese di potere, facendo allungare le sue radici oltremodo, da mal famare la sua stessa casa, e i suoi figli messi alla porta senza tutela. I vagabondi affamati che divorano le messe e i truffatori che succhiano gli averi. La sventura, continua dire, Elifaz, si alza facilmente a impestare come se fosse polvere che arriva fino ai polmoni e il dolore, come il vapore sale dalla terra e investe la persona fino al suo cuore, mentre l’uomo che genera dolore, esso si alza verso l’alto e come scintille e cade e investe tutti attorno. Poi, egli prende a dire il suo pensiero la sua propria stima e convinzione di scelta tra tutto quello che ha detto, quello di rivolgersi al Signore ed esporre la sua causa, il suo dolore il suo bisogno. Poi elogia Dio, il solo che fa le cose incomprensibili e meravigliose senza limiti, che dà la pioggia e arricchisce la terra per il raccolto. Egli, solleva gli umili oltre la comprensione del mondo e dà loro prosperità d’animo e fortezza di cuore, mentre fa svanire i progetti dei furbi e degli iniqui, affinché, le loro azioni non possano compiere disastri. In riguardo i saggi, li rende inutili causando loro il fallimento dei loro pensieri e mentre sono nel giorno, in cui loro credono, li fa incappare nel buio. Dal loro consiglio rovinoso, salva l’oppresso e il meschino per non cadere nella loro spada. Solo così, aumenta la speranza e si abbassa l’ingiustizia per i miseri e indifesi. E allora, deve essere felice l’uomo, come Giobbe, che è corretto da Dio, senza sdegnale la sua correzione, poiché, Egli è l’onnipotente. Egli, fa la piaga e la fascia e se ferisce la sua mano Egli la sana, poiché, da sei tribolazioni libera a dalla settima il male si allontanerà. Nel periodo tormentoso, ti scamperà dalla morte e nella guerra dalla spada. Sarai al riparo dalle critiche dalle tortuosità della lingua malefica che può mandarti alla rovina.  Così, conoscerai la prosperità mentre soggiorni nella tua tenda e vedrai il parlare dei tuoi nipoti mentre giocano nei prati. Solo così, andrai nella tomba soddisfatto della tua vita.[12] 

 

Cap. 6

Allora Giobbe rispose:

         Giobbe, comincia a fare una similitudine come per evidenziare la gravità del suo cruccio, ma che si riduce poi a chiedere mercè a Dio, non tralasciando punte di critiche, poiché, le saette dell’Onnipotente lo trafiggevano con punte avvelenate da provocargli una così grave malattia. Nel giustificare il suo lamento, fa capire che esso non è prodotto da una commedia provocatoria da attirare attenzione, ma esso è vero come è vero al contrario, che il somaro non si lamenta se ha l’erba da mangiare o il bue il foraggio, ma lui ha da lamentarsi, essendo che, ha il male per magiare e il veleno da bere per dissetarsi. Come non vi è gusto nel bere l’acqua di malva egli rifiuta questo male che ha addosso come disgustoso cibo. Giobbe spera di morire e chiede a Dio, che gli darebbe quello che spera, cioè, la morte e gli concedesse quello che sogna, cioè, il riposo. Tutto ciò, sarebbe per lui un conforto e gioirebbe, pur perseverando nell’angoscia di non avere rinnegato i decreti divini. Quale forza dovrebbe avere, per proseguire in questo mondo e che tipo di vita gli riserverà il futuro perché egli potesse sperare una lunga vita? La sua forza non è grande né la sua carne è indistruttibile da assomigliare a quella del bronzo. Giobbe fa una considerazione un po' lata, da quelli che sono i canoni di fede, essendo che, egli è sfinito gravemente dal male, per tale motivo, gli sarebbe consentita la comprensione degli amici e il dovuto conforto, anche se abbia abbandonato il timore di Dio. Egli, in questo caso, dà segni di cedimento di fede verso Dio, nascondendo nel suo intimo un lieve risentimento e se da un lato, sarebbe da considerarlo, data la grave disgrazia che ha ricevuto, dall’altro la riconoscenza verso Dio non gli doveva essere mai debole. Sembra che Giobbe, avesse dei fratelli, i quali, nel momento di bisogno si erano dileguati come si torrente nelle valli ed erano cupi come si può essere per il gelo e si sciolgono come la neve sotto il sole e nel tempo della siccità, cioè, nel bisogno, come lo aveva Giobbe, svaniscono. Egli ricorda le carovane di Tema,[13] che mentre avanzando nel deserto, deviarono la loro rotta e si perdettero e i viandanti di Saba che sperarono in loro ne furono delusi. Allo stesso modo gli amici di Giobbe, guardando lui come punto di riferimento, in quelle condizioni di grave malattia, provavano paura. Perché faceva loro paura? Aveva chiesto forse loro di dargli qualche cosa o dei loro bene di farli dono? Non aveva chiesto loro nemmeno di liberarlo dai nemici o pagarli il riscatto. Quindi, in che cosa Giobbe ha sbagliato e se è così, che dicono i motivi o forse pensano che il suo dire fosse configurato a quello di un folle? Poiché, il loro giudizio sembra essere duro, per il fatto che, anche l’orfano avrebbe ricevuto critica e ad un amico gli avrebbero scavato la fossa. Ora, egli chiede loro che siano giusti di considerarlo, essendo che, nella sua lingua non vi è stata iniquità o forse il suo palato, cioè, la sua sensazione non sarebbe capace di distingue più le sventure? Giobbe 6:30 C'è forse iniquità sulla mia lingua o il mio palato non distingue più le sventure?  Continua nel suo parlare, mostrando incertezza del domani e la sua confusione aumenta a diventare disperazione aggravata dal dolore e dall’infelicità che lo invade terribilmente. Si sente mancare le forze anche per parlare e mostrare ai suoi amici il suo grave stato di salute, poiché il dolore e le disgrazie sono inimmaginabili. 

Cap. 7

Giobbe 7:1Non ha forse un duro lavoro l'uomo sulla terra e i suoi giorni non sono come quelli d'un mercenario?

         Nel suo più profondo pessimismo, Giobbe, non considera più lo stato di benessere, di cui, ha goduto precedentemente, ma vede la vita dell’uomo dal punto di vista oggettivo rispetto alla natura, che lo soggioga come uno strumento per un fine proprio, coincidente con l’evoluzione dell’universo. Egli, nella sua esistenza non sta solo a guardare il creato e dar lode al Creatore, ma è sottoposto al duro lavoro per uno scambio di benefici, tra la terra che viene abbellita dalle migliorie e la sua sopravvivenza che trae il frutto dalla natura, tramite il suo lavoro.  Così, come uno schiavo segue la sua ombra, non avendo nessuna prospettiva di vedere la luce della libertà o il mercenario che, avendo faticato per l’interesse altrui, aspetta il suo salario, così, Giobbe, a differenza del mercenario, gli sono spettati mesi di illusione e notti di dolore per pagamento del suo lavoro. In effetti l’uomo in questo mondo sembra essere un mercenario, poiché, nulla si porta via ma tutto lascia in questa terra e per ricompensa, avrà solo l’esistenza e il godimento della natura. Nel suo riposo pensa a quando si alzerà, mentre si allungano le ombre di una aspettanza senza pace, che lo fa rigirare fino all’alba. La pelle di Giobbe ha cessato di opporre resistenza agli attacchi dei microrganismi è si è assuefatta alla malattia che ha fatto ringrinzire la sua carnagione. I giorni sono diventati così veloci che egli non ha più motivo di progettare il futuro, poiché, la sua vita è senza speranza. Infatti, essa è sentita essere come un soffio e, per questo, il suo occhio non vedrà il bene futuro, essendo che, già sente approssimarsi la conclusione della sua esistenza. Già vede la nube che svanisce come colui che scende negli inferi e mai più risale. Il colloquiare di Giobbe, rispecchia al quanto un sistema poetico, poiché, con le sue similitudini e con i suoi riferimenti appropriati, sembrano essere conformi allo scrivere di un letterato che osserva una certa cadenza poetica nel discorso. Questo suo modo attrae meraviglia e stupore, nel pensare come in quel tempo, Giobbe, uomo dedito alla pastorizia e all’allevamento, potesse parlare in modo sensibile e sentimentale con ricchi richiami di uomo di esperienza e di lettera. Oltre ai riferimenti terreni egli si coinvolge a nessi spirituali che sono sensibilizzati dal suo cuore,[14] non tralasciando la saggezza di essere una creatura di Dio e, quindi, anche se avvolte, mostra un po' di distacco, sempre riconosce l’esistenza dell’aiuto divino. Tuttavia, non nasconde il lamentarsi verso Dio, per essere stato lasciato nella disgrazia e di essere gravemente sofferente nella malattia. Il lamentarsi fa riferimento a Dio, come se gli abbia messo una guardia davanti a Giobbe per visionare il suo male, come se egli fosse il mare, affinché, non provochi inondazioni o un mostro marino che non faccia oltraggio agli abitanti e, tutto questo, non fa che aggravare la sua sofferenza e quindi, si convince che solo il suo letto gli procurerà riposo e sollievo, ma in quel mentre, un ulteriore soffrire gli pone Dio, che gli manda sogni con fantasmi che lo fanno atterrire.[15] Che cosa è quest'uomo che tu nei fai tanto conto e a lui rivolgi la tua attenzione e lo scruti ogni mattina e ad ogni istante lo metti alla prova? Questa domanda rispecchia quella ripetuta richiesta che fa l’uomo in ogni tempo e mai ha trovato una risposta, sebbene, Dio, abbia dimostrato più volte di amare la sua creatura, essendo che l’uomo è la sua immagine sulla terra e tale rapporto familiare, lo ha ancora dimostrato con Gesù, vero Dio e vero uomo. Giobbe, continua nel verso 19, ancora a denunciare la maledizione e indirettamente il consenso di Dio di permettere a satana di tormentarlo e replica che meglio sarebbe se il suo sguardo sarebbe volto altrove, in tale modo, egli potrebbe inghiottire la saliva, cioè vivere. Non spiegandosi i motivi di quella disgrazia chiede cosa mai egli abbia fatto o che grave peccato abbia ordito che gli occhi di Dio siano volti verso di lui in maniera disastrosa, o forse, egli sia diventato di peso a Dio? Se tutto ciò avesse una giustificazione per aver procurato l’ira di Dio, egli chiederebbe se mai possa dimenticare la sua iniquità e lasciarlo vivere, poiché, ben presto egli morirà e giacerà nella polvere. Dal momento in cui, Giobbe, è convinto che più non sarà, il suo animo si raffredda un po' di dare la piena fiducia in Dio, dimenticando, tuttavia, che Dio abbia detto che è il Dio di vivi.

 

Cap. 8

Allora prese a dire Bildad il Suchita:

         Se tu, Giobbe, ritieni di essere la vittima di un orchestrato ordine malefico che sta distruggendo la tua vita, fino a quando insisterai a esprimere opinioni negative su Dio? Può, Egli, disapplicare la legge divina da Lui stesso emanata, basata sull’amore verso la sua creatura? Poi, per la conseguenza della morte dei suoi figli, continua dicendo che se essi abbiano peccato certamente, Dio, li ha posti al pagamento del loro peccato. Pur, di fronte a questa sciagura, se Giobbe, avesse continuato a cercare Dio, per certo, la sua vita sarebbe stata ristabilita in giustizia. A questo punto si apre una discussione, riguardante la causa della morte dei figli. Secondo la legge della maledizione dei padri, che cade sui figli fino alla quarta generazione: sono stati i figli di Giobbe, col proprio peccato a meritare la morte o è stato il peccato di Giobbe che è scaduto sui suoi figli? Su quest’ultimo caso, diciamo che egli era ritenuto un giusto di fronte a Dio, quindi è da escludere la causa della morte dei figli per colpa del padre. Rimane, allora, da considerare: se i figli siano morti per il loro peccato o per decisione unilaterale di satana. Non essendoci alcuna menzione della conduzione di vita peccaminosa dei figli, resta da considerare che la loro morte, sia stata una decisone unilaterale di satana. Giobbe 1:12 Il Signore disse a satana: «Ecco, quanto possiede è in tuo potere, ma non stender la mano su di lui».  Si nota che la licenza di agire di satana si sarebbe dovuta riferire nell’ambito di quanto Giobbe possedeva, non certamente di colpire la sua famiglia. Tuttavia, il fatto che satana abbia agito sui figli di Giobbe con azione mortale, ci lascia alquanto spiazzati nel capire quella decisione, che a parere nostro, sembra scaturire da una eccessiva libertà di azione di satana. Da una logica razionale, si ritiene che il consenso dato da Dio sia stato abusato, avendo satana adottato un più gravare peso di maledizione sulla famiglia di Giobbe. Su questo avvenimento disastroso, sembra che Dio non abbia richiamato satana per la sua eccessiva decisione. Può, allora, essere supposto che la morte dei figli sia stata sacrificata per provare la fede di Giobbe o per contrastare il giudizio di Dio che era favorevole su Giobbe? Non potendo dare una risposta certa, resta la convinzione che la decisione di satana sia stata arbitraria. Tuttavia, questa sua arbitrarietà gli è stata concessa a priori, come potere generale o satana si sia discostato dai parametri del suo potere? Nel silenzio di Dio, si suppone che satana avrebbe potuto discostarsi, come quando agì in piena libertà su Caino, che lo sedusse ad uccidere il fratello Abele. Quindi, il motivo della morte dei figli resta da considerarlo un avvenimento inglobato nell’azione di satana per provare la fede di Giobbe, ma anche quello di analizzare la resistenza del suo carattere se si fosse mantenuto retto davanti a Dio. Al verso (5) continua il suo amico a dire che se Giobbe è integro davanti al Signore, la sua condizione futura sarà di gran lunga più grande.  Bildad sembra, ora, che stia profetando la condizione di Giobbe del futuro e, nello stesso tempo, richiama il passato dei padri che in simili situazioni, Dio li ha benedetti. Quelle esperienze, che hanno fatto parlare i loro cuori lodando Dio, lo dovrebbero istruire a vedere che in loro vi è stata testimonianza della benedizione divina. Egli pone una similitudine sulla vita, la quale, è verde come il papiro nelle paludi che si sviluppa per la presenza continua d’acqua e, senza di essa, sarebbe come un giunco secco. Ed essendo sempre verde, esso si inaridisce prima delle altre erbe. Tale è chi si dimentica di Dio, diventa come quel papiro secco senza acqua, così è l’empio senza Dio, che sarà come un giunco secco. La fiducia che dà agli altri è come il filo della rete di un ragno che facilmente si spezza o come quell’uomo che si basa sulla sua casa o sulla sua sicurezza, poiché, non regge. Può essere rigoglioso l’albero in faccia al sole e sopra al giardino si espandono i suoi rami e nel terreno sassoso si intrecciano le sue radici, ove attingono la vita, ma se si toglie dal suolo, anche se il suolo lo rinnega altre piante, dal terreno, ne rinascono.  Così è Dio, non rigetta l'uomo integro, colmerà la sua bocca di sorriso e le sue labbra di gioia, mentre i suoi nemici saranno pieni di vergogna e senza una tenda.[16] La tenda è riferita ai progetti e a tutte le macchinazioni dei malfattori di abbattere i buoni propositi degli onesti e umili verso Dio.

 

Cap. 9

Giobbe rispose dicendo:

         Il suggerimento di Bildad sembra non avere dato un granché di insegnamento a Giobbe, essendo che, risponde all’amico con affermazione su tutto ciò che ha ascoltato da lui, chiarendo che il suo stato è comprensivo di una maledizione progettata dal nemico e che Dio è sempre in controllo della sua vita. Tuttavia, egli non si spiega come il male sia avvenuto su di lui e sulla sua famiglia in modo subitaneo e disastroso da non essere comparato a nessun altro avvenimento malefico scaduto sugli gli uomini.  Egli è perfettamente consapevole che quello che ha detto il suo amico è verità ed è conseguenza di fatto di esperienza di vita e che Dio interviene in giustizia e punisce gli iniqui e i malfattori, infatti, dice come può un uomo avere ragione dinnanzi a Dio? Neanche una volta su mille potrebbe replicare o esporre alcuna giustificazione delle sue ragioni su tutti i discorsi che farebbe con Lui, poiché, quella persona, anche la più saggia, resterebbe sconfitta e pienamente sprovveduta di fronte alla sapienza di Dio. Nemmeno la natura potrebbe avere ragione su Lui, essendo che, Egli, sposta anche le montagne, scuote la terra e comanda il sole di fermarsi insieme alle stelle. Giobbe elogia così tanto Dio, che mostra di essere consapevole della sapienza di Dio più del suo amico, ricordando le sue opere, le sue meraviglie e la sua potenza. Elogia il suo mistero la sua invisibilità e mette in nudo la incapacità dell’uomo di non essere in grado di poterlo seguire o avvertire la sua presenza o il suo allontanamento.[17] Tuttavia, Dio, è irremovibile nella sua collera come nel caso quando fiaccò i sostenitori di Raab, cioè, gli abitanti di Gerico e salvò solo Raab e la sua famiglia. Qualsiasi uomo ritenuto giusto invece di rispondere deve chiedere pietà a Dio come al giudice. Tanto Giobbe mette in evidenza la sua infermità e debolezza di uomo che anche se dovesse invocare Dio e gli rispondesse egli penserebbe che non sarebbe all’altezza di essere ascoltato. Nello stesso tempo, ricorda che Dio, nella sua piena volontà, pone l’uomo in benedizione e in maledizione, aggrava l’infermità dell’uomo e può toglierla, poiché, è solo Lui che da vigore e adotta la sua giustizia. Chi, potrà mai citare il fare di Dio?  Se egli pensasse di essere innocente o avere ragione, Dio, dimostrerebbe che è in errore.  Giobbe, continua a lamentarsi con il suo intervento pessimistico, causato più dalla condizione, di cui, Dio lo ha posto.  In definitiva, dice che pur non sapendo se egli fosse considerato un giusto o un reo, la sciagura cade lo stesso sugli uomini, mentre Dio pone il suo umore come Egli vuole, essendo che, la terra sembra essere stata lascata in balia al malfattore. Così, i giorni passano veloci e ci sfuggono dalle mani senza poter godere pienamente il bene. Se si illude di pensare di essere contento o di avere assaporato la felicità, si spaventa che dietro le sue spalle possa esserci già pronto il male o il dolore che lo colpisca repentinamente. (29) Se egli è colpevole o è considerato tale, perché affaticarsi per costruire il bene e sperare nella gioia della vita? Non sarebbe un affaticamento vano? Anche se si pulisse da rendersi puro, non potrebbe Dio porlo in un pantano? Indirettamente, Giobbe, evoca i motivi e lo scopo, per cui, l’uomo è in questo mondo. Esso non rappresenta il luogo finale, nel quale, è lecito godere la felicità ma solo lo strumento o il mezzo per raggiungere tale virtù. Esso è come un vestibolo in cui si deve temperare il carattere e il cuore dell’uomo per poi accedere nel mondo migliore della purezza e santità, che dura in eterno[18]. Giobbe considera la sua persona e la confronta a quella di Dio e dice che, egli non ha nessuna possibilità di competere o dichiarare le sue ragioni difronte a un giudice supremo, essendo che, Dio è il giudice supremo e che nulla possa fare o dire l’uomo difronte a Lui. Considerando ciò, si arrende e con mestizia e sottomissione, chiede che possa Dio allontanare la sua verga da lui, poiché, gli farebbe terrore e oltremodo paura, in quanto potrebbe parlare con libertà. Tuttavia, se l’uom parlasse in piena libertà, significherebbe parlare senza regola e ciò, potrebbe sembrare una indipendenza dalla regola morale. Essa farebbe nascere una discrepanza naturale di colloquio, essendo che, il principio umano è quello di essere evoluto e idoneo per raggiungere il perfezionamento della sua esistenza e non essere simile agli animali. La libertà di colloquio, quella che piacerebbe a Giobbe, è quella di amare l’un l’altro ed usare con dovuto rispetto alla persona. La libertà di parlare deve essere quella di non avere timore o soggezione di essere fermato o oppresso dal potente collocutore, e che in questo caso, Giobbe si riferisce ad una libertà relativa e che principalmente non offenda Dio.

Cap.10

Stanco io sono della mia vita!

         Giacobbe continua nel suo lamento a rivolgendosi al sentimento del suo cuore che prova tanta amarezza. Quasi vorrebbe parlare a Dio, dicendogli di non condannarlo e se è possibile, fargli sapere i motivi della condanna, per il quale, Dio si sia posto contro di lui. Al verso (3), si interroga esprimendo un pensiero dubbioso e contrastante con i principi tutelativi di Dio. Dire che il suo soffrire nasce dal desiderio divino perché tale può essere, avvolte, il suo scopo è relativamente grave, che il solo pesarlo, mostra un allontanamento, se pure, momentaneo dalla fede in Dio. Riguardando al disprezzo che Dio possa vere della sua opera, può coincidere se l’uomo è malvagio, se costruisce con inganno le sue ricchezze frodando il debole. Tuttavia, in questo caso, Giobbe considera proprio questo caso, che Dio possa permettere l’avanzamento dei progetti iniqui, fabbricati dagli uomini turpi. Certamente, egli, sta divagando essendo in preda al terribile dolore fisico e morale, per il quale, non sa quale spiegazione deve considerare per arrivare ad una plausibile spiegazione dei fatti. Arriva a paragonare, Dio, come un uomo di carne, dimenticando la sua natura di Spirito e della sua onnipotenza, capace di poterlo salvare subito dalla sua sventura. Tocca argomenti che non conosce, ipotizzando offensive meriti della eternità di Dio, la quale, è imperscrutabile ed estremamente santa e senza limiti. Giobbe stuzzica la persona e la stessa decisione di Dio, considerando indirettamente che ciò che sta operando in lui, possa quasi essere considerato ingiusto.  Chiede, quasi, con arroganza il perché Dio debba frugare la sua colpa, facendola esistere, se la sua coscienza non la vede?  Ricorda che egli è stato plasmato perfetto da Dio e non è il caso che ora possa la sua collera avventarsi su di lui, pur non stimando se stesso di avere una meritevole colpa, anzi, trova strano che abbia ricevuto questa disgrazia avendo seguito le sue vie. In opposizione all’ottemperanza dell’uomo ai percorsi stabiliti dal Signore, Giobbe ricorda a Dio, ciò che non dovrebbe, quello che l’uomo pur attraversando tutte queste peripezie e battaglie per l’esistenza, alla fine ritornerà polvere. (12) In questo lasso di tempo della vita egli riconosce che Dio dona benignità all’uomo e custodisce il suo spirito proteggendo la sua vita e lo sorveglia e non lo lascia impunito se pecca. L’uomo anche se giusto non osa alzare la tesata verso Dio, essendo che, si sente di essere pieno di ignominia e pieno di miseria. Di tutto questo, si chiede Giobbe, per la inutilità di godere la gioia in questo mondo, il perché Dio lo abbia fatto nascere e non lo abbia fatto già morire nel grembo di sua madre, così, nessuno lo avrebbe visto soffrire. Quindi di fronte alla disgrazia scadutagli, si chiede se non siano già abbastanza i giorni portatori di peso e di travaglio nella sua vita, che deve anche affrontare la disgrazia e vedere distrutto il suo lavoro e la sua famiglia. Così, chiede un po' di riposo per il quale posa respirare, prima dell’ultimo giorno che lo porterà alla morte. E’ chiaro che Gobbe è all’estremo della sua sopportazione di resistere alla disgrazia e alla malattia che lo rendono incapace di muoversi e di parlare con scioltezza come ogni altro uomo. La sua intraprendenza è duramente provata che non gli permette di dare valore alle giuste opportunità e alle evenienze dei fatti, per riconoscere che Dio è sempre giusto e che tutela la sua creatura per un fine difficile da essere compreso dall’uomo. Di tutto questo è a conoscenza Giobbe ma solo che le circostanze lo fanno intirizzire di fronte al calore della luce del sole che Dio provvede e all’aria che dispone per l’esistenza.  Non sa cosa altro potrebbe dire di fronte al mistero della vita e alle evenienze sinistre che accadono agli uomini e in special modo al lui, che si sente bersagliato senza capire l‘origine del male o se abbia peccato. Comunque, il suo pensiero rimane legato alla misericordia di Dio che possa liberarlo da quel male.   

Cap.11      

Allora Zofar il Naamatita prese la parola e disse:

         Zofar, rivolgendosi a Giobbe, dice che dopo tutto questo suo sproloquio bisognerebbe dargli una risposta, invece, non sarebbe necessario al loquace, per il suo lungo discorso, dargli ragione. Sa è la paura ad invadere il carattere di Giobbe, allora, egli è irreprensibile agli occhi di Dio. Se Dio gli parlasse, manifesterebbe i segreti della sua sapienza ed allora, egli saprebbe che Dio lo perdona dalla sua colpa. L’amico fa riferimento al discorso fatto e che mostra una eccessività di egoismo da parte di Giobbe che ha cercato di penetrare nell’intimo di Dio cercando di criticare la sua Onnipotenza, la quale, è più alta del cielo e lui nulla può fare per uguagliarla, essendo anche più profonda dell’inferi e più vasta del mare. Se Dio lo prova o lo condanna o lo giudica, chi potrà ostacolarlo? Lui solo conosce gli uomini buoni e fallaci e l’iniquità se vuole, può fermarla. Lo stolto comincia a ragionare correttamente e da onagro selvaggio lo fa diventare docile e mansueto. Allo stesso modo, se lui renderà a Dio il suo cuore e a Lui tenderà le sue mani, mentre allontana l’iniquità non facendo abitare l’ingiustizia, allora, può alzare la faccia senza macchia a Dio. Così, il sole splenderà sulla sua vita e l’oscurità sarà trasformata in aurora. L’affanno sarà dimenticato, essendo che, l’uomo in questa terra è come un viaggiatore, che vede passare i luoghi nel suo cammino e si dimentica del loro aspetto così è il dolore che passa e non si ricorda più la pena, come quando ci si riposa nel sonno e non pensiamo a nulla. Verso (20) Diverso è per i malvagi che non hanno riposo e non hanno scampo di sviare le turpi azioni, restando in attesa, con tremore, dell‘ultimo respiro, poiché, sono stati inibiti dal procurare buone opere che avrebbero incrementato la virtù e l’esistenza della loro stessa vita.

 

Cap. 12      

Giobbe allora risponde a Zofar:

         Egli, parte con una premessa e dice che è vero che la voce degli amici è quella del popolo ove risiede la saggezza ma anche lui fa parte della società e, quindi, il suo parere sta alla stessa stregua di quello di loro, poiché, ha lo stesso senno e vive gli stessi problemi.  Il ludibrio, cioè, lo scherno del suo amico è simile a colui che si lamenta a Dio perché gli risponda, anche se il suo ludibrio è giusto ed egli è integro. Se le tende dei ladri che provocano danni alla società, sono tranquilli, per colui che provoca Dio, tentando di ridurlo sotto suo potere, c’è altrettanto sicurezza? Ciò, non è così, poiché, a Dio deve essere dato massimo rispetto e replica all’amico, che egli potrebbe domandarlo persino agli animali che loro gli confermerebbero la stessa cosa. Giobbe 12:9 Chi non sa, fra tutti questi esseri, che la mano del Signore ha fatto questo?[19] Poiché, Dio, ha nel suo potere l’anima di ogni vivente e lo spirito della vita di ogni carne, Egli, può fare tutto questo. Sappiamo, tuttavia, che ogni cosa coopera per il bene dell’uomo perché Dio ha voluto così fin dal principio della creazione. Se l’orecchio distingue le parole e il palato assapora i cibi e ai canuti si addice la saggezza è perché in Dio risiede la sapienza come fonte e origine di tutte le virtù proiettati nell’uomo. Infatti, tutto ciò che Dio decide, quello è e che sarà, Egli, tiene in mano le sorti del creato e l’uomo è una parte di esso. Già l’uomo è testimone di come Dio posa fermare le acque, fare emergere la terra dal mare e porla nell’asciutto. Sotto di Dio appartiene il debole e il forte l’ingannato e l’ingannatore, Egli, crea il bene e il male.[20]  Dio influenza i giudici della terra e la mente dei governanti. Tutto è nelle sue mani. Cosa non può essere fuori dalla sua disponibilità e della sua potenza se ferma il sole e capovolge la terra? Così, è facile per Dio, rendere i consiglieri della terra privi di senno.

 

Cap.13

Giobbe afferma la sua capacità intellettiva simile a quella degli amici.

         L’osservazione che fa Giobbe ai suoi amici è quella di colui che, apparentemente, non desidera avere consigli insistenti dagli amici, specie se toccano la sua esperienza o il suo sapere intorno alla esperienza della vita, poiché, si sente di essere come gli altri e non meno. Egli, può risolvere i problemi della vita come li affrontano gli altri ma che, nell’attuale momento preferisce, più che il consiglio, un conforto per il suo dolore. Bando alle chiacchiere dei suoi amici, egli vorrebbe parlare a Dio e presentargli le sue interrogazioni, invece, di ascoltare suggerimenti vani o improvvisazioni di medici del nulla. Meglio sarebbe se i suoi amici, mostrassero compassione e comprensione della sua disgrazia e stare possibilmente in silenzio, poiché, in quel modo la loro comprensione sarebbe accetta. Nel continuare il discorso, Giobbe, sembra uscire fuori dal comportamento rispettoso da tenere verso i suoi amici, quando li riprende dicendo di fare attenzione a quello che dicono, poiché, sarebbe bene che tacessero. Tuttavia, egli dimentica la loro buona fede di essere venuti a trovarlo. Non solo, ma li calunnia dicendo che con la scusa di proclamarsi loro dalla parte di Dio, parlano con inganno[21]. Sembra, in questa occasione, che Giobbe stia esagerando nel criticare i suoi amici, ma anche per il fatto che si pone come critico senza averne titolo, di coinvolgere Dio per richiamare i suoi amici, accusandoli di parlare con inganno. In effetti, inganno non vi era in loro, essendo comprensivi e pietosi verso di lui.  Egli continua ad attaccarli dicendo loro di essere parziali costituendosi difensori di Dio[22]. In realtà, dice che, pur in apparenza prendono difese di Dio, lo ingannano e, quindi, sarebbe bene che fossero scrutati dal Signore per la loro lealtà, dato che la sua maestà non gli incute spavento. Poi, li riprende, affermando che lui parlerà e loro, quello che possono capire lo intendano pure senza obbiettare, poiché, egli è deciso di trapparsi la carne con i denti e forse anche uccidersi, (mettere sulle mie mani la mia vita). Se Dio lo volesse uccidere lo uccida pure, perché non gli importa più di vivere. (16) Quella decisione, gli sarà come segno di vittoria poiché una simile situazione di un altro uomo, non gli si presenterebbe, essendo egli, per quella esperienza disastrosa, l’unico. Quindi, impone ai suoi amici di ascoltarlo bene e di porre nella loro mente quanto dirà. Egli si è posto in condizioni per essere giudicato, e con la convinzione di risultare innocente, propone agli amici di accusarlo ed egli starà zitto ad ascoltare la sentenza di ciascuno, anche se è di morte. Rivolgendosi a Dio, chiede solo due cose e dopo non si sottrarrà dalla punizione che possa scaturire dalla sua presenza. La prima cosa che chiede è quella che Dio allontani la sua mano da lui e che il suo timore lo possa spaventarlo. (22) Poi, è pronto ad essere interrogato ed egli risponderà o se vuole egli parlerà e Dio gli risponderà. Giobbe, osa competere con Dio, nella estrema situazione della sua disgrazia, essendo che, non riconosce i motivi o i suoi peccati, per i quali, abbia ricevuto una così grave pena e distruzione. Sprona Dio di dirgli quale sia il suo peccato o il suo misfatto, perché è desideroso di sapere il mistero della sua disgrazia repentina che ha distrutto la sua esistenza famigliare ed economica e soprattutto della sua salute. Nel silenzio, parla come se Dio fosse presente ma non lo vede, per cui, gli dice perché Dio nasconda la sua faccia e lo considera come un nemico. Si raffigura di essere come una foglia nel deserto, per cui, Dio, lo dimena a destra e a manca, come dar caccia ad una paglia secca. Continua col suo lamento, dicendo che Dio scrive delle sentenze amare, rinfacciandogli errori giovanili e lo pone nelle condizioni di essere legato come con ceppi mentre segue le sue orme e il suo corpo si disfà come il legno attaccato dalle tarme o come un vestito invaso dalla tignola.

 

Cap. 14

Giobbe 14:1 L'uomo, nato di donna, breve di giorni e sazio di inquietudine, 

         Si rivolge, ora, alla natura della sua persona denunciando la brevità della vita, la quale, è anche ricca di inquietudine, essa è come un fiore che nasce e in breve avvizzisce e l’uomo corre e mai si ferma, mentre Dio lo segue e lo pone in giudizio. Continua dicendo che se Dio ha predisposto i giorni e ha fissato un termine che lo lasci libero di compiere il suo tempo. (7) Poiché, se per l’albero vi è speranza che dopo tagliato ributta, anche l’uomo se ha peccato può ripristinare la sua vita. Tuttavia, se l’albero sottoterra invecchia, al sentore dell’acqua rigermoglia, mentre l’uomo se muore, giacerà inerte. Così, chiede se Dio potesse nasconderlo nella tomba finché sia passata la sua ira e poi portarlo in vita per terminare i suoi giorni. Se l’uom potesse rivivere, allora, accetterei l’amarezza e la pena finché arrivi il giorno della fine del dolore e iniziare la fase del lieto vivere[23]. Tuttavia, come un monte finisce nella valle o le acque consumano le pietre, così, Dio, annienta la speranza dell’uomo, poiché, lo abbatte per sempre ed egli non sarà più. Se i suoi figli, cioè la sua creatura sarà onorata o disprezzata, se Dio si addolora, solo lui lo sa.

Cap. 15     

Elifaz il Temanita prese a dire:

         Incomincia con un paradosso, dicendo: il saggio, certo, non pronuncia discorsi inutili come quell’uomo che si riempie di vento d’oriente, cioè di nulla o si difende con parole incoerenti e rimprovera Giobbe, deprimere la religione e abolire la corretta preghiera a Dio[24]. (5) Questo verso è una rivelazione di una ipotesi di come funziona la Trinità di Dio. La malizia, che suggerisce alla bocca dell’uomo, è il funzionamento di come in Dio, la sua volontà trasmette alla Parola, cioè, la Parola esegue quello che il cervello di Dio comanda, essa è la esecutrice della volontà di Dio ed è la seconda identità divina. In effetti, la nostra bocca non potrebbe proferire se il cervello non gli comandasse il dire[25]. Questo paragone nasce dal fatto che siamo all’immagine di Dio. (6) Il fatto che, la sua bocca proferisce condanna, evidenzia un contrasto tra la sua volontà benigna di fondo che proviene dal suo cuore e il proferire della bocca, che nel tragitto del comando, essa pronuncia contro la sua sincera indole religiosa. Per il fatto che adotta questa libertà contrastante alla religione, si crede Giobbe, di essere nato prima di tutti? Si sente, forse, speciale di avere avuto il permesso di accedere ai segreti di Dio o si è appropriato illegittimamente della sapienza? In effetti, non è forse Giobbe come gli altri? Non ha anche lui un padre canuto come tutti gli uomini? Non gli bastano, forse, le consolazioni di Dio e le sue guida di insegnamento per un vivere nelle sue grazie? Perché il suo cuore tende verso il lamento e rivela il malcontento, mostrando espressioni con cenni negativi ed evidenti cenni con gli occhi contro Dio? Poi si chiede il perché l’uomo, essendo nato da donna possa essere giusto, considerando che Dio non ha fiducia dei suoi santi né i cieli considera puri. Tuttavia, l’uomo se può essere giusto, è avvolte abominevole e beve l’iniquità come acqua. La cosa curiosa detta dai saggi è che i malvagi si tormentano per tutta la vita e la loro vittima prevedendo l’attacco dei predatori perde la pace dal momento in cui è colpito, essendo che, non può sottrarsi dalla loro spada. Si sente come dato in pasto agli avvoltoi e quel giorno sarà tenebroso per lui e lo spaventa per la sopravvenuta miseria e angoscia che lo assalgono come un re che respinge l’attacco. Tutto perché egli non si è rivolto a Dio, anzi, ne è stato contro, si è messo a correre a testa alta al riparo dello scudo della sua forza. Egli credeva di avere la sua faccia riparata e i fianchi ricoperti di grasso. Tuttavia, egli avrà dimora in città diroccate o in case abbandonate, prossime a diventare macerie. A tali condizioni, quell’uomo che si pone contro Dio, non arricchirà e non durerà a lungo la sua fortuna e non avrà possibilità di mettere radici sulla terra. Quindi, quel malvagio non sfuggirà alle tenebre, essendo che, il suo frutto seccherà o se produce cadrà a terra. Allora, è meglio per lui, che non confidi in vanità poiché sarà la sua rovina, poiché la sua vegetazione sarà tagliata prima di stabilirsi e i suoi rami non saranno più verdi. Sarà spogliato dal suo frutto come si vendemmia la vite o l’ulivo butterà i suoi fiori. (34) Così, come la stirpe dell’empio è sterile quella dell’uomo venale sarà divorata dal fuoco. La sua malizia genera sventura e nel suo cuore alleva delusione[26].

Cap. 16        

 Giobbe: Allora rispose.

         Con tono antitetico, Giobbe risponde al suo amico Elifaz, come per intendere che quello che è stato detto nel suo discorso non ha avuto nessuna efficacia di convinzione, essendo che, sono cose già risapute e non degne di essere evidenziate in quello specifico caso della sua disgrazia. Egli ne ha sentiti di conforti simili, provenienti da consolatori che non provocano altro che disturbo e non consolazione. Egli stesso potrebbe parlare come loro se non fosse obliterato dal male, anzi, li colmerebbe di parole da confonderli e poi cesserebbe il discutere. Tuttavia, nel suo dolore, sia che parla sia che taccia, niente allontanerà il suo umore. Con il parlare, Elifaz, ha rivolto tutta la gente contro Giobbe, tale che, il suo amico divento un calunniatore, fa sì che i suoi nemici strizzano gli occhi e spalancano la loro bocca, mentre lo insultano. Egli ribadisce che, Dio, lo ha consegnato come preda all’empio e dato ai malvagi, mentre se ne stava tranquillo. Si sente come preso per il collo e lo ha posto come bersaglio (13) I suoi arcieri, riferendosi alle divinità sottoposte a Dio, lo hanno circondato per trafiggerlo nei fianchi senza pietà fino a ferirgli le sue viscere. Giobbe, nos sa più mantenere un filo logico di lamento né di richiesta ne di perdono, egli dice tutto in modo confuso, tale che ora parla contro Dio, ora, lo esalta chiedendogli aiuto. (19) Ma ecco, fin d'ora il mio testimone è nei cieli, il mio mallevadore è lassù. Ritorna poi al suo consueto lamento, dicendo che i suoi avvocati di fronte a Dio, sono le sue lacrime e i suoi occhi e con un accenno ripete che gli anni passano ed egli s’incammina in una via senza ritorno. Egli piega di nuovo il suo discorso su un piano pessimistico, influenzato dalla terribile disgrazia, di cui, ne sopporta amaramente il peso e le conseguenze. Ma sembra essere più calmo e più bisognoso di conforto e di incoraggiamento nello sperare in Dio.   

 

 

Cap. 17

 Il mio spirito vien meno, 

Questo verso, sembra rispecchiare la incomprensibile frase del discorso sul monte che fece Gesù. Matteo 5:3 Beati i poveri in spirito perché di essi è il regno dei cieli. La povertà dello spirito potrebbe assimilarsi a questa situazione morale di Giobbe, che sente venir meno il suo spirito per le avversità della vita. Da questa sensazione di difficoltà, che racchiude la fatica di proseguire nella vita, a nostro parere, si accomuna quella riferita da Gesù nelle beatitudini, che danno conforto e ristoro alle anime in sofferenza per le varie ingiustizie e vicissitudini dell’esistenza. Dio provvede per loro, promettendo lo stare pacifico nel regno dei cieli. Così, Giobbe sembra profetizzare il la frase di Gesù che promette lo stato superiore del futuro dell’uomo, dopo la permanenza su questa terra. Continua a lamentarsi di essere in balia dei beffardi ma che il suo occhio guardingo li sorveglia, mentre si rivolge a Dio di essere garante della sua incolumità e non altri.  Ad essi Dio ha tolto il senno e non li lascerà trionfare e come chi onora gli amici a pranzo e dimentica i suoi figli che soffrono, così, Giobbe è diventato ludibrio di quei beffardi e pure dei popoli. Per questo, si offuscano per il dolore, i suoi occhi ed il suo corpo sembra essere ombra nella realtà di questo mondo, tale che, gli onesti rimangono stupiti e si indignano contro l’empio. Tuttavia, il giusto rispecchia la sua condotta e avendo le mani pure, si rafforza il suo coraggio di andare oltre, rimanendo vittorioso contro i beffardi. Se, i suoi amici, non dovessero credere a quanto detto, egli sfida tutti a controllare se fra di loro o fra gli altri, vi fosse un saggio che potessero contraddirlo.  Nonostante, la sua presa di posizione, conferma che tutto è inutile di fronte alla fine dei giorni che lo aspettano, poiché, i suoi progetti sono passati e non più progettabili, essendo la tomba l’unica sua speranza e luogo ultimo del suo travaglio. Dal sepolcro griderà a Dio e ai vermi li accoglie come sorelle, cioè compagne del suo riposo, mentre non sa rispondere dove andrà a finire la sua speranza o il suo benessere, forse resteranno con lui nella polvere o nella tomba. 

 

Cap. 18 

Bildad il Suchita prese a dire:

         L’amico Bildad incalza Giobbe, dicendogli di porre fine alle chiacchiere e di frenarsi dal criticare i suoi amici considerandoli come bestie. Forse per il suo malessere e il suo lamento, la terra sarà deserta o le montagne si staccheranno? L’amico, certamente, è d’accordo che il malvagio avrà la sua ricompensa e la sua casa non prospererà, la sua luce si offuscherà e la lucerna nella sua casa si estinguerà e, soprattutto, il suo progresso sarà ridotto e i suoi progetti falliranno. Prima o poi, egli inciamperà nel cammino oscuro e senza accorgersene camminerà nella rete del suo stesso tranello. Sarà preso al piede con un laccio nascosto nel terreno da non potersi liberare mentre il terrore lo invade. La sua ricchezza diventerà carestia e rovina davanti a lui senza poterla modificare. (13) Un malanno consumerà la sua pelle e il primo genito della morte,[27] cioè satana gli roderà le membra. Egli sarà tolto dalla sua tenda, cioè, dalla sua casa, in cui, egli confidava per la sua esistenza e sarà trascinato contro il suo volere davanti al re del terrore, cioè davanti a satana e al suo tribunale costituito da angeli di tenebre e di lugubri luoghi, senza possibilità di vedere la luce. Rivolgendosi a Giobbe, gli dice che, certamente, egli non potrebbe abitare nella tenda lasciata dal malvagio, poiché, in essa è stato sparso dello zolfo che distruggerà ogni possibilità di poterla abitare. Come succede all’albero le su radici si seccheranno e i suoi rami saranno tagliati, si riferisce alla sua discendenza che sarà cancellata a cominciare dai componenti della sua famiglia che da presto, saranno dimezzati. Il suo ricordo sarà cancellato dalla terra e il suo nome non sarà pronunziato nella contrada, essendo che, egli è stato tolto dalla luce e buttato nel buio delle tenebre e sarà come se fosse stato sterminato. Ci accorgiamo che i discorsi di Giobbe e dei suoi amici hanno la stessa radice di cultura, poiché, gli esempi si somigliano e si scambiano in riferimenti sovrapposti detti o supposte dall’altro collocutore. Il malvagio, ritenuto tale sia dai credenti che da quelli del mondo, scagliono lo stesso giudizio, quello che la sua casa sarà deserta senza alcuno che l’abita. La sua fine sarà conosciuta da oriente ad occidente e rimarranno alcuni stupiti altri terrorizzati. Così è la fine di chi, pur sapendo dell’esistenza di Dio, non vuole conoscerlo, piuttosto, ignorando i suoi precetti crea il male ed orchestra inganno per ottenere potere o denaro.      

 

Cap. 19

Fino a quando mi tormenterete.

         Giobbe, si irrita contro i suoi amici che non hanno fatto altro, per ben dieci volte, a insultarlo senza esprimere alcun segno di conforto né comprensione per la sua disgrazia ed hanno considerato esagerato il suo modo di esprimersi, se esso tale possa essere ritenuto. (5) Non è forse vero, egli replica, che credete di vincere rinfacciandomi la mia abiezione, ovvero, i suoi discorsi fatti sul destino umano? Devono loro ricordare che Dio, già lo ha posto nella situazione di dolore, poiché grida contro la violenza e non ha risposta, chiede aiuto e non vi è giustizia. Sembra che Dio gli abbia sbarrato la strada dell’esistenza, poiché, il suo sentiero è buio e par che lo porti alle tenebre. Si immagina di essere spogliato della sua gloria e si trova senza corona, essendo che, si sente simile ad un albero sradicato. (11) Di nuovo si lamenta contro Dio, dicendo che è considerato come un suo nemico avendo, Egli, posto le sue schiere e spianata la strada contro di lui, per distruggere la sua tenda. I suoi fratelli e gli amici si sono allontanati da lui e gli ospiti hanno dimenticato la sua casa e le sue dipendenti lo trattano da estraneo come se fosse uno straniero, egli, li chiama ma loro non rispondono, la sua stessa voce è ripugnante per sua moglie e disgustosa per i suoi fratelli. Tutti quello che lo amavano si sono volti contro. (20)  La sua pelle copre appena le sue ossa e i suoi denti sono predominanti alle sue gengive, per questo egli chiede pietà ai suoi amici, essendo che, la mano di Dio lo ha percorso. Perché, dice ai suoi amici, si accaniscono contro di lui, martoriando la sua carne. Se le sue parole fossero scritte in un libro o fossero impresse con fil di ferro sul piombo o ancora si incidessero sulla roccia, resterebbero come testimonianza del suo dolore. Tuttavia, egli, sa che il suo Vendicatore, cioè, Dio, vive. Un giorno si ergerà dalla polvere, cioè, sarà presente in questa realtà della terra, per giustificarlo. Nel frattempo, il suo corpo sarà distrutto consumato dalla polvere. Egli, vedrà Dio. Per il momento le sue viscere si consumano nel pensare ai suoi amici che dicono, come possiamo colpirlo per estirpare il suo male se il male è in lui stesso? (29) Giobbe, risponde, che loro oltre a temere la spada, come strumento punitivo di iniquità, debbano temere il verdetto del Giudice Dio.     

 

Cap. 20

Zofar il Naamatita prese a dire:

Zofar naamatita, come da ricerche, probabilmente veniva dall'Arabia nordoccidentale. Da quanto detto da Giobbe, l’amico, ha desiderio di rispondergli prestamente. Egli ha ascoltato il rimprovero e si sente offeso, per cui, il suo spirito lo spinge a replicare, dicendogli che forse Giobbe non sappia che il trionfo degli empi non dura o la gioia di chi deride il prossimo, in modo perverso, dura poco? Anche se il perverso dovesse alzare la sua statura fino al punto più alto, egli sarebbe spazzato come se fosse rifiuto scomparendo dalla vista di chi lo cerca, poiché, si sia dileguato come un sogno o visione notturna. I loro figli dovranno risarcire i poveri colpiti dal loro malfatto. Le ossa del perverso anche se appartenenti a un giovane, giaceranno nella polvere. Il male del perverso anche se gli era dolce nascondendolo sotto la lingua, il cibo arrivando nelle sue viscere gli farà male e gli darà un effetto come il veleno. Tutto ciò che ha rubato dei beni, Dio glieli farà vomitare. Egli non vedrà più ruscelli d’olio, cioè, abbondanza di olio, di miele o di latte.  (18) Non riuscirà ad assaporare i suoi acquisti ottenuti con sudore e non godrà del frutto del suo guadagno, poiché, ha oppresso i poveri e ha rubato case invece di costruirle. Non ha saputo essere generoso e con i suoi beni non si salverà. (20) Nulla ha rifiutato per soddisfare la sua voracità e per questo motivo non durerà la sua ricchezza, poiché, nel colmo del suo benestare piomberà la miseria e ogni sciagura. Dio, scaglierà il suo sdegno e gli farà cadere addosso il fuoco consumante. Qui, Zofar, diventa severamente tragico si esprime con grave pronostico di sciagura, tale da suscitare un cupo presentimento di morte[28].  Le tenebre lo assaliranno e un fuoco lo divorerà e brucerà quanto sia rimasto nella sua tenda. I cieli stessi riveleranno la sua iniquità e la terra si leverà contro di lui, mentre una alluvione si avventerà nella sua casa senza lasciar tracce alcuna di lui. Questa è la sorte che dio riserva all’uomo perverso. 

 

Cap. 21    

Ascoltate bene la mia parola

         Giobbe sembra ormai stanco delle prediche che gli amici gli impongono, per cui, non gli rimane altro che la sua stanchezza, la sola che gli sarà come conforto. Egli ribadisce che devono avere pazienza di ascoltarlo se parla ancora, anche se possa essere poi deriso giustificando il loro intervento. Tuttavia, gli permettano almeno che possa perdere la pazienza. Premette che dal suo discorso, resteranno stupiti da mettersi la mano in bocca e lui stesso resterà turbato da sentire un brivido nella sua pelle. La domanda che fa è quella comune a tutti gli uomini, del perché i malvagi godono spesso di situazioni privilegiate ed hanno lunga la vita. I loro figli crescono insieme a loro e attuano gli stessi caratteri, percorrendo la medesima via. Le loro case sono tranquille e la mano di Dio non si aggrava sopra di loro lasciando che i loro bestiami non si ammalino e si moltiplicano e sono fecondi. I loro figli vanno in giro come greggi e non mostrano alcuna difficoltà di vita, anzi, saltellano come di festa. Nascono nel benessere e lo sono fino che vanno negli inferi, ripetendo sempre a Dio di stare lontano loro, poiché, dal principio non hanno voluto conoscere le sue. Considerando questi benefici concessi a chi non dovrebbero essere elargiti, Giobbe, si chiede se vale la pena seguire le vie del Signore e se vale pregarlo. Esprimendo un giudizio ancora più drastico, dice chi è, allora, l’Onnipotente che dovremmo servirlo mentre riceviamo un trattamento di sfavore?  I malvagi incontrastati continuano ad avere in possesso il benessere e le loro turpi macchinazioni non sono punite, restando lontane dal controllo di Dio. Quante volte, se mai si spegnesse la luce della loro fortuna, rimanendo del continuo accesa per favorirli o quante volte la sventura li colpisce?  Non subiscono alcune conseguenze della sventura mentre gli altri, onesti, sono ridotti come paglia o come pula spazzata dal vento. Se Dio serba per i suoi figlioli del castigo, lo faccia pagare anche ai malvagi e vedano anche con i propri occhi la forza divina che può distruggerli con la sua ira. Cosa importa della loro casa dopo che i loro giorni sono finiti. Se questa è scienza, essa non può essere insegnata a Dio che giudica tutti dal suo luogo. Il mistero della vita, nella quale, uno muore in salute e in ricchezza un altro muore con dolore e amarezza senza avere mai guasto il bene e tutti giaceremo nella polvere invasi dai vermi. 27 da tutto questa realtà enunciata, Giobbe dice ai suoi amici che conosce i loro pensieri e i giudizi distorti che fanno a lui, quando dicono dove sia la casa del padrone e dove sono le tende degli empi? Non avete forse chiesto ai viandanti tali interrogazioni? E se avete ricevuto delle risposte non siano, ora, negate da voi, il fatto che nel giorno della sciagura, i malvagi sono risparmiati. 31 Quando uno rinfaccia al malvagio la sua colpa che soddisfazione riceve? Chi gli darà ragione o compenso del suo rancore? Quell’uno arriverà al sepolcro come gli altri e riceverà la veglia dei suoi cari come si usa. Dalla terra che lo copre non sentirà il suo peso mentre la folla gli passerà vicino senza ricordarsi di lui. 34 Perché e per quale scopo gli amici di Giobbe lo consolano, essendo tutto vano, rimanendo il loro conforto, un’apparenza di inganno?      

 

Cap.22      

Dio castiga solo in nome della giustizia.

Elifaz il Temanita prese a dire:

La domanda che pone Elifaz è razionale con un senso marcatamente terreno della vita. Prende come esempio il saggio che nella sua rilevante intelligenza la usa per suo interesse. Sarebbe utile a Dio se la sua condotta fosse integra? 4 Dio punirebbe per la sua pietà verso gli uomini o piuttosto per la grande malvagità?  Rivolgendosi a Giobbe, replica che egli senza motivo ha tormentato i suoi amici e ha spogliato dalle vesti i poveri indifesi e non ha dato da bere agli assetati rifiutando di dare da mangiare agli affamati. Sapendo che la terra è in possesso ai padroni, proprio lì, abita il suo amico o la persona sua favorita.  Le vedove sono state rimandate a mano vuote e le braccia degli orfani sono state forzate al duro lavoro. Per questi motivi intorno a Giobbe, vi sono tutti questi lacci di sofferenza e di dolore. 11 Il giorno è così tenebroso che egli non vede più la luce, mentre la piena come un a valanga di acque lo sommerge. Eco che il suo amico, ora, esalta Dio e riconosce la sua Onniscienza. Continua dicendo di guardare l’altezza delle stelle che vanno verso il punto dalla luce di Dio e su questa misteriosa natura, Giobbe, risponderebbe: Che cosa è Dio? 14 Egli è così grande e Onnipotente che può giudicare ogni cosa anche nascosta dalla caligine ed è così santo che le nubi gli fanno da velo, se pur non si dovesse interessare, Egli, passeggia nei cieli controllando ogni cosa. 15 Elifaz dice se Giobbe, vorrebbe seguire il solco battuto dagli uomini empi che anzitempo furono spazzati via da un fiume torrenziale che travolse anche le fondamenta dei malvagi?  E loro nella più profonda caparbietà si sono rifiutati di piegarsi a Dio, dicendo che si sarebbe meglio allontanato da loro, non essendo riconoscenti che il Signore li aveva riempiti di beni, con tutto ciò, che si erano posti lontano da Lui. Così i giusti godono vedendoli in disgrazia, mentre l’innocente li deride.  Elifaz, gli consiglia che ora è il tempo che si riconcili con Dio, poiché, solo in questo modo ritornerà ad essere felice. Se accoglie, col cuore, i benefici della legge di Dio, Egli, allontanerà l’iniquità dalla sua tenda. 24 Se stimerà l’oro come materia di ricchezza, Giobbe, si accorgerà che Dio è più prezioso. Considerando l’oro, come materiale di mezzo, senza scopo di ricchezza, cioè come natura facente parte al mondo nel caso, come ciottoli spostati dal fiume, allora ci si accorge che la vita ha più di valore dell’oro, come Dio da vita contro effetto distruttivo della morte. Solo a queste condizioni, si assume la franchezza di alzare il proprio volto a Dio che donerà la gioia della ricchezza dell’oro. L’esistenza diverrà come un premio e l’oro come collana di gioia che arricchisce offrendolo a Dio. ciò vuol dire che l’opera di carità deve essere fondamentale attitudine del fedele, riconoscendo che tutto passa e va al Creatore. Allora si che Dio ci ascolterà quando alzeremo il volto verso di Lui. 28 Deciderai una cosa e ti riuscirà e sul tuo cammino splenderà la luce. L’uomo sarà liberato se nella sua opera agirà con coscienza e onestà, le quali, produrranno la nitidezza delle sue mani e del suo cuore. Sarà ascoltato perché in lui vi sarà impressa la legge di Dio e prospererà sempre.

 

Cap.23

23 Giobbe allora rispose:

Tuttavia, la sua mano è pesante sopra i miei gemiti. Il lamento di Giobbe appesantito da un profondo dolore è simile a quello di un uomo di Dio, che non può manifestare la sua fede perché indebolita ed ammaliata dal terribile male scaturito nella sua casa. Egli non mostra completa disillusione, ma spera ardentemente che Dio lo possa liberare e trovare per lui una soluzione di sollievo. 3 Oh, se egli potesse sapere dove trovarlo, gli presenterebbe tutte le sue ragioni e così conoscerebbe le sue risposte, ma con la sua potenza avrebbe Dio pazienza di ascoltare la sua giustificazione? Se lo ascoltasse, allora si sentirebbe che Dio giudicherà la sua colpa o il suo torto e si sentirebbe meglio di avere almeno parlato con Dio, Giudice di tutti. Sebbene Giobbe, guardi a destra e sinistra non riesce a vedere o sentire Dio, sebbene egli si sia attaccato al suo piede e non si è allontanato dalle sue vie. 17 non sono infatti perduto a causa della tenebra, né a causa dell'oscurità che ricopre il mio volto. Queste frasi ci ricordano quelle del Samo 23:4 Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me. Giobbe in questa situazione disastrosa, pur non si sente perduto, essendo che, la sua speranza verso il Signore non ha cessato del tutto di fronte al male che ha distrutto la sua famiglia e la sua vita. Nel cuore gli rimane un rancore, per il fatto che, Dio non risponde né si fa sentire nel suo bisogno, né tanto meno dà alcun segnale di alleviare la sua situazione d’esistenza. Rimane come un uomo che grida e nessuno lo ascolta né Dio lo aiuta. Facile è per i suoi amici, in parte, di consolarlo ma tutto rimane come se la sua persona fosse dilaniata. Lo stato depresso di Giobbe rispecchia quello che l’uomo supporta e ha esperienza di affrontare nei momenti bui della vita. E’ proprio in questi casi, che si deve aver forza di quella fede che ci lega a Dio. Tuttavia, perché, Dio permette che l’uom debba soffrire così tanto per avere l’esperienza di sentirlo o di avere bisogno del suo aiuto? Questo è il dilemma che Giobbe cerca di capire senza potersi dare una spiegazione del sistema divino, nel fronte della protezione sull’uomo. Si sente come colpito dal male senza sapere i motivi né i suoi peccati.       

Cap.24

 24 Perché l'Onnipotente non si riserva i suoi tempi e i suoi fedeli non vedono i suoi giorni?

 Giobbe si fa un’importante domanda che spesso ci facciamo tutti: la parola: non si riserva i suoi tempi, allude che Dio, nella sua grande saggezza e perfezione, non abbia potuto organizzare un percorso della vita terrena, permettendo all’uomo di potere intravedere il suo futuro e quindi i giorni avvenire, tale che, non potesse sbagliare come colui che viaggia nel buio. Così come dice che i suoi fedeli non vedono i propri giorni. Tuttavia, Giobbe non considera il significato del ministero di Dio e sembra non ricordarsi il peccato originale di Adamo ed Eva, che ha attratto la pena eterna contro tutta l’umanità. Con tutto ciò esistono sbilanciamenti così considerate dall’uomo, che sembrano che Dio misuri con due pesi e due misure. Questa situazione pone un delicato problema, che l’uomo possa eccedere nel giudicare Dio nel modo sbagliato e potrebbe cadere facilmente nell’egoismo e non valutare correttamente il ministero di Gesù sulla terra. Ecco che Dio, come compenso morale pone la fede che rafforza in modo ineludibile il cuore dell’uomo nella scelta positiva e chiara di seguire Dio in ogni circostanza. Allo stesso modo Giobbe si chiede, il perché i malvagi continuano a operare in modo straordinario le cose del mondo, tornando tutto a loro favore, come rubare il gregge altrui e pascolarlo come se fosse proprio. Portano via l'asino degli orfani, prendono in pegno il bue della vedova e come degli approfittatori e speculanti, sfruttano il debole e l’innocente. 4 Spingono i poveri fuori strada, tutti i miseri del paese vanno a nascondersi. Padroneggiano nel paese credendosi di essere i soli ad avere diritto della parte migliore delle cose e costringono i poveri ad allontanarsi dal loro spazio di conquista illecita, facendo apparire che solo loro hanno diritto perché potenti. I poveri solo devono lavorare come onagri da soma e alla sera ritornare a casa portando il profitto di una giornata di fatica, dopo aver mietuto il grano o zappato la loro vigna. E a casa non hanno il che minimo dei conforti perché non fanno che soffrire il freddo in inverno e il caldo in estate. 11 Tra i filari frangono le olive, pigiano l'uva e soffrono la sete. La loro anima grida aiuto ma Dio non presta attenzione alle loro preghiere. Giobbe continua questo senso di critica all’apparente dimenticanza di Dio di non sovvenire ai poveri e ai giusti, mettendo in evidenza il loro sacrificio e la loro sottomissione di fronte ai potenti, senza che ricevano alcun aiuto divino.  25 Non è forse così? Chi può smentirmi e ridurre a nulla le mie parole? Giobbe non considera nemmeno per un po' che il suo giudizio possa essere sbagliato e continuando nella sua omelia, afferma che il suo pensiero è corretto e che nessuno potrebbe dire cosa alcuna contro di lui. Tuttavia, Giobbe sa benissimo che il Signore è vivente e che conosce ogni cosa della sua disgrazia, ma il risentimento lo porta a parlare con pessimismo non perché ha perso la fede il Dio ma che vorrebbe che Dio lo aiutasse o che si facesse sentire per il suo bisogno. Dentro il suo cuore nutre la speranza e la fede verso Dio, che sebbene duramente provata, egli si sente di essere lo stesso uomo che ha servito Dio ed ha osservato le sue leggi. Ora si sente ultimo degli umani, disperato e senza uno scopo di vita né orizzonte da raggiungere, perché crede che Dio lo abbia abbandonato.

 

Cap. 25

25 Bildad il Suchita prese a dire:

Bilda prende subito la posizione di difendere la volontà di Dio e di affermare che nel suo dominio o Regno non esiste nessun tipo di paura che possa contrastare la sua volontà, essendo che, la pace è assoluta. Da elogio alla sua potenza e alla grande schiera di esercito da non potersi contare il numero. La sua luce arriva a tutti, poiché, tutti sono allo scoperto e che nessuno può nascondersi nel giustificarsi di fronte a Lui. 5 Ecco, la luna essa manca di chiarore e le stelle non sono pure ai suoi occhi: quanto meno l'uomo, questo verme, l'essere umano, questo bruco! Di fronte alla sua purezza immisurabile, la luna manca di chiarore e le stelle, se pur infuocate, non rimangono pure di fronte ai suoi occhi. E se paragoniamo l’uomo, egli non è che un verme o un bruco. Tuttavia, come dal bruco uscirà una farfalla così da un uomo carnale, per la potenza di Dio, ne uscirà uno incorruttibile ed eterno per la sua gloria. Bilda, con il suo intervento ha ricordato a Giobbe che Dio è in controllo di tutta la natura e che l’uomo non deve nutrire sospetti della sua potenza ne dalla sua mancanza di intervento per aiutarlo, poiché, il suo scopo è quello di portare la sua creazione e questo mondo alla perfezione e non al fallimento. Avvolte, come è capitato a Giobbe, l’uomo perde il senso della potenza di Dio e crede che Egli non si interessi di noi, ma ecco che la fede che Egli ha infuso nel nostro cuore, ci mantiene la speranza e la forza di credere che Dio c’è ed è presente. Così, Giobbe invece di imprecare, meglio sarebbe se si rivolgesse a Dio con tutto il suo dolore, poiché, il Signore, non lascia alcuno fuori dalla sua grazia. Dal fatto che repentinamente è avvenuta la sua sventura, deve esserci un motivo che certamente è sotto lo sguardo e il controllo di Dio. Lo stesso fatto che Dio abbia permesso che gli amici di Giobbe fossero andati a trovarlo già è stata unna prova della presenza del Signore nella vita di Giobbe.

 

Cap.26

26 Giobbe rispose:

La domanda di Giobbe è personale e tocca direttamente Bildad il Suchita sulla sua generosità. 2 Quanto aiuto hai dato al debole. Gli chiede se ha dato aiuto al debole e se esso è stato sufficiente o è stato solo nella forma o solo è stato apparente. Fa anche riferimento a quanti consigli o se ha usato saggezza verso il debole bisognoso. Qual è stato il suo spirito e se il suo sentimento è stato onesto verso l’ignorante. Quanto è stato sincero il suo spirito parlando con gli altri e se ha abbondato la saggezza o l’ipocrisia?  5 I morti tremano sottoterra, come pure le acque e i loro abitanti. 6 Nuda è la tomba davanti a lui e senza velo è l'abisso. Un importante riferimento fa Giobbe, che i morti tremano sottoterra alla presenza di Dio, così pure le acque e gli abitanti della terra e la tomba difronte a Lui è vuota perché non esiste morte ma solo vita eterna. Le cose nascoste con i loro misteri e persino l’abisso, di fronte a Lui sono senza veli, poiché, tutto è alla luce sotto ai suoi occhi. 7 Egli stende il settentrione sopra il vuoto, tiene sospesa la terra sopra il nulla. Dio ingrandisce il settentrione, quindi la terra, facendogli acquistare più spazio nello spazio e la mantiene sollevata senza peso nell’universo. Racchiude le acque dentro le nuvole senza che esplodono e nasconde il suo Trono adombrandolo con la sua nube. 10 Ha tracciato un cerchio sulle acque, sino al confine tra la luce e le tenebre.  Dio ha tracciato un limite nel mare che separa l’abisso che resta nelle tenebre dalla parte di mare che, godendo della luce, rimane illuminata dal sole. 11 Le colonne del cielo si scuotono, sono prese da stupore alla sua minaccia. I turbini che scendono minacciosi e salgono portentosi, come colonne del cielo e sono presi di stupore di fronte alla sua minaccia. [29] 12 Con forza agita il mare e con intelligenza doma Raab. Con la sua potenza agita il mare in tutta la terra e con la sua intelligenza ha trasformato la meretrice Raab in eroina, come pure il peccatore in credente o un reo in santo. 13 Al suo soffio si rasserenano i cieli, la sua mano trafigge il serpente tortuoso. Ad un suo comando o a un suo soffio, i venti si acquietano mentre la sua mano trafigge il serpente rovinoso, in aguato ad avvelenare l’uomo e la sua fede. Ecco questi sono alcuni minime cose che fa il Signore e quanto è dolce il suo sussurro nella nostra vita che nemmeno lo percepiamo. Non sappiamo nemmeno cosa conserva il suo Trono né la potenza racchiusa in esso o la sua grandezza o la sua immensità.  

Cap. 27

Giobbe, innocente, conosce la potenza di Dio

27 Giobbe continuò a dire: finché nel suo cuore vi sarà un soffio di vita e l’odore di Dio nel suo respiro, non vi sarà mai nella sua parola menzogna. Lungi che Giobbe darebbe ragione ai discorsi dei suoi amici, tratti da esperienze di vita, piuttosto darà ragione alla sua integrità verso Dio e sarà sempre fedele alla sua giustizia. 7 Sia trattato come reo il mio nemico e il mio avversario come un ingiusto. Così marca la sua opinione contro chi lo contrasta, considerandolo reo ed avversario e replica che l’empio non ha nulla da sperare di fronte a Dio quando si troverà al suo cospetto. Dio, nella sua vita terrena non ascolterà il suo grido quando il male lo colpirà. E lo stolto porrà la sua compiacenza a Dio se il suo cuore è dedito a contrastarlo?  11 Io vi mostrerò la mano di Dio, non vi celerò i pensieri dell'Onnipotente. Giobbe a differenza dello stolto mostrerà apertamente la mano di Dio che opera nella sua vita e i pensieri e i consigli dettati nel suo cuore, li manifesterà a tutti che sono da Dio. 12 Ecco, voi tutti lo vedete; perché dunque vi perdete in cose vane? Rivolgendosi ai suoi amici, dice loro che se vedono la mano di Dio operare nella loro vita perché continuano a parlare di altre cose attinteti all’esperienza di vita e non si attengono all’insegnamento di Dio?

 

Discorso di Zolfar: Il maledetto:

Zofar replica dando ragione a Giobbe, ricordando la maledizione contro gli stolti e i violenti che riceveranno per certo la punizione da Dio. il male cadrà su di loro e sulla loro casa e per sino i loro figli passeranno per la spada e i loro discendenti soffriranno la fame. Pesante è la maledizione dei superstiti che li seppellirà la peste e le loro vedove non avranno pietà perché non faranno alcun lamento per loro morte. Se il malvagio accantonerà argento come la polvere e si vestirà di costosi vestiti, essi saranno come il fango perché il giusto li indosserà e i loro argento l’innocente e lo godrà. La sua casa costruita con lusso sarà ridotta come una capanna adibita al guardiano. Se si corica ricco sarà per l’ultima volta. Avrà giorno e notte tormento per le sue perdite e come il vento sarà sballottato dal suo posto e sarà come bersaglio della natura e sarà oggetto di deriso per gli altri che lo vedono in balia della maledizione.

        

Cap.28

La sapienza inaccessibile all'uomo

Il paragone che fa Giobbe tra la capacità dell’uomo di sapere trarre l’oro e l’argento dalla terra di fondere il ferro e il rame, di scrutare le tenebre e nelle rocce scava gallerie, 12 ma la sapienza da dove si trae? E il luogo dell'intelligenza dov'è? 14 L'abisso dice: Non è in me! Né si scambia con l’oro e vale più scoprire la sapienza che le gemme. 21 E' nascosta agli occhi di ogni vivente ed è ignota agli uccelli del cielo. 23 Dio solo ne conosce la via, lui solo sa dove si trovi. Giobbe riconosce che, sebbene l’uomo acquisti ricchezza e potere e riesce a leggere la natura, non rimane altro che un essere che vive la sua esistenza in questa terra, senza mai sapere l’origine della sapienza e da dove arriva la forza della sua vita. La sapienza resta un limite irraggiungibile e un dono divino, di cui, non si riesce a leggere il suo mistero. Egli la considera appartenente a Dio, che ha creato cielo e terra e della grande opera che ha fatto, creando l’uomo. La sapienza risiede come oggetto vivente nell’uomo senza che lui la comprenda, essendo che, essa non si trova nella terra dei viventi.  Quando Dio formò tutte le cose allora disse all’uomo: 28 Ecco, temere Dio, questo è sapienza e schivare il male, questo è intelligenza. Il fatto che non tutti temono Dio, non tutti conoscono la sapienza, ma quelli considerati marginali dalla società e poveri in spirito e hanno timore in Dio sono proprio quelli che superano la scienza e l’intelligenza umana. Quest’ultimi godono di una gioia e di una visione superiore che gli altri non riescono a comprendere, poiché, racchiusi nella loro intelligenza razionale di questo mondo e della ragione che ne fa di loro dei sottomessi della scienza terrena. Così sorge come uno scontro tra i filosofi che si basano sulla ragione e i semplici che si affidano alla potenza di Dio. Questo stato di contrasto tra la sapienza terrena e la sapienza divina produce delle conseguenze nocive per l’uomo che, con l’andar del tempo, lo pone contro Dio aprendogli la via della morte spirituale. La ragione se serve per la risoluzione dei problemi imminenti non serve per il futuro dell’uomo che è il suo obbiettivo. Non è la conoscenza della materia né delle cose del mondo che sopravvivono ma deve essere la conoscenza della futura esistenza ad essere stimata, che sarà fuori da questo mondo. Infatti, la terra non sarà per sempre ma l’uomo si. Ecco che il progetto dell’uomo deve essere quello di guardare oltre la frontiera e non considerare la realtà materiale della vita. La terra è stata creata da Dio come mezzo di raggiungimento del finale luogo d’esistenza, che sarà l’eterno Regno di Dio. L’uomo deve riflettere che non siamo in questo mondo per niente ma per uno specifico scopo progettato da Dio e che tutto coopererà per il bene se la sapienza di Dio sarà la guida della nostra vita. Questo è quello che Giubbe nel discutere con i suoi amici scopre e arriva a comprendere che è inutile, anzi dannoso mettersi contro Dio, perché, tutto è possibile a Lui e se si è colpiti da maledizione si deve avere solo fede il Lui. Dio non ci ha creati per morire o per essere mezzo di fallimento, ma di gloria.

 

Cap.29

Lamenti e apologia di Giobbe:

Dopo aver ricordato le grandezze di Dio, Giobbe, fa una riflessione esprimendo il desiderio, se potesse ritornare indietro negli anni quando Dio lo proteggeva e teneva la sua luce sopra il suo capo nei momenti, in cui, si trovava a camminare nelle tenebre o proteggeva la sua casa e i suoi figli che gli stavano intorno. 7 Quando uscivo verso la porta della città e sulla piazza ponevo il mio seggio. Quando Giobbe usava andare in piazza, le persone si radunavano attorno per sentirlo parlare di progetti vari e della raccolta dell’olio. Anche i notabili sospendevano il loro lavoro e la voce dei capi si smorzava per l’eloquenza dei suoi discorsi. 12 perché soccorrevo il povero che chiedeva aiuto, l'orfano che ne era privo. Tutta questa stima nei suoi confronti derivava dal fatto che Giobbe era un uomo buono e caritatevole, che aiutava l’orfano e i poveri, per cui, si notava che Dio era dalla sua parte perché lo benediceva più di ogni altro.13 La benedizione del morente scendeva su di me e al cuore della vedova infondevo la gioia. Infatti, chi era in fin di vita, lo benediva, riconoscendo la sua umanità per il bene che aveva ricevuto. Al cuore della vedova infondeva sicurezza e fiducia come ricevere favore da un buon padre di famiglia. 15 Io ero gli occhi per il cieco, ero i piedi per lo zoppo. Giobbe ricorda che era di aiuto per i ciechi che provvedeva di farlo accompagnare e così per gli zoppi. La sua carità era conosciuta da tutti nel luogo della sua contrada e fuori di essa. 21 Mi ascoltavano in attesa fiduciosa e tacevano per udire il mio consiglio. Così, tutti lo ascoltavano quando egli pronunziava i suoi discorsi o dava consigli per il bene degli altri. Giobbe era il punto di riferimento degli abitanti della contrada e tutti lo consideravano protetto da Dio. La sua fama era così grande che per sino satana ne ebbe invidia e per tale motivo, quest’ultimo, fece in modo di ottenere il consenso di Dio per colpirlo duramente nella sua vita. 19 La mia radice avrà adito alle acque e la rugiada cadrà di notte sul mio ramo. 20 La mia gloria sarà sempre nuova e il mio arco si rinforzerà nella mia mano. La sua radice, cioè la sua discendenza, avrà abbastanza acqua di vita e avrà la benedizione della rugiada che cadrà sempre nel ramo, cioè, nei suoi figli e discendenti. La loro gloria sarà sempre rinnovata e crescerà come l’arco che si rafforza in tenzione nelle sue mani. Egli, rimarrà sempre il consolatore degli afflitti.  Questa è una delle ragioni, per cui, Giobbe non riesce a capire i motivi della maledizione che è scaduta nella sua casa. Anche se a tratti si è posto delle domande che gli hanno creato dei dubbi se Dio lo assistesse, dopo, ritorna alla riflessione finale ammettendo che solo Dio è Grande e che, certamente, interverrà a salvarlo dal male.    

Cap.30

Angoscia presente di Giobbe

Tuttavia, Giobbe, considera la sua situazione attuale non buona, essa è piuttosto desolante e disperata, tale che, quelli più giovani di lui ridono sulle sue spalle, i quali padri, non li avrebbe considerati nemmeno degni di far parte dei cani del suo gregge. 2 Ora invece, anche le sue mani sono senza forza e hanno perduto ogni vigore e sopravvivono nella indigenza e nella fame, cercando di resistere nel deserto. 4 da lungo tempo regione desolata, raccogliendo l'erba salsa accanto ai cespugli e radici di ginestra per loro cibo. Essi hanno raccolto l’erba grassa accanto i cespugli e le radici di ginestra per sfamare Giobbe e, a sua volta, alimentare se stessi dalla nutrizione del suo corpo. 5 Cacciati via dal consorzio umano, a loro si grida dietro come al ladro; essi ora, sono indesiderati dalla vita laboriosa sociale, si grida contro di loro di non avvicinarsi come si urla al ladro, poiché, non sono piacevoli di essere viste. 6 sì che dimorano in valli orrende, nelle caverne della terra e nelle rupi. Così le sue mani, si nascondono dalla vista degli abitanti, dimorando nelle caverne e nelle rupi. 7 In mezzo alle macchie urlano e sotto i roveti si adunano. I denigranti si nascondono e urlano in mezzo alle macchie e in mezzo ai roveri, disprezzando il suo stato di abbandono e di desolazione. 8 razza ignobile, anzi razza senza nome, sono calpestati più della terra. Questi diffamatori, ingrati, che sono una razza che non hanno alcuna denominazione, perché, senza nome è degna di essere pestata come si calpesta la terra quando si cammina. 9 Ora io sono la loro canzone, sono diventato la loro favola! Ora, questi sono diventati cantori delle sue disgrazie raccontate in pubblica piazza come una favola, in cui, Giobbe, viene deriso come personaggio scomodo. 10 Hanno orrore di me e mi schivano e non si astengono dallo sputarmi in faccia! Questi ipocriti hanno orrore di vederlo e se lo dovessero incontrare non esiterebbero di sputarlo in faccia. 11 Poiché egli ha allentato il mio arco e mi ha abbattuto, essi han rigettato davanti a me ogni freno. Poiché Dio ha allentato il suo arco e lo ha abbandonato, i maldestri, non hanno avuto alcun freno per schernirlo e disprezzarlo. 12 A destra insorge la ragazzaglia; smuovono i miei passi e appianano la strada contro di me per perdermi. Da un lato, i ragazzi immorali e senza pudore, disturbano il suo cammino e gli ostruiscono la strada per farlo disperdere in altre direzioni. 13 Hanno demolito il mio sentiero, cospirando per la mia disfatta e nessuno si oppone a loro. Questi ragazzi hanno demolito il suo sentiero, cioè, gli hanno tagliato la via d’accesso per proseguire il suo cammino e nessuno li ferma né, li rimprovera prendendo le sue difese.  14 Avanzano come attraverso una larga breccia, sbucano in mezzo alle macerie. Si muovono e scarrozzano come un groviglio di gente che hanno forzato una larga breccia, spuntando all’improvviso da luoghi nascosti. 15 I terrori si sono volti contro di me; si è dileguata, come vento, la mia grandezza e come nube è passata la mia felicità. I terrori della vita e le disgrazie si sono volti verso Giobbe e la sua fama si dileguata come il vento e la sua felicità come una nube apparente, si è dileguata nel nulla, mentre i giorni di afflizioni lo consumano e di notte si sente distruggere le ossa con dolori insopportabili. Si sente come se Dio lo stringesse facendolo soffocare dentro la propria tunica e poi fosse gettato nel fango divenendo polvere e cenere. Giobbe, grida a Dio ma Egli non gli risponde e anche se insiste non gli da retta. Egli dice che Dio è diventato un duro avversario e che lo perseguita in continuità. Egli lo solleva come se fosse un cavallo nella bufera sballottato a destra e a manca e sa che lo conduce alla morte nel luogo ove nessuno tende la mano alla preghiera o per la sua sfortuna invoca aiuto. Non si è forse, Giobbe, commosso per gli altri, per chi aveva giorni desolati e per gli indigenti? Eppure, ora che egli aspettava il bene è venuto il male, ora aspettava la luce ed è arrivato il buio. Egli avanza con il volto mesto senza conforto mentre nella folla invoca aiuto. Abbandonato da tutti, sono diventato amico degli sciacalli e degli struzzi e degli animali in genere. Il suo corpo soffre la debolezza e vede lo scheletrirsi del suo corpo e le sue ossa soffrono la secchezza. La sua cetra suona con armonia lugubre e il suo flauto per marcare il dolore del suo pianto. Così, Giobbe, enfatizza la sua collera contro la disgrazia e non riesca ad avere una logica di quello che si prospetta davanti a lui. Così, ora, si lamenta di Dio, ora, lo invoca per aiuto anche se apparentemente non ascolta la sua voce. Nel suo cuore sa che Dio è l’unico che possa aiutarlo, e chiede un intervento concreto e forte, poiché, non è più resistente a sopportate il male e la sua malattia. Eppure, con tutto il suo male la speranza in Dio non cessa di esistere nella sua vita. Egli insiste con dolore, affiche, Dio, lo possa alleviare dal quella repentina disgrazia che lo ha traumatizzato totalmente dalla vista dei suoi simili e dalla perdita dei suoi famigliari.   

Cap. 31

Apologia di Giobbe

31 Avevo stretto con gli occhi un patto di non fissare neppure una vergine. Giobbe, esalta la sua personalità come esempio di correttezza e trasparenza, e che, nelle more ha voluto mostrare a se stesso e agli altri che ha ristretto il suo desiderio sessuale, per il quale, egli dice che volontariamente, non ha volto occhio di desiderare alcuna donna, ancor più che vergine. Ha voluto comportarsi simile ad un eunuco per la correttezza della sua promessa di purezza di fronte a Dio. Per tutto questo, cosa gli assegnerà lassù Dio quando egli renderà le opere della sua vita sulla terra? Se la rovina è riservata agli iniqui e la sventura a chi compie il male, non considererà forse, Dio, positivamente la condotta integra di Giobbe e lo svolgersi delle sue azioni conformi alla sua volontà?  Se dicono che Giobbe ha agito scorrettamente o inavvedutamente ha frodato qualcuno, che Dio lo giudichi con la sua giustizia divina e si accorgerà della sua integrità. Se la sua mano si è macchiata di sozzura o ha seminato ingiustamente per far mangiare altri illegittimamente, siano eliminati anche i germogli di quella semina. Se il cuore di Giobbe, forse, è stato attratto da una donna o ha spiato il suo prossimo dalla porta, o sua moglie abbia prodotto un beneficio per altri alla sua insaputa, ciò sia considerato scandolo. 12 quello è un fuoco che divora fino alla distruzione e avrebbe consumato tutto il mio raccolto. Ciò, sarebbe stato come un fuoco che avrebbe distrutto tutto il suo raccolto, cioè, la sua ricchezza, perché avrebbe prodotto una sventura per la sua casa. 13 Se ho negato i diritti del mio schiavo e della schiava in lite con me, quando lo schiavo o la schiava, faranno richiesta di giudizio divino, che cosa risponderà Giobbe in sua discolpa se ritengono che e egli abbia agito male verso di loro?  Il giudizio non è forse uguale per tutti, essendo che, Dio come ha creato Giobbe ha creato anche gli altri? Quindi, non esiste favoreggiamento per nessuno, poiché, siamo tutti uguali di fronte a Dio e tutti siamo nati da donna. In riguardo alle buone azioni, egli dice che mai ha rifiutato di quello che il povero ha chiesto o ha lasciato piangere le vedove insoddisfatte per il loro bisogno e mai ha mangiato lasciando l’orfano digiuno. E se ha visto un povero privo di vestimenti, per il fatto di averlo vestito, quello, lo ha sempre ringraziato. E se, cosa mai successa, abbia alzato la mano contro un innocente, siano la spalla che il suo gomito staccati per quella ingiustizia. 23 perché mi incute timore la mano di Dio e davanti alla sua maestà non posso resistere. Essendo che, Giobbe ha timore di Dio e davanti alla sua santità nessuno può resistere, egli lo afferma con forza e convinzione. 24 Se ho riposto la mia speranza nell’oro. Se Giobbe ha riposto la speranza e la fiducia nella ricchezza o nella forza delle sue mani e ha appoggiato fiducia nella natura o sui progetti della terra, quello sarebbe stato un delitto da tribunale, perché avrebbe rinnegato Dio che sta in alto. Ottimo riconoscimento a Dio, anche se Giobbe si trova in condizione disperata, egli offre il tutto suo poco avere e il suo cuore a Dio, poiché, solo in Lui si trova la speranza del futuro che sarà realtà eterna. Giobbe, poi, conferma che non ha mai avuto piacere della disgrazia del suo nemico o ha esaltato perché lo colpisse la sventura o cosa ancora più grave e peccaminosa, augurandogli la morte. Tutti hanno parlato di bene sulla persona di Giobbe, per la sua generosità di aver dato da mangiare a tutti i partecipanti della sua tenda e lo straniero ha avuto sempre ospitalità nella sua tenda ed è stato sempre trasparente con tutti senza mai nascondere imbrogli o cose vane. 34 come se temessi molto la folla, e il disprezzo delle tribù mi spaventasse, sì da starmene zitto senza uscire di casa. Avvolte, si rinchiudeva in casa, come se temesse la folla o il suo disprezzo, da farlo stare zitto. Giobbe continua con l’espressione di pentimento considerando il lamento della terra, che lo rimprovera come se avesse mangiato il suo frutto senza averla lavorata o innaffiata o fatto soffrire di fame i suoi coltivatori avendogli dato in luogo di frumento spine o erbaccia in luogo di orzo. 35 Ecco questa è la sua persona e il suo carattere, che l’Onnipotente lo giudichi. In riguardo alla critica del suo avversario, non essendo stata accolta, Giobbe, vorrebbe portarla sulle spalle come erroneo giudizio datogli dal suo amico, contro la sua persona. 37 Il numero dei miei passi gli manifesterei e mi presenterei a lui come sovrano. Il numero dei suoi passi, si riferiscono all’esperienza della sua vita, compreso la sua onestà e saggezza, tale che, con la sua personalità potrebbe, rappresentare un sovrano di fronte al suo amico Zolfar. Giobbe, con sforzo, ha raccontato quello che ha rappresentato la sua persona tra gli abitanti della sua contrata e tra i forestieri che lo conoscevano per la sua generosità e soprattutto per la sua umanità, ma dentro il suo cuore il pensiero stava rivolto a Dio mentre silenziosamente gli chiedeva misericordia per sollevarlo da quella penosa situazione.     

Cap. 32

Intervento di Eliu

32 quei tre uomini cessarono di rispondere a Giobbe, perché egli si riteneva giusto. Il discorso che ha fatto Giobbe, dopo avere ascoltato i tre amici, Elifazar, Bilbad e Zofar, fu quello di accettare la sua condizione esistenziale, rimettendosi alla volontà di Dio. Tuttavia, per le parole di sfiducia e di riluttanza contro la vita, che pronunziò durante il suo discorso, fece esplodere il rimprovero dell’amico Eliu, perché Giobbe pretendeva di avere ragione di fronte a Dio e nei confronti dei suoi tre amici, perché non avevano trovato di che rispondere, sebbene avessero dichiarato Giobbe colpevole. Eliu non aveva parlato prima, poiché, essendo il più giovane degli amici aveva preferito di dare loro la precedenza. Ora irrompe nel discorso con le sue accuse e le sue precisazioni. Così, Eliu, figlio di Barachele il Buzita, iniziò con un esordio, proclamando il suo intervento di quello di un giovane alla stregua che il suo parlare, riferibile ad una elencazione di fatti e ragioni, viene poi sottoposto al giudizio dei canuti, cioè, degli anziani. Tuttavia, essendo la sapienza come un soffio nella vita, l’ispirazione dell’Onnipotente la fa intelligente anche nei giovani. La proposizione di Eliu è da essere considerata valida per almeno due ragioni: primo, che essendo la vita breve la sapienza si manifesterà nell’uomo anche in giovane età, poiché, non è necessario l’acquisizione degli anni per assumere la sapienza, essa può essere infusa da Dio anche ai giovani. Secondo, la sapienza è un dono di Dio e per questo non bisogna biasimare chi è stato beneficiato, opponendo la regola dell’età matura, come idoneità per averla. Così, comincia a dire che nessuno dei tre amici aveva saputo convincere Giobbe, né tra di loro ha saputo risponde ai suoi detti, cioè, tutto quello che egli ha esposto ed è scaturito dalla sua condizione disperata. 13 Non dite: Noi abbiamo trovato la sapienza, ma lo confuti Dio, non l'uomo! La prima correzione che Eliu fa è quella di evidenziare la poca saggezza dei suoi amici, per il fatto che avevano detto che la sapienza viene acquistata o trovata, mentre è chiaro che essa è disposta da Dio.  13 Siccome Giobbe, nel parlare, non si è diretto a Eliu, egli non gli risponderà direttamente sui suoi discorsi con le stesse conclusioni che hanno dedotto gli amici anziani, perché, essi sono stati superati dalla risposta di Giobbe. Ora anch’egli vuole dire la sua, dopo che nessuno ha più cosa dire. 21 il suo discorso sarà diretto senza nessuna inibizione o favorire alcuno. Con questa introduzione Eliu vuol far valere la sua opinione contro tutti e forse anche nei confronti di Giobbe, vuole certamente mostrare che la sapienza sta anche in lui essendo un dono Dio elargito per tutti e per tutte le età . 

Cap. 33    

Eliu continua: 1 Ascolta dunque, Giobbe, i miei discorsi, ad ogni mia parola porgi l'orecchio.

 4 Lo spirito di Dio mi ha creato e il soffio dell'Onnipotente mi dà vita. Egli apre il suo discorso dando a Dio onore e ringraziamento, ricordando che l’uomo e, quindi, egli stesso è creatura formata dal soffio di Dio e che gli dà la vita. Questa condizione farà in modo di non permettere agli amici di potersi padroneggiare su di lui, anzi, li pone in condizione di ascoltare con dovuto silenzio e religiosità il suo pensiero e forse il suo consiglio. 6 Per prima cosa afferma che come loro anch’egli si trova davanti a Dio e che come loro è stato tratto dal fango. La sua opinione non vuole essere contaminata dal pregiudizio degli amici ma vuole essere obbiettiva sul fatto che Giobbe abbia detto che era senza peccato e che era puro e senza colpa.10 Giobbe contro di lui, trova pretesti e lo stima come nemico e lo continua a ostacolare nei suoi passi, cioè, non gli permette di parlare perché giovane. Tuttavia, deve ammettere che se Giobbe ha ragione su di lui, Dio, è più grande dell’uomo. Quindi, Giobbe non ha motivo di lamentarsi di Dio, poiché, Egli parla in diversi modi ma molti non fanno attenzione sia quando parla nei sogni e si manifesta nelle visioni, sia quando si rivela nell’uomo in dormiveglia. Dio corregge l’uomo facendolo stare dolorante nel letto e non gli fa avere appetito tale che lo fa dimagrire a tal punto che gli fa apparire il suo scheletro fino a quando lo avvicina alla dimora dei morti. Se accanto a quest’uomo vi risiede un angelo che lo protegge, allora la su esistenza sarà rinnovata e, se pur anziano, si sente tornare all’età giovanile. Supplicherà Dio ed Egli gli risponderà gli trasformerà il suo volto in gioia e gli renderà giustizia. Egli confesserà agli uomini che aveva peccato ma Dio la pietà di Dio lo ha tirato fuori dalla fossa e lo ha disposto nella luce. Tutto questo fa Dio con l’uomo diverse volte per sottrarre l’anima sua dalla fossa. Così, si rivolge a Giobbe dicendogli di ascoltarlo affinché egli possa parlare per difenderlo e se lo ascolta gli insegnerà come lui intende la sapienza. Il giovane Eliu, si sfora di interpretare la sapienza di Dio e, per quello che ha acquisito, vuole insegnarla a Giobbe con attenzione e con timore riconoscendo il limite della sua giovane età. Egli non vuole essere considerato un maestro né un profeta, ma semplicemente parlare di quello che la divina provvidenza gli ha insegnato e fattogli capire della vita. Eliu, mostra che, pur essendo giovane, ha buon giudizio di considerare le evenienze, con umiltà e pazienza, poiché, solo in questo modo adotterà la sapienza di Dio e acquisterà forza per affrontare le insidie della vita.

 

 

 Cap. 34        

Eliu continuò a dire:

che i saggi, suoi amici, dovrebbero ascoltare le sue parole. Per prima cosa suggerisce di esplorare ciò che ognuno ritiene di essere cosa giusta. Su questo si considera la frase di Giobbe che disse “sono un giusto ma Dio gli ha tolto il suo diritto”. 6 contro il mio diritto passo per menzognero, inguaribile è la mia piaga benché senza colpa. Se Giobbe parla di diritto, deve egli conoscere la legge di Dio e siccome l’uomo la conosce solo in parte e quella, non riesce ad osservarla del tutto, non può mai dire di conoscere il proprio diritto. Così, dire di conoscere il proprio diritto si diventa menzognero. Rafforzerebbe, inoltre, il suo stato di menzognero se dicesse che la propria piaga, l’abbia ottenuta ingiustamente ritenendosi di essere senza colpa. 9 Poiché egli ha detto: Non giova all'uomo essere in buona grazia con Dio. Eliu, rettifica il detto di Giobbe che se pur egli abbia espresso un parere negativo verso Dio, in effetti, si sa che Giobbe è un servo di Dio perché lo ha dimostrato nel tempo e nei fatti e nel suo carattere, ma in questo frangete della sua vita, manca di quella forza di costanza del suo carattere di essere servitore, per cui, si pone nella posizione opposta non perché non crede ma perché il dolore lo estenua e non lo fa ragionare correttamente. 11 Poiché egli ripaga l'uomo secondo il suo operato fa trovare ad ognuno secondo la sua condotta. Ammirevole la mente cognitiva di Elui, che mostra altresì come il suo cuore sia inclino ad accettare ogni soluzione e giudizio di Dio, che è perfetto e giusto. Nella sua giovane esperienza conosce che il volere divino è oltremodo superiore al più saggio degli uomini. E se l’uomo possa lamentarsi o criticare il giudizio di Dio, quello è un uomo senza senno e non arriva a capire nemmeno la differenza tra lo scopo della vita e la sapienza di amare Dio, perché, Creatore di tutti. C’è qualcuno che gli ha affidato la terra per governarla? Egli solo è il padrone e il creatore e ne dispone come vuole e se ritirasse il suo spirito che dà la vita e il suo soffio, allora, ogni carne morirebbe. Continuando a fare paragone con le esperienze terrene, Eliu, replica con il discorso dicendo che come non è possibile governare per chi odia il diritto, cioè, non è concorde con la giustizia non è nemmeno capace di discutere sulle decisioni di Dio che nella sua sapienza può dire al re che è iniquo o ai principi che sono malvagi, senza che loro possano replicare alcuna cosa, poiché, è imparziale con i potenti e con i poveri. Egli tiene sotto controllo ogni abitante della terra e nessuno può nascondersi anche se cercano di nascondersi nelle tenebre. 23 l’uomo non ha un termine per essere giudicato sulla terra durante la sua esistenza, poiché, Dio li può fiaccare in qualsiasi momento senza fare inchieste.  29 Se egli tace, chi lo può condannare? Se vela la faccia, chi lo può vedere. Elui, a differenza degli amici, dichiara apertamente la potenza indiscussa di Dio e del suo comportamento al disopra di ogni influenza o sottomissione e, se dovesse tacere, nessuno lo potrebbe condannare e se si nasconde o gira lo sguardo altrove, chi può vederlo? Con questo modo, che sembra essere impossibile, Dio, domina e controlla le nazioni e la stessa vita dell’uomo, senza che l’uomo se ne accorga. Qualcuno potrebbe dire a Dio che si sopporta la pena senza aver fatto il male? Questo significherebbe che l’uomo giudicherebbe Dio. La creatura passerebbe ad essere un divino e questo è contro natura. 32 se ho peccato, mostramelo; se ho commesso l'iniquità, non lo farò più»? Continuando, dichiara che sarebbe un errore se si dicesse a Dio, se ho peccato dimmelo, in modo da poter discutere per ottenere ragione verso Dio e magare ovviare al suo giudizio e ricompensare ad una possibile pena. Egli chiede a Giobbe, di esporre la sua opinione sugli uomini saggi che dicono a Dio il perché loro non possano parlare con sapienza, così, allo stesso modo, chiede il perché lui non possa dire a Giobbe che non parla con sapienza. 36 Esaminiamo, allora, le sue parole e vediamo che ad esse aggiunge la sua ribellione e battendo le mani aggrava termini contro Dio. Elui, insiste nel far valere la sua opinione di essere in grado di esporre il suo giudizio come hanno fatto i suoi amici. Così egli incominciò dal glorificare Dio e poi considerò la sua opinione come ragionevole.  

 

Cap. 35  

35 Elui continua a dire:

se sia stata cosa giusta quando Giobbe ha detto davanti a Dio, che utilità avrebbe il non peccare? Elui, mostrando la natura, incita ad osservare il cielo e osservare, come anche le nuvole sono più alte di lui. 6 Se pecchi, che gli fai? Se moltiplichi i tuoi delitti, che danno gli arrechi? In riferimento al peccare, se Giobbe peccasse che detrimento porterebbe al Signore? Nulla. Se Giobbe fosse un giusto, cosa riceverebbe nelle sue mani? Tuttavia, si grida per la gravità dell’oppressione e si chiede aiuto per essere protetto sotto il braccio dei potenti 10 ma non si dice. Dov'è quel Dio che mi ha creato, che concede nella notte canti di gioia. A questo punto sembra che il giovane mostri una grande sensibilità per riconoscere Dio e la sua grande misericordia. Fa appello a riconoscere come Dio da gioia nella vita e ci sorveglia anche nella notte. Nel crearci ci ha formati con una intelligenza unica sensibile ai valori divini, tale che, domina su ogni essere della terra. Anche se non replica ai superbi e ai malvagi è falso dire Dio non risponde o guarda altrove. 14 in special modo quando non lo si vede, mentre si implora la sua presenza. Allo stesso modo quando la sua ira non punisce non curandosi dell’iniquità. 16 Giobbe, dunque, apre invano la sua bocca e senza cognizione moltiplica le chiacchiere. Elui, riprende duramente Giobbe e quasi lo offende, nel dirgli che egli sa solo aprire la bocca e chiacchierare.  Infatti, egli ha detto che la mano Dio è stata pesante sopra i suoi gemiti. Questo, però, non indica che abbia vaneggiato nel parlare senza alcuna cognizione sulla esistenza di Dio, poiché, Giobbe ha creduto nella sua presenza ma si è lamentato per il fatto che non lo abbia assistito nel momento di bisogno. Anche se il suo parare non abbia espresso correttamente cognizione di Dio, egli resta sempre un fedele servitore di Dio. Giobbe, esprime il sentimento reale dell’uomo con i suoi dolori, i suoi risentimenti e le sue gioie. Quello che Elui mette in risalto, anche se possa apparire corretto e salutare sprono di incoraggiamento verso Giobbe, in effetti, non fa che rilevare la realtà dell’amore di Giobbe verso Dio. Il giovane amico esprime con ragione e grande motivazione di essere un saggio conoscitore della realtà di Dio, ma eccede nel riprendere Giobbe, che, come un vecchio servitore, si trova in una singolare situazione di sfavore che deve essere compreso e non ripreso. Giobbe 34:35 Giobbe non parla con sapienza e le sue parole sono prive di senno. Egli non avrebbe dovuto dire queste parole eccessivamente giudiziali, essendo che, Giobbe non poteva non lamentarsi di fronte alla grave disgrazia che lo ha colpito. Così, il comportamento di Elui mostra una certa dimostrazione dell’esperienza giovanile che con energia fantasiosa cerca di abbracciare cose che stanno al di là della comune conoscenza. Tuttavia, si deve lodare il suo intervento persuasivo e coraggioso che spinge Giobbe a rafforzare la sua speranza nell’attesa dell’aiuto di Dio.

 

 

Cap. 36

Eliu continuò a dire:

Eliu, dice che in riguardo a Dio vi è altro da dire, perché, egli prenderà le sue difese, anche se tra gli amici vi sia qualcuno di grande scienza che potrebbe contrastarlo. 5 Ecco, Dio è grande e non si ritratta. Apertamente dichiara che Dio è grande e nessuno può contraddirlo perché Egli è tre volte santo ed è anche giusto, essendo la luce degli uomini. 6 Non lascia vivere l'iniquo e rende giustizia ai miseri. Sebbene non si faccia vedere, Egli, è presente e pronto a difendere i deboli. Se altri sono avvinti e stretti da lacci e di afflizioni cercando di risolvere i casi della vita, Dio, fa conoscere le loro opere che sono pieni di falli e loro stessi sono superbi. Dopo, li consiglia di seguire le sue correzioni, perché si allontanano dalla iniquità. 11 Se ascoltano e si sottomettono, chiuderanno i loro giorni nel benessere e i loro anni nelle delizie. Se non ascoltano, essi periranno senza sapere come. I perversi di cuore quando invocheranno aiuto Dio li lega in catene e la loro gioventù si spegne insieme alla loro anima. 15 Ma egli libera il povero con l'afflizione, gli apre l'udito con la sventura. Il povero sottoposto all’afflizione acquista un alto grado di sensibilità di come affrontare i problemi della vita ed è capace di aggirare sapientemente l’effetto della sventura, perché Dio è con lui. Così anche a Giobbe Dio intende sottrarlo dall’angustia e gli darà la prospettiva di una grande veduta del futuro e la sua tavola sarà riccamente bandita di beni.  17 Ma se colmi la misura con giudizi da empio, giudizio e condanna ti seguiranno. Ma se i suoi progetti saranno condizionati pienamente dall’influenza dell’empio, allora, la vita gli sarà sfavorevole e ogni decisione si tramuterà in condanna, senza poter mai raggiungere lo scopo del benessere. 18 La collera non ti trasporti alla bestemmia, l'abbondanza dell'espiazione non ti faccia fuorviare. Che la collera della disgrazia e del male improvviso non lo porti alla bestemmia e il peso della espiazione della colpa o del sopportare la disgrazia non lo porti a forviare l’insegnamento di Dio. 19 Può forse farti uscire dall'angustia il tuo grido, con tutti i tentativi di forza? Lo sfogo per la profonda angoscia può farlo rilassare o può cancellare il suo dolore, se dovesse mettere in atto una forza interiore, come surrogato per alleviare il momento tragico?  20 Non sospirare quella notte, in cui i popoli vanno al loro luogo. Che Giobbe non invidi quelle persone che alla fine del loro giorno torneranno alla loro dimora soddisfatti del loro compito per assicurassi la sopravvivenza. Così, deve stare attento di non volgersi alla iniquità, essendo che, ha assaporato con dolore la miseria.  

Inno alla sapienza onnipotente

Eliu, inneggia Dio in tutte le sue azioni, Egli, dice è sublime nella sua potenza, poiché, pur potendo distruggere ama, e nessuno è così potente da essere temuto come Lui. Chi mai gli ha potuto dire hai agito male. 24 Ricordati che devi esaltare la sua opera, che altri uomini hanno cantato. Gli ricorda che deve glorificare l’opera di Dio come fanno gli altri uomini che temono il suo nome. La sua opera è in perpetuo ed è perfetta. Ogni uomo l’ammira da lontano e la benedice da vicino. Egli è onnisciente, ognuno ascolta il suo insegnamento e lo insegna agli altri, perché solo Lui è grande e i cieli e la terra sono opera delle sue mani e il numero dei suoi anni sono eterni. Egli ha formato le nuvole e la pioggia che da acqua per irrigare e dissetare l’uomo. Ha nel suo potere il funzionamento delle acque sulla terra e la nube seguono la direzione stabilita da Dio e nessuna goccia sarà perduta, poiché, tutto cade in terra e la terra appartiene al Creatore. Egli fa sentire la sua potenza scagliando folgori da un luogo all’altro, contiene l’espandersi delle nuvole e li pacifica con l’arcobaleno.   

Cap. 37  

Il fragore della voce di Dio

Eliu, si sente battere il cuore quando parla della potenza di Dio che tuona come un fragore e il suo lampo si diffonde in tutto il cielo, mentre la sua luce giunge fino agli estremi della terra. Dietro al suo lampo tuona il cielo come se mugghiasse il mare. Dio con la sua voce opera meraviglie che non comprendiamo, 6 Egli infatti dice alla neve: Cadi sulla terra e alle piogge dirotte: Siate violente. Così rinchiude l’uomo in casa mentre lo riconosce nella sua potenza. 10 Al soffio di Dio si forma il ghiaccio e la distesa dell'acqua si congela. I venti ghiacciati sono rappresentati come il soffio di Dio che può mutare ogni sorta di temperatura e modificare la stessa natura. 11 Carica di umidità le nuvole e le nubi ne diffondono le folgori. Tutto il sistema terrestre e le sue leggi sono sotto il suo comando. Egli solo ne dispone e ne modifica l’zione, che può essere salutare o distruttiva. 14 Porgi l'orecchio a questo, Giobbe, soffermati e considera le meraviglie di Dio. 15 Sai tu come Dio le diriga e come la sua nube produca il lampo? Fino a oggi l’uomo, sebbene, Dio, abbia permesso che l’uomo acquistasse una maggiore conoscenza, egli non conosce il come del formarsi di molte cose elementari che Dio ha disposto nella terra. 18 Hai tu forse disteso con lui il firmamento, solido come specchio di metallo fuso? Egli fa una domanda provocativa a Giobbe, dicendogli se lui abbia collaborato con Dio a formare il firmamento e se è si che Giobbe insegni agli altri come parlare a Dio. Vi è forse qualcuno che possa Dire a Dio adesso parlo io o fammi parlare poiché debbo dire la mia a discolpa del mio operato? L’uomo non ha da rispondere a Dio di nessuna cosa. 24 Perciò gli uomini lo temono a lui la venerazione di tutti i saggi di mente. Per questo motivo, gli uomini lo temono poiché, di fronte alla sua sapienza nessun può arguire.

 

Cap. 38        

La sapienza creatrice confonde Giobbe

In un modo singolare, dalla discussione che è nata tra gli amici che ha coinvolto Giobbe in modo dolente e depressivo, alla fine del colloquio di Eliu, intervenne Dio che non era rimasto soddisfatto del parlare di Giobbe, per cui, lo riprende, dicendogli chi fosse quella persona, rivolgendosi a Giobbe, che con vani discorsi oscura il colloquio degli ospiti? Che si cinga i fianchi come un guerriero perché Dio gli rivolgerà delle domande. Comincia a dire dove Giobbe fosse, quando Dio ha posto le fondamenta della terra?  Ecco che da questa domanda si scorge che per formare la terra, Dio ha posto delle fondamenta. La terra si trova nella posizione di un risultato di calcolo che ha determinato la sua posizione e la sua grandezza, poiché, queste dimensioni fanno parte della costituzione del pianeta in mezzo allo spazio. Come sappiamo la terra è il primo pianeta dopo la creazione del cielo ed è il più vecchio di tutti i corpi dell’universo. A quello stato della creazione, attorno alla terra, vi erano solo le tenebre. Dio continua, dicendogli a Giobbe di rispondere in riguardo se ha tanta intelligenza di spiegare come fossero quelle fondamenta o chi ha progettato le sue dimensioni o dove sono fisate le sue basi. Come si comprende, la terra non è un pianeta, che sia derivato in modo causale da un processo esplosivo di un nucleo di energia sconosciuta vagante poi senza alcuna direzione nel misto dell’universo. E’ certamente contraddittorio la tesi scientifica che insiste sulla ipotesi che la terra sia nata come proveniente da una esplosione di un misterioso amalgamo di energia e che vaghi nel nulla. Come è ben sottointeso e anche rivelato, la terra è il risultato di un progetto specifico di divina conoscenza, di cui, l’uomo poco capisce se non crede e meno ancora se non considera Dio vivente in eterno creatore del cielo e della terra. Queste domande Dio le fa a Giobbe ma anche a tuta l’umanità che ciecamente ignora la sua potenza.  Se Dio parla di pietra angolare il significato è quello che il primo elemento potrebbe essere stato il nucleo della terra e poi Dio ha messo tutto il resto fino ad arrivare all’aria, più tutto quello che non sappiamo. 7 mentre gioivano in coro le stelle del mattino e plaudivano tutti i figli di Dio? Qui vi è qualche cosa che non comprendiamo. Se le stelle e tutti gli altri corpi sono stati creati dopo la terra, come sia possibile che mentre Dio creava la terra, le stelle del mattino, gioivano. Su questo, non si sa a quale mattino si riferisca, plaudivano, cioè gli angeli erano contenti dell’opera di Dio. Si suppone che al termine della creazione della terra, prima gli angeli e poi le stelle si sono gioiti dell’opera di Dio, già formata. Questo è quanto la mente umana possa intuire lasciando i fatti posizionati così come sono descritti. Si parla anche del mattino e questo, certo, non è il mattino della luce del sole, ma quello ancora prima, riferibile a quello che Dio disse, sia la luce e la luce fu. 8 Chi ha chiuso tra due porte il mare, quando erompeva uscendo dal seno materno, 9 quando lo circondavo di nubi per veste e per fasce di caligine folta? Una porta è la crosta terrestre e l’altra è il cielo che trattiene le nuvole. L’una contiene il mare e l’altra non permette che si perda una sola goccia d’acqua che tutta ritorna sulla terra per mezzo di nubi che sembrano fasce che accarezzano il mondo o caligine folta, come nebbia che in doccia la terra. 10 Poi gli ho fissato un limite e gli ho messo chiavistello e porte 11 e ho detto: Fin qui giungerai e non oltre e qui s'infrangerà l'orgoglio delle tue onde. Dio ha fissato un limite che il mare non invadesse la terra, ponendogli la costa frastagliata e la spiaggia arenosa tale da infrangere e ritirarsi al suo luogo. 12 Da quando vivi, hai mai comandato al mattino e assegnato il posto all'aurora. Dio fa una domanda impossibile da rispondere che è quella se Giobbe abbia mai ordinato al mattino di modificarsi, ritardando la sua luce o di avere comandato all’aurora di collocarsi.[30] 13 perché essa afferri i lembi della terra e ne scuota i malvagi? Affinché, essa potesse abbracciare ogni parte della terra e terrificare i malvagi? [31] 14 Si trasforma come creta da sigillo e si colora come un vestito.  Splende e si modifica come se fosse stata creata con autorità da Dio per trasmettere la cadenza del tempo mentre acquista diversi colori da sembrare magnificamente attraente come un vestito nuovo.  15 E' sottratta ai malvagi la loro luce ed è spezzato il braccio che si alza a colpire. L’aurora, già di mattino, sottrae ai malvagi la loro luce[32] e spezza il braccio di essi che si prepara a colpire il debole. 16 Sei mai giunto alle sorgenti del mare e nel fondo dell'abisso hai tu passeggiato? Le sorgenti richiamati, sembrano essere diversi e siccome dice giunto vale a dire o in pianura o in montagna. Allora, si potrebbe trattare delle sorgenti dei fiumi, essendo che poi, parla del fondo dell’abisso, se Giobbe, vi abbia passeggiato. 17 Ti sono state indicate le porte della morte e hai visto le porte dell'ombra funerea?  Dio incalza menzionando le cose trascendentali, la morte e la sua ombra. Esse non li considera nella capacità dell’uomo di trovarli ma menziona, se gli sono state indicate.[33] 18 Hai tu considerato le distese della terra? Se Giobbe abbia percorso in lungo tutta la terra da potere considerare la sua grandezza. 19 Per quale via si va dove abita la luce e dove hanno dimora le tenebre 20 perché tu le conduca al loro dominio o almeno tu sappia avviarle verso la loro casa? Essendo la luce Dio, Egli, gli chiede se Giobbe conosca per quale via si va per trovare il luogo dove abita la luce, cioè, Dio, e dove siano poste le tenebre, perché quest’ultime, egli li possa guidare verso la loro casa.[34] 21 Certo, tu lo sai, perché allora eri nato e il numero dei tuoi giorni è assai grande! Certamente, come uomo nato, Giobbe, conosce l’esperienza delle tenebre, essendo che sa che deve morire dopo i suoi lunghi giorni. Dio gli ricorda la sua fragile esistenza, per la quale Giobbe non ha nessuna pretesa di discutere le cose divine né lamentarsi della sua posizione esistenziale colpita dalla disgrazia. Nel silenzio di Giobbe, Dio continua: 22 Sei mai giunto ai serbatoi della neve, hai mai visto i serbatoi della grandine, 23 che io riserbo per il tempo della sciagura, per il giorno della guerra e della battaglia? Se mai, Giobbe, sia arrivato nei serbatoi della neve, cioè ai poli della terra, dove la neve si condensa in ghiaccio costituendo il serbatoio della terra o se mai abbia visto i serbatoi della grandine cioè nelle nuvole del cielo, ove avviene la trasformazione del vapore acqueo in grandine. 24 Per quali vie si espande la luce, si diffonde il vento d'oriente sulla terra? Dio ci dice che esistono delle vie per cui si espande la luce, cioè, la luce viaggia su certe condizioni[35] nello spazio ed illumina i corpi nell’universo. Dio allude ai canali, cioè ai fiumi, che Lui ha fatto per portare l’acqua alla terra arida. Poi, menziona eventi fisici come la pioggia e tutto ciò che comprende nei suoi fenomeni, dicendo a Giobbe, chi fosse il padre di essa, significando che tutto è sotto il suo controllo. Dio, ancora va oltre, chiedendo a Giobbe se egli sapesse i segreti della fisica, soggetta alla natura e quest’ultima a Dio o conoscesse i segreti del sistema stellare dei Pleiadi,[36] e sciogliere i vincoli della costellazione di Orione, cioè muovere la sua ci natura, riferita al trio di stelle che la compongono. 32 Fai tu spuntare a suo tempo la stella del mattino o puoi guidare l'Orsa insieme con i suoi figli? Dio chiede a Giobbe se fosse capace di guidare la stella del mattino, cioè Venere prima dell'alba o dopo il tramonto e poi guidare l’Orsa Minore con tutte le stelle che la compongono. Questa affermazione, conferma che Dio è progettista e creatore dell’universo e tutto è sotto il suo assoluto controllo, specie quando afferma 33 Conosci tu le leggi del cielo o ne applichi le norme sulla terra?  La differenza abissale tra le leggi del cielo, applicati sulla terra, da parte del divino non possano essere paragonati a quelli dell’uomo che sono soggetti alla limitata realtà della terra. Così tutto cielo che è nella terra è sotto controllo di Dio che ne conosce la natura e la vita. Tutti questi paragoni e ricordanze, della potenza di Dio fanno sì che in Giobbe, possa aumentare la fede e di avere speranza di aspettare il giudio Dio che sarà grande e giusto.

 

Cap. 39      

Dio conoscitore della vita degli animali.

L’esposizione della vita e dei bisogni degli animali, mostrano non solo la presenza di Dio sulla terra ma la sua piena competenza sul modo di sopravvivenza di ogni vivente, che fa immaginare che nel suo Regno esista la stessa natura e lo tesso sistema che vi è sulla terra. Egli parla di figliolanza, di gravidanza, di doglie, dell’asino selvaggio, di terra salmastra, del bufalo, dello struzzo.  27 O al tuo comando l'aquila s'innalza

e pone il suo nido sulle alture? L’aquila è menzionata come animale di capacità superiore, si innalza e vola in alto e con la sua vista acuta controlla grande spazio e pone il suo nido ove nessuno può raggiungere. Essa è rappresentata nei cherubini insieme alla faccia dell’uomo, del bue e del leone, che ha visto Ezechiele, nel momento dell’apparizione di Dio con tutta la sua potenza con gli angeli che gli facevano da scorta. Tutto questo ci da conferma che Dio è come uno di noi. Così, Egli, ha detto in Genesi 3:22 Il Signore Dio disse allora: Ecco l'uomo è diventato come uno di noi, per la conoscenza del bene e del male. Questo evento è il primo passo per l’uomo che apre la via della salvezza e della riunione con Dio, nel suo Regno. Questo è anche il primo segno d’amore per avere, Dio, accomunato la creatura alla sua fattezza e alla grazia di stare l’uomo vicino al Creatore per l’eternità.

 

    

Cap 40

Il Signore riprese e disse a Giobbe:

Giobbe, si sentì meschino da mettersi la mano in bocca, non avendo la coscienza di rispondere.

Secondo discorso 

Dio dal mezzo del turbine cominciò a parlare: 8 Oseresti proprio cancellare il mio giudizio e farmi torto per avere tu ragione? E’ molto strano che Dio possa discutere e porsi al giudizio dell’uomo. Questo fatto, oltre che a rimandarci ai tempi di Adamo e Eva, nel quale momento, Dio, parlava con loro passeggiando nel Giardino, pone la certezza che esiste un grande rapporto familiare che Dio ha con l’uomo e nel caso di Giobbe, sebbene abbia permesso che la disgrazia lo colpisse, Dio, va in contro a confortarlo, rassicurandolo che solo Lui è l’Onnipotente e che Giobbe deve avere profonda fiducia che, Egli, interverrà per risolvere i suoi problemi. 9 Hai tu un braccio come quello di Dio. Singolare come, Dio, incita Giobbe ad esercitare la forza di intraprendenza nell’affrontare i pericoli e nel momento della collera di diffondere il suo cruccio contro i superbi, di abbatterli e di nasconderli nella polvere. A quel punto lo loderà, poiché, ha usato la sua destra come suggerito da Dio.          

Le bestie

Dio ricorda a Giobbe, come ha creato le bestie sulla terra e la forza che ha immesso in loro, come l’ippopotamo che pur mangiando l’erba come il bue, è possente e forte. 19 Esso è la prima delle opere di Dio, il suo creatore lo ha fornito di difesa. Dio ammira la sua possanza e il modo come si riposa sotto gli alberi di loto e vicino alle paludi e anche se il fiume si gonfia egli resta calmo.

 

Leviathan

25 Puoi tu pescare il Leviathan[37] con l'amo? Se ci meravigliamo come gli animali creati da Dio, possono essere cacciati e mangiati dall’uomo, si scopre che anche Dio ha cacciato un serpente marino per darlo da mangiare agli Israeliti. Per il fatto che esso è considerato nemico degli Israeliti, si può ipotizzare che vi siano pesci nemici e pesci amici, così come gli animali si possono distinguere, i buoni dai diabolici. Quale sia il motivo della separazione non si sa. Se ciò avviene anche negli uomini che vi sono quelli che amano Dio e quelli che lo contrastano, allora, si rimane incapace di risolvere il significato di tutto il ministero di Dio.

Cap.41

41 Ecco, la tua speranza è fallita,

(alla vista di Leviathan) di turbarlo, poiché, chi lo disturba non rimarrà vivo, infatti, nessuno si è salvato dopo averlo infastidito. 11 Dalla sua bocca partono vampate, sprizzano scintille di fuoco. 26 Lo teme ogni essere più altero, egli è il re su tutte le fiere più superbe. Considera il ferro come paglia e bronzo come legno marcio. Tuttavia, Dio, uccidendolo ha provveduto da dare da mangiare con le sue carni agli Israeliti quando erano nel deserto e marciavano verso la terra promessa. Sebbene, gli Israeliti lo abbiano mangiato, in un momento di emergenza, esso rappresenta il nemico del popolo di Dio. Esso viene richiamato in Isaia 27:1e nei Salmi 74:14 e 104:26, come un animale terribile.  

Cap. 42

Ultima risposta di Giobbe

Alla fine del parlare di Dio, Giobbe riconosce di essere un umile uomo imperfetto e debole. Ora, comprende che a Dio nulla è impossibile e che l’uomo non ha nessuna giustificazione di controbattere il suo dire. Nemmeno l’uomo di scienza è in grado di dire alcuna cosa, ma piuttosto, ringraziarlo per la scienza che Dio gli ha voluto inculcare nella sua mente. La scienza allarga la mente all’uomo ma egli ha dei doveri di comportamento e di riconoscenza e che nulla l’uomo ottiene per mezzo della sua capacità o del suo studio, essendo che, egli non è altro che lo strumento del divino nelle mani della natura e dell’esistenza che lo fa crescere sulla terra. Giobbe riconoscendo la sua ignoranza e fragilità di fronte a Dio, si propone di fargli delle domande per sapere di più della causa del suo amaro destino e se esso possa avere fine. 4 Ascoltami e io parlerò, io t'interrogherò e tu istruiscimi. Quanto mai è singolare questo dialogo, che ogni uomo desidera avere con Dio, per esporgli i mille perché della vita ma soprattutto conoscere il dopo morte e se l’uomo ha un futuro nell’eterno regno di Dio. Giobbe, nel dire che se prima conosceva Dio solo per sentito dire, ora lo vede nella sua gloria con i suoi occhi resi compatibili per vederlo oltre la cortina del cielo. 6 Perciò mi ricredo e ne provo pentimento sopra polvere e cenere. Giobbe all’istante si converte e si piega a Dio, confessando il suo errore e la sua ignoranza. E’ l’unica opportunità con la quale esperienza conosce Dio e la sua potenza, tale che, il dolore e la sua disgrazia non hanno più effetto nel suo corpo e soprattutto nella sua vita.  Giobbe viene coperto da una armatura invisibile, come se fosse una protezione divina, che lo trasforma e lo rende invincibile di fronte alla disgrazia e alle avversità.

V. Epilogo Dio, biasima i tre saggi

7 Dopo che il Signore aveva rivolto queste parole a Giobbe, disse a Elifaz il Temanita: La mia ira si è accesa contro di te e contro i tuoi due amici, perché non avete detto di me cose rette come il mio servo Giobbe (cfr. cap. 27).  Giobbe continuò a dire: finché nel suo cuore vi sarà un soffio di vita e l’odore di Dio nel suo respiro, non vi sarà mai nella sua parola menzogna. Così Dio, nell’esporre la sua ira contro gli amici di Giobbe, da prova di avere seguito tutti i loro discorsi nel silenzio. Ora che il discorso si è volto alla fine, Dio, rettifica il merito dei loro discorsi dando a Giobbe una assoluta ragione di quello che ha detto, poiché, ha mostrato più di loro tanta saggezza e sottomissione a Creatore. 8 Prendete dunque sette vitelli e sette montoni e andate dal mio servo Giobbe e offriteli in olocausto per voi; il mio servo Giobbe pregherà per voi, affinché io, per riguardo a lui, non punisca la vostra stoltezza, perché non avete detto di me cose rette come il mio servo Giobbe. Data la gravità dei giudizi dati dagli amici, Dio, mette in atto un suffragio immediato, per perdonarli. Chiede che siano portati per la loro stoltezza, sette montoni e che siano posti in olocausto per il loro peccato. Così, Giobbe servo di Dio, pregherà per loro. Ci accorgiamo che all’azione distruttiva di satana, Dio, pone riparo e comincia a dare onore al suo servo. 9 Elifaz il Temanita, Bildad il Suchita e Zofar il Naamatita andarono e fecero come loro aveva detto il Signore... una delle poche volte, in cui, il Signore si manifesta agli uomini non con tutta la sua Gloria in modo che l’uomo possa intendere che Dio sia presente. Resta valido che nessuno può vedere Dio e vivere, ma in questo caso è un mistero come gli amici e lo stesso Giobbe, avrebbero visto il Signore. E’ da riflettere, che loro abbiano visto il Signore, in altro modo a noi sconosciuto accessibile agli occhi degli uomini.  Sembra che è il momento, in cui, Dio, pone fine all’azione punitrice di satana.      

Dio reintegra la fortuna di Giobbe

10 Dio ristabilì Giobbe nello stato di prima, avendo egli pregato per i suoi amici; accrebbe anzi del doppio quanto Giobbe aveva posseduto. Dio da e Dio toglie, questo è quanto abbiamo imparato leggendo il capitolo di Giobbe. In esso viene raffigurata la realtà della vita dell’uomo che è sotto l’egida del divino e che nulla e nessuna cosa accade da se stessa. Come Dio controlla il mondo e ogni persona, resta sempre un mistero. Così Dio reintegrò Giobbe nello stato di prima. Il fatto che egli avesse pregato per i suoi amici, Dio, accrebbe del doppio i suoi averi. 11 Tutti i suoi fratelli, le sue sorelle e i suoi conoscenti di prima vennero a trovarlo e mangiarono pane in casa sua e lo commiserarono e lo consolarono di tutto il male che il Signore aveva mandato su di lui e gli regalarono ognuno una piastra e un anello d'oro. La benedizione di Dio ebbe grande effetto che si propagò presto su tutti i parenti di Giobbe, compreso i suoi fratelli e sorelle che alla notizia accorsero a trovarlo. Fecero festa tutti insieme a casa di Giobbe, e ognuno gli regalò una moneta come simbolo di ricchezza e un braccialetto come simbolo di legame parentale. 16 Dopo tutto questo, Giobbe visse ancora centoquarant'anni e vide figli e nipoti di quattro generazioni. 17 Poi Giobbe morì, vecchio e sazio di giorni. Tutto è possibile a Dio, e se l’uomo perde la speranza del proprio tempo, Dio pone l’eternità. Così se ciò è avvenuto con Giobbe può avvenire con uno di noi, essendo che a Dio tutto è possibile, poiché, l’impossibile appartiene a Lui.  A Dio sia la Gloria e l’onore in eterno.

Pace e fede nel Signore

 



[1] Uz: In riguardo alla terra non se ne conosce la sua ubicazione certa. Secondo i testi biblici, ed in particolare il racconto di Giobbe, personaggio nativo di Uz, si presume che il paese avesse una città fortificata con porte d'ingresso; in Lamentazioni, il profeta Geremia fa coincidere Uz con Edom, antico regno situato a sud di Israele e dell'attuale Giordania.

[2] Giobbe 1:7 Il Signore chiese a satana: Da dove vieni? Satana rispose al Signore: Da un giro sulla terra, che ho percorsa». 8 Il Signore disse a satana: Hai posto attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e retto, teme Dio ed è alieno dal male. 9 Satana rispose al Signore e disse: Forse che Giobbe teme Dio per nulla? 10 Non hai forse messo una siepe intorno a lui e alla sua casa e a tutto quanto è suo? Tu hai benedetto il lavoro delle sue mani e il suo bestiame abbonda di terra. 11 Ma stendi un poco la mano e tocca quanto ha e vedrai come ti benedirà in faccia!      

[3] Isaia 14:25 Io spezzerò l'Assiro nella mia terra e sui miei monti lo calpesterò. Allora sparirà da loro il suo giogo, il suo peso dalle loro spalle.

[4] Apocalisse 12:9 Il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli.

[5] Marco 13:11 E quando vi condurranno via per consegnarvi, non preoccupatevi di ciò che dovrete dire, ma dite ciò che in quell'ora vi sarà dato: poiché non siete voi a parlare, ma lo Spirito Santo.

[6] Giobbe 1 :12 Il Signore disse a satana: «Ecco, quanto possiede è in tuo potere, ma non stender la mano su di lui». Satana si allontanò dal Signore. 

[7] Giobbe 2:3 Il Signore disse a satana: «Hai posto attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e retto, teme Dio ed è alieno dal male. Egli è ancor saldo nella sua integrità; tu mi hai spinto contro di lui, senza ragione, per rovinarlo»

[8] Giobbe 2:9 Allora sua moglie disse: «Rimani ancor fermo nella tua integrità? Benedici Dio e muori!

[9]Giobbe 3:6 Quel giorno lo possieda il buio non si aggiunga ai giorni dell'anno, non entri nel conto dei mesi.   

[10]  Isaia 1:18 Su, venite e discutiamo» dice il Signore. Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve. Se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana

[11]  Giobbe 1:8 Il Signore disse a satana: «Hai posto attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e retto, teme Dio ed è alieno dal male».

[12] Giobbe 42:7 Dopo che il Signore aveva rivolto queste parole a Giobbe disse a Elifaz il Temanita: «La mia ira si è accesa contro di te e contro i tuoi due amici, perché non avete detto di me cose rette come il mio servo Giobbe.

[13] Tema: vicenda del re babilonese Nabonide, che risiedette nell'oasi di Tema fra il 550 e il 540 a.C. a causa di una grave malattia della pelle.

[14] Giobbe 7:11 Ma io non terrò chiusa la mia bocca, parlerò nell'angoscia del mio spirito, mi lamenterò nell'amarezza del mio cuore!

[15] Giobbe 7:12 Son io forse il mare oppure un mostro marino,

perché tu mi metta accanto una guardia? Quando io dico: «Il mio giaciglio mi darà sollievo, il mio letto allevierà la mia sofferenza»,

 

[16] Giobbe 8:22 I tuoi nemici saran coperti di vergogna e la tenda degli empi più non sarà.

[17] Giobbe 9:11 Ecco, mi passa vicino e non lo vedo, se ne va e di lui non m'accorgo.

[18] Matteo 26:29 Io vi dico che da ora non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio.

[19] fatto questo: si riferisce a quanto Dio ha permesso tutto quello che è successo a Giobbe.

[20] Isaia 45:7 Io formo la luce e creo le tenebre, faccio il bene e provoco la sciagura; io, il Signore, compio tutto questo.

[21] Giobbe 13:7 Volete forse in difesa di Dio dire il falso

e in suo favore parlare con inganno?

[22] Giobbe 13:8 Vorreste trattarlo con parzialità

e farvi difensori di Dio?

[23] Giobbe 14:17 in un sacchetto, chiuso, sarebbe il mio misfatto

e tu cancelleresti la mia colpa.

[24] Giobbe 15:4 Tu anzi distruggi la religione e abolisci la preghiera innanzi a Dio.

[25] Giobbe 15:5 Sì, la tua malizia suggerisce alla tua bocca e scegli il linguaggio degli astuti.

[26] Questo è il destino dell’empio, anche se, in apparenza, sembra fiorire in questa terra. Diverso è il ricco, che ha due vie da scegliere, quella delle opere buone e credere in Dio e quella della lascività che sarà rovina.

[27] I primo genito della morte: è riferito a satana, essendo la prima causa della morte per l’uomo. Primo genito, poiché, egli è l’unico e solo che l’ha prodotta.   

[28] Giobbe 20:24 Se sfuggirà l'arma di ferro, lo trafiggerà l'arco di bronzo:

(25) gli uscirà il dardo dalla schiena, una spada lucente dal fegato.

[29] Di può produrre lampi e saette venti turbinosi e smuovere le nuvole dai quattro canti della terra. Queste potenze si abbassano e si stupiscono di fronte al suo comando.

[30] Questa domanda impalca indirettamente che solo Dio è Onnipotente e creatore di tutte le cose.

[31] Ricordare ai malvagi che ogni cosa è sotto il controllo di Dio e nulla possa essere nascosto. 

[32] Quello che potrebbero offrire di bene, con le loro opere, che non fanno.

[33] Dio fa capire che difficilmente l’uomo possa conoscere l’al di là se non attraverso il divino. E nessun divino, fino ad oggi, lo abbia mai fatto.

[34] Ancora una volta Dio mostra l’esistenza del mondo invisibile e la realtà della sua natura, ove l’uomo non ha nessuna capacità di poterlo immaginare.

[35] Condizioni: Dio avendo separando la luce dalle tenebre, ha lasciato alla luce, obbedendo il volere di Dio, il potere di penetrare le tenebre e far nascere in mezzo ad esse un luogo di luce.

[36] Le Pleiadi, conosciute anche come le Sette Sorelle e Messier 45, sono un ammasso stellare aperto contenente stelle di tipo B calde di mezza età nel nord-ovest della costellazione del Toro.    

 

[37] Nell'Antico Testamento, il Leviatano appare in Salmi 74:14 come un serpente marino a più teste che viene ucciso da Dio e dato come cibo agli Ebrei nel deserto. In Isaia 27:1, il Leviatano è un serpente e un simbolo dei nemici di Israele, che saranno uccisi da Dio.