Introduzione
L’oppressione e la liberazione del
popolo di Israele dall’Egitto rappresentano la storia dell’umanità che prende
atto della collocazione dell’uomo avuta in questo pianeta e che dopo una lunga e
travagliata esistenza troverà la liberazione passando ad altro luogo per vivere
in eterno con Dio. E’ strano, che i fatti che si svolgono in questo mondo, rispecchiano
l’attuazione del volere divino se si assume che l’uomo ha dei limiti
riguardanti la capacità di leggere il futuro o di abolire la morte. Tutto ciò
che accade intorno all’uomo sulla persona o degli accadimenti, si crede che siano
collegati a uno specifico organigramma divino che avrà un risultato certo ed
unico nell’universo, quello di beneficiare l’uomo. E che volendo riflettere
sullo stato attuale della nostra esistenza, sembra che questa terra, con tutta
l’umanità, sia il riflesso materiale del mondo invisibile occupato dai morti. Da
questa ipotesi, che verte sulla vera esistenza di un altro mondo invisibile, abbiamo
conferma che la storia dell’esodo sia l’anticamera del percorso che faremo alla
fine della nostra dimora. Mentre da un lato sentiamo i lamenti del popolo di
Israele che soffre perché tenuto in schiavitù dal faraone, dall’altro sentiamo l’oppressione
del principe di questo mondo che ci tiene saldi e sottomessi fino a che arrivi
il liberatore Gesù a portarci via dalla schiavitù e dalla morte. Questo quadro rispecchia la sofferenza del
peso del peccato da un lato e dall’altro la decisione di Dio di liberare, per
mezzo del suo seme incarnato[1]
uomo, la sua creatura. Dopo questa piccola introduzione, cominciamo ad
intraprendere il viaggio dell’esodo, cercando con l’aiuto del Signore di
evidenziare alcuni tratti che suscitano attenzione sia perché sono di profondo significato
profetico sia di valore eccezionale di contenuto divino. Dai fatti avvenuti in
precedenza, abbiamo saputo che con Giuseppe, tutto il popolo di Dio, fu accolto
in Egitto per decisione del faraone, come premio del beneficio ricevuto
dall’interpretazione dei suoi sogni da parte di Dio che usò Giuseppe. Tuttavia,
dopo quattrocento anni, con l’avvento del nuovo faraone, Ramses II[2],
le cose cambiarono radicalmente. I motivi sono molteplici, ma quelli che sono
riportati nelle Scritture sono quelle che valuteremo con attenzione: Esodo1:8 Sorse
sopra l'Egitto un nuovo re, che non aveva conosciuto Giuseppe. Questo
faraone cominciò ad esaminare quello che aveva fatto il suo predecessore e
sebbene non considerò erronea la decisione di continuare ad accogliere gli
Israeliti per il ripagamento dei benefici ricevuti, si accorse che la
popolazione ebrea cominciava a moltiplicarsi, tale che il loro numero
eguagliava quello degli Egizi. Per questi motivi, cominciò a sospettare o che
in caso di guerra, quel popolo poteva unirsi ai nemici e spodestare il faraone o
liberarsi, lasciando l’Egitto portandosi tutti i beni. Esodo1:9 Egli disse
al suo popolo: «Ecco, il popolo dei figli d'Israele è più numeroso e più
potente di noi. Da questa possibilità, cominciò a perpetrare un piano strategicamente
difensivo ma che risultò essere oppressivo, sebbene fosse partito con
l’intensione di attivarsi in modo prudente e rispettoso. Esodo1:10 Usiamo
prudenza con esso, affinché non si moltiplichi e, in caso di guerra, non si
unisca ai nostri nemici per combattere contro di noi e poi andarsene dal paese.
Due eventi cominciano a farsi avanti, quello del faraone che cercava di
liberarsi degli Israeliti perché ingombranti e pericolosi per il regno d’Egitto
e l’altro il tempo maturo, per cui, Dio si mettesse in opera per attuare il
trasloco del suo popolo in Canaan. Da questo quadro, il tempo dei quattrocento
anni determinò il termine della schiavitù degli Israeliti o meglio, la volontà
di Dio di liberare il suo popolo. Diciamo che il tempo non avrebbe avuto
nessuna incidenza se Dio avesse deciso di far restare il suo popolo ancora in
Egitto ma vi era da considerare la promessa fatta ad Abramo che Dio mantenne.
Vi sarebbero state, sicuramente, altre situazioni e altre scelte che Dio
avrebbe fatto ma che il fine sarebbe stato sempre quello della salvezza del suo
popolo. La situazione del faraone col tempo, si complicava sempre di più,
essendo che, non sapeva come risolvere la questione per fermare la crescita della
popolazione ebrea. Non poteva decidere di mandarli via, poiché, erano diventati
già un popolo numeroso e aveva paura che potevano rivolgersi contro. Così pensò
di diminuire la loro crescita obbligando le levatrici a far morire i maschi ebrei
al momento della nascita. Questo suo comando, però, non fu ascoltato, poiché, le
levatrici temevano il Signore e si giustificarono dicendo che le madri ebree
erano vigorose e prima che la levatrice arrivasse, loro partorivano. Trovandosi, il faraone, di fronte ad una
ammissione del genere e non potendo porre altro motivo per risolvere il
problema, ne prese uno piuttosto criminale, quello di fare buttare i nati
maschi nel fiume Nilo. Non si sa per quanto tempo questo ordine sia stato
eseguito, poiché, veramente avrebbe causato la diminuzione del popolo di
Israele. Tuttavia, alcuni studiosi pensano che, nello stesso tempo in cui fu
diramato questo decreto, già, era nato Mosè, da un uomo e da una donna della
casa di Levi. Tenutolo per tre mesi e non potendolo tenere più nascosto,
pesarono di costruire un canestro di giunchi e, avendolo cosparso di pece, la
madre lo lasciò scivolare nel canneto, sulla riva del fiume. Il fatto che Mosè,
dentro il canestro, fu lasciato solo nel grembo della terra, ci porta a
collegarlo a Gesù, che nel momento della sua nascita, fu lasciato solo in una
grotta. Questa somiglianza, un po' fantasiosa, rispecchia per certi aspetti,
alcuni fatti della vita di Mosè con quella di Gesù. Deuteronomio 18:15 Per te il Signore, il
tuo Dio, farà sorgere in mezzo a te, fra i tuoi fratelli, un profeta come me; a
lui darete ascolto. Il cesto, con dentro Mosè, fu assistito dalla
sorella fino a quando la figlia del faraone con le ancelle si trovarono alla
riva del fiume. Così, una delle ancelle scorgendo il cesto con dentro il
bambino, lo mostrò alla figlia del faraone che lo adottò, pur riconoscendo che
era ebreo. La sorella di Mosè, che era
vicino, consigliò alla figlia del faraone di farlo allattare da una ebrea, la
quale acconsentì. La donna ebrea era proprio la madre di Mosè.
Mosè
La sua adolescenza
Dopo lo svezzamento, per mezzo della
madre di Mosè, il bambino fu portato alla figlia del faraone che ne prese
possesso come figlio adottivo. Non vi sono notizie in riguardo alla crescita o alla
maturità di Mosè, tuttavia, possiamo ipotizzare le condizioni di vita che il
giovanetto ebbe nella regia del faraone, come essere state ottime, ricevendo un
ammaestramento dai migliori maestri di scienza e di religione di tutto
l’Egitto. Per il motivo che fu adottato dalla figlia del faraone, Mosè, non
ebbe alcuno ostacolo per frequentare la sua famiglia, che sebbene non sia
scritto, egli conosceva la sua origine ebrea e la sua adozione alla casa del
faraone. Tuttavia, egli conosceva anche le condizioni, del suo popolo oppresso.
Un giorno della sua giovane età provò grande offesa quando vide un egiziano percuotere
un Israelita per motivi futili, mostrando sproporzionatamente la sua
superiorità. Egli reagì in modo violento contro l’egiziano che lo uccise e dopo
non sapendo cosa fare lo sotterrò nella sabbia. Da quel momento il suo affetto verso
gli egizi declinò ma senza manifestarlo. Proprio il giorno dopo, vide due ebrei,
mentre si recava verso il loro quartiere che si litigavano e avvicinatosi a uno
di loro gli disse, il perché l’uno percuotesse il suo compagno. Esodo 2:14
Quello rispose: Chi ti ha costituito principe e giudice sopra di noi? Vuoi
forse uccidermi come uccidesti l'Egiziano? Questa risposta apre due
significativi interpretazioni: una che l’ebreo, avrebbe dovuto essere contento
e non rinfacciare a Mosè il reato di avere ucciso e sepolto nella sabbia un
egiziano, l’altra accusatoria, Mosè era considerato una spia degli egizi, per
il fatto di essere stato adottato dalla figlia del faraone e che poteva
potenzialmente rapportare segreti degli ebrei agli egizi. Comunque sarebbero
stati i motivi, Mosè non godeva molta fiducia tra gli ebrei, anche se dimostrò
d’essere un giusto e un patriota con l’succione dell’egizio. Così, la posizione
personale di Mosè non era chiara né con gli egizi perché aveva ucciso uno di
loro né con gli ebrei che non lo consideravano un vero ebreo. Questa
discrepanza fece sì che il fatto criminoso si diffuse rapidamente e presto venne
all’orecchio del faraone. Da quel momento, la vita di Mosè sembrò essere
arrivata a un punto di svolta, per il fatto che, avendo ucciso per amore degli
ebrei un egiziano non poteva stare più con gli egizi e quindi, l’unica
soluzione era quella di sparire. Infatti, appena il faraone fu a conoscenza del
fatto, cercò di uccidere Mosè in tutti i modi. L’unica scelta fu quella di lasciare
subito il paese d’Egitto, essendo che il nascondersi tra gli ebrei non era né
conveniente ne pratico, per il fatto che tra di loro non godeva di molta
fiducia e non era nemmeno agevole rimanere tra di loro, poiché, facilmente
poteva essere scoperto. La scelta obbligata e ultima rimasta fu quella di
andare nella terra dei madianiti, lontano dagli egizi e dagli ebrei. Ciò,
avrebbe comportato l’attraversamento del deserto con i suoi rischi e pericoli. Si
presentarono, allora, subito due soluzioni quella di rimanere e affrontare la
morte e quella di andare attraverso il deserto con una morte probabile. Così,
Mosè scelse quest’ultima. Esodo 2:15 Quando il faraone udì il fatto,
cercò di uccidere Mosè, ma Mosè fuggì dalla presenza del faraone, e si fermò
nel paese di Madian e si mise seduto presso un pozzo. Non sarebbe stato
facile per Mosè attraversare il deserto se Dio non fosse stato con lui. Mosè,
in questa esperienza, fu sottoposto al fuoco e al freddo, la sua vita fu
sottoposta alla tempera come si fa col ferro. Sebbene, Mosè, avesse sentito
parlare di Dio tra gli ebrei, il desiderio di conoscerlo lo spinse ad
avventurarsi nell’ignoto, confidando nel Dio sconosciuto. Nel deserto, provò la
solitudine, la fame e la sete mentre si dibatteva contro le intemperie e la
visione della morte. In quel luogo selvaggio, si sentì solo come non mai,
trovatosi spesso tra la disperazione e la decisione di tornare indietro. Così,
Mosè, continuò imperterrito il suo viaggio, fino a raggiungere la terra della
salvezza, Median, come se fosse stato il preludio di quella terra promessa di
Canaan. Stremito e scoraggiato, arrivò
vicino a un pozzo di quella terra e dopo essersi ristorato, avvilito dal lungo
cammino, si riposò. Dopo un lasso di tempo, fu svegliato dalla presenza di alcune
donne, abitanti del luogo che si avvicinavano a prendere acqua dal pozzo di
Abraamo. Fu la prima volta, dopo tanto
tempo di pellegrinare nel deserto, che egli ascoltasse il parlare umano, ora,
di donne che erano venute ad abbeverare presso il piccolo gregge del loro padre,
sacerdote di Madian. Nello stesso momento vennero alcuni pastori che in modo
arrogante incominciarono ad abusare di quelle donne togliendo loro la
precedenza nell’attingere l’acqua. In questo quadro, Mosè si trovò ancora una
volta ad intervenire di fronte ad un abuso, per fare giustizia a salvare il
debole, come quando intervenne nella lite tra l’egizio e l’israelita. Così, Egli,
si presentò come uno straniero ma con comportamento di un eloquente uomo di
corte e valoroso guerriero, per cui, prese arditamente le difese delle sette
sorelle, che sconfisse i pastori. Al ritorno a casa le donne dissero al loro
padre che un egiziano li aveva liberati dai pastori. Questo, suscitò simpatia
nel cuore del sacerdote che comandò loro di farlo venire. Esodo 2:18 Quando
esse giunsero da Reuel, loro padre, questi disse: Come mai siete tornate così
presto oggi? (19) Esse risposero: Un egiziano ci ha liberate dalle mani dei
pastori, per di più ci ha attinto l'acqua e ha abbeverato il gregge. Da
questo punto in poi, Dio, apre la strada a Mosè come liberatore della futura
liberazione del popolo di Israele, cambiandogli anche la vita. Ci si domanda
come mai Dio, in questa occasione unica e determinante, ha usato l’uomo e non
abbia deciso di liberare il suo popolo solo col un suo personale intervento? A
questo, si deve ricordare, che, è l’uomo che deve avere l’esperienza della
salvezza che viene da Dio, per cui, egli deve conoscere il bene e il male, il
dolore e la gioia, soprattutto conoscere chi è Dio[3]. In altri termini, come i figli conosceranno,
nell’età matura, l’opera e il sacrificio dei loro genitori, così l’uomo
conoscerà Dio dopo aver avuto l’esperienza della vita terrena. Non si può
conoscere se non si apprezza e se non si ha esperienza del tutto ciò che ci
circonda.
Mosè
in Madian
Esodo: 2:21 Mosè accettò
di abitare da quell'uomo. Egli diede a Mosè sua figlia Sefora.
Mosè
nell’accettare l’invito generoso dal sacerdote di Madian ci ricorda Abraamo,
quando ricevette il pane e il vino dal sacerdote Melchisedek. In questo caso,
egli accetta l’ospitalità e un conforto familiare, di cui, ne diverrà membro.
Mosè, non trovò riparo dagli Israeliti che lo avevano allevato, ma presso un diverso
popolo che era considerato estraneo, pur conoscendo Dio, come lo conoscevano gli
Israeliti. Solo la sua famiglia, in
special modo, sua madre che con dolore assistete alla partenza clandestina di
suo figlio ebbe compassione e dolore del suo allontanamento. Nella terra di Madian,
sebbene accolto con tanto amore, non si sentì a suo aggio ma provava solitudine
e amarezza, poiché, indifeso, debole e senza forza né autorità. Questo suo
sentire fu bene interpretato dal sacerdote, che vedendo la qualità della sua
persona e i favori che, in seguito, scambiava con sua figlia Sefora, decise di
dargliela in sposa. Mosè accolse la
proposta e ne fu entusiasta per almeno due motivi: uno che sarebbe rimasto in
quella terra e non girovagare nel deserto come un uomo senza patria, l’altro,
apprezzò la donna come essersi legata a lui, totalmente, con tutto il cuore. La sua residenza in quella terra fu stabile,
egli, guidò, con successo, le incombenze della casa del sacerdote e quelle
della sua stessa famiglia che, in seguito si formò. Da allora, si sparse in tutta
la contrata del paese di Median la voce che Mosè, principe d’Egitto, viveva in
Madian. Dopo qualche tempo, a sua moglie le nacque un figlio che Mosè chiamò Ghersom dandogli il significato che egli abitava in
terra straniera. In questo periodo di coabitazione Mosè divenne un uomo più
vicino alle cose di Dio e desideroso di visitare il monte santo, grazie alla
frequentazione di suo suocero, sacerdote di Madian, ma soprattutto il Signore lo
modellava alle sue vie, lasciandolo vivere in pace. Più tardi, avvenne che il
re d’Egitto, quello che perseguitava Mosè morì, lasciando al successore faraone
il compito di tenere in schiavitù il popolo di Dio. Nel frattempo, il soffrire
e le condizioni disumane che subivano gli Israeliti, provocavano loro molto dolore,
tale che le grida arrivarono all’orecchio di Dio.
La misericordia di Dio verso Israele
Esodo 2:24 Dio udì i
loro gemiti. Dio si ricordò del suo patto con Abraamo, con Isacco e con
Giacobbe. 25 Dio vide i figli d'Israele e ne ebbe compassione.
Il fatto che Dio si ricordò del suo
popolo avendo udito, dopo quattrocento anni i loro gemiti, lascia aperta una
discussione che porta prima al colloquio che Abramo ebbe con Dio, in Genesi
cap.15 di cui, si fa riferimento alla promessa di Dio “Non temere, Abramo,
io sono il tuo scudo, e la tua ricompensa sarà grandissima”, nel momento,
in cui, Abramo aveva espresso dubbio su quanto Dio gli aveva promesso, che la
sua discendenza sarebbe stata come la rena del mare. Egli disse: ecco, uno
schiavo nato in casa mia sarà mio erede. Alla risposta delusoria, di
Abraamo, Dio, specificatamente gli rivelò i piani del suo ministero,
riguardanti il popolo di Israele nella terra degli Egizi dicendogli che: i
suoi discendenti sarebbero stati fatti schiavi per quattrocento anni, …………. ma se
ne sarebbero partiti con grandi ricchezze. I quattrocento anni di schiavitù,
non sappiamo a quale motivo riferirle che al piano di Dio, come parte oggettiva
del suo ministero. Tuttavia, vi è ragione di credere, secondo le Scritture, che
a causa dello stanziamento degli Amorrei, nelle steppe della terra di Canaan,
Dio, secondo il suo piano divino, fece sì che il suo popolo stesse per
quattrocento anni lontano da quelle terre e che fosse segregato in Egitto, Esodo
15:16 Alla quarta generazione torneranno qui, perché l'iniquità degli
Amorrei non ha ancora raggiunto il colmo. Da questa disposizione,
comprendiamo che la generazione, per quel periodo, fu considerata di cento anni,
essendo che, Dio, fece passare quattro generazioni affinché decidesse di far andare
il suo popolo nella terra di Canaan. Dio, allo scadere del tempo da Lui
stabilito, organizza, scegliendo Mosè, la liberazione del suo popolo dalla
terra d’Egitto. Non è, quindi, un caso che Dio si ricordò del suo popolo,
sebbene tutto lascia intendere questo perché scritturale, ma anche dobbiamo
dire che Dio non sonnecchia e non dorme, anzi è sempre allerta a ogni avvenimento
che accade sula terra. Così, Egli pose l’orecchio e ha ascoltato il grido del
suo popolo ma solo poiché ha fatto scattare il tempo da Lui stabilito. Quindi è
tutto lo svolgersi del mistero divino non comprensibile all’uomo ma con il
risultato certo e benefico per la sua salvezza. La schiavitù rese il popolo più
responsabile e più vicino a Dio, almeno, per quel momento fino a quando non si
presentò la prossima difficoltà, essendo per nascita un popolo di colo duro. Da
questi fatti, ci poniamo una domanda intorno ai tempi, se essi sono sotto il
controllo di Dio oppure no. Prima di tutto, diciamo che Dio è eterno e non è
sottoposto a nessuna misura di tempo, altrimenti non sarebbe eterno. Il tempo è
nato dalla creazione dei lunari, cioè il sole, la luna e le stelle. Quindi, esso è una grandezza scaturita dal
funzionamento degli astri che Dio stesso pose nel nulla e che nella evoluzione
del suo lavoro, parla di giorno e di sera, essendo che, Dio, si pose nella dimensione
finita e parla anche, di riposo alla fine del sesto giorno che lo chiamò,
sabato. Il tempo può essere benissimo fermato da Dio, modificato, alterato e
distrutto venendo ad essere coinvolto solo l’uomo e tutto il creato. Quindi i
tempi sono per l’uomo ma non per Dio. Daniele
12 ………tutte queste cose si sarebbero compiute fra un tempo, tempi e la metà
di un tempo, rimanendo Dio il solo e l’unico a costruire la misteriosa sua
opera.
La
chiamata di Mosè
Esodo 3:3 Mosè pascolava il gregge di Ietro suo suocero,
sacerdote di Madian, e, guidando il gregge oltre il deserto, giunse alla
montagna di Dio, a Oreb.
Mosè nella terra di Madian, dopo aver sposato
Sefora, figlia del sacerdote Ietro, assunse il compito di fare il pastore e l’amministratore
della casa di Ietro, suo suocero, tralasciando ogni pretesa regale. Dopo un
certo periodo, di permanenza in terra straniera, avvenne che mentre pascolava
il gregge, si trovò ai piedi della montagna di Dio a Horeb. Fu in quel momento
che poco lontano vide a distanza una fiamma di fuoco sopra un albero di pruno che
sembrava che lo bruciasse ma che l’albero in non si consumava. Mosè,
inconsapevolmente, si trovò di fronte a un avvenimento mai visto prima, tale
che, incuriosito volle avvicinarsi per constatare cosa fosse. Così, lasciò il
gregge e andò ad accertarsi del perché quel pruno non si consumasse. Fu in quel
momento che sentì una voce che lo chiamò per nome: Esodo 3:4 ………...Allora
Dio lo chiamò di mezzo al pruno e disse: Mosè! Mosè! Ed egli rispose: Eccomi.
Il parlare di Dio, ci rivela parte della identità di Dio, essendo che, Egli ha
bocca e parla, ha occhi e vede, ha mani e costruisce. Questa è la prova
inconfutabile che l’uomo è l’immagine di Dio sulla terra, poiché, la sua
struttura e il suo pensiero è proiezione materiale di Dio sugli uomini. Ne
deriva che l’apparizione del fuoco e della presenza misteriosa del divino,
mostra che la dimensione di Dio è dominante su quella dell’uomo, che muove e
può modificare le leggi della natura. L’incontro di Mosè con l’Angelo del
Signore, dimostra che il divino si manifesta sulla terra, senza vincoli alcuni,
si fa sentire o mostra la sua gloria all’uomo, come se la sua dimora fosse in
questa terra. Da questo si ipotizza anche che l’opera umana può essere
influenzata facilmente e in qualsiasi momento da Dio. Così, Mosè sentì dentro
il suo cuore quasi un chiamo soprannaturale che lo spinse ad avvicinarsi al
pruno e a vedere il mistero del fuoco che non bruciava. Il mistero si rivelò,
quando, dopo essersi avvicinato e guardava stupito l’eccezionalità del prodigio,
si sentì chiamare per nome. Egli sentì una voce umana diversa forse e rimbombante,
che gli provocò un tremore su tutto il corpo, facendolo rimanere fermo
irrigidito come una statua. Fu, quando l’angelo gli disse di togliersi i suoi
sandali, poiché, i suoi piedi poggiavano sul luogo santo, che si tolse i
calzari e si piegò a terra per tutta la sua lunghezza, avendo paura di guardare
Dio. Così, Dio parlò dopo quattrocento anni e lo fece davanti a Mosè, proposto
dal Signore per liberare il suo popolo. Come abbiamo letto nel vecchio
Testamento e anche nel Nuovo, spesso Dio nell’intervenire verso i suoi servi,
ha spesso cambiato il loro nome, mentre in questo caso, ci si chiede il perché,
Dio, non lo abbia fatto con Mosè. Tuttavia, se ricordiamo in Esodo 2:20 la
figlia del faraone……. ella lo chiamò Mosè, dicendo: Io l'ho salvato
dalle acque! Fu allora che Dio guidò il pensiero della donna che il
salvatore del popolo d’Israele avrebbe portato tale nome, così, come lui fu salvato,
egli salvò. Ma se Dio non gli cambiò il nome a Mosè, per certo gli cambiò la
vita facendolo profeta e non solo, ma archetipo di Gesù che nella sua venuta,
avrebbe liberato tutta l’umanità da questo mondo. Mosè nascose il suo volto, ma
non potendo nascondere il suo cuore fu pronto ad ascoltare il messaggio di Dio
anche se per lui fu troppo grande, tanto che ebbe a rispondere a Dio, chi fosse
lui da essere scelto per quella missione: Esodo 3:11 Mosè disse a Dio: Chi
sono io per andare dal faraone e far uscire dall'Egitto i figli d'Israele?
Ne uscì un colloquio composito tra l’Angelo di Dio e Mosè, ove Mosè riuscì a carpire
il nome di Dio ma non comprensibile per l’uomo. IO SONO, gli disse il
Signore. Dirai Io sono mi ha mandato da voi ………tale è il mio nome in eterno,
così sarò invocato di generazione in generazioni. Uno dei poteri di Dio è
quello di conoscere la mente umana, Egli, modifica e forma il futuro e non può
essere compreso dall’uomo, infatti, se all’uomo sembra che Dio faccia o segua
una azione ripetitiva o presagisce un avvenimento, tuttavia non è così[4].
Dal leggere le Sacre Scritture, si può trarre la conclusione dicendo che Dio
conosce e modifica il futuro, come l’architetto conosce tutto il suo progetto,
ma che può cambiarlo in qualsiasi modo nel percorso del tempo e quindi dipende
tutto dalla sua volontà. Tornando ai fatti, Mosè pur avendo ascoltato il
comando del Signore non si sentì di ritornare in Egitto. Se prima aveva paura
di ritornare temendo che il faraone lo facesse arrestare per l’omicidio
dell’egizio ma anche per il rifiuto degli ebrei di averlo visto frequentare
l’uno e l’altro popolo, ora ha acquistato la forza di eseguire il comando, essendo
che Dio gli ha messo accanto Aronne, suo fratello, in modo che egli sarebbe
stato come profeta e suo fratello come sua parola. Come il faraone portava il
bastone sekhem, nominato come "il bastone del potere di Atum”, Dio manda,
Mosè con il bastone di Dio che potere su tutti e che sconfinerà gli egizi,
liberando il popolo di Israele.
Ritorno
di Mosè in Egitto
Esodo 4:19 Il Signore
disse a Mosè in Madian: Va', torna in Egitto, perché tutti quelli che cercavano
di toglierti la vita sono morti.
Prima di partire Mosè parlò con suo
suocero, Ietro, esponendogli la sua imminente missione in Egitto. Esodo 4:18
Allora Mosè se ne andò, tornò da Ietro suo suocero e gli disse:
«Lascia che io vada e ritorni dai miei fratelli che sono in Egitto, e veda se
sono ancora vivi». Ietro disse a Mosè: Va' in pace. Ietro, sacerdote e capo
di una delle tribù di pastori nomadi ebbe una sensibilità di credere in Dio, che
oltrepassava quella dei sacerdoti di Gerusalemme, ai tempi di Gesù. Infatti, alla
richiesta di Mosè, il sacerdote, non obbiettò alla partenza di Mosè, pur
sapendo che era una missione pericolosa, ma considerò, in primis, la realtà del
comando di Dio, quello di avere scelto Mosè per liberare il popolo di Israele,
pur non essendo egli un israelita. In altre occasioni, Ietro, intervenne
saggiamente come un buon padre di famiglia, in Esodo 18:19 e seg. ove consigliò
a Mosè come amministrare l’organizzazione esistenziale e quella della giustizia
al popolo di Israele e Mosè lo ascoltò. Esodo 18:24 Mosè ascoltò la voce di
suo suocero e fece tutto quello che egli aveva detto. La partenza di Mosè
fu composita, nel senso che si portò con se sua moglie Sefora e i suoi figli, fatti
cavalcare su degli asini diretti verso il paese d'Egitto. Così, Mosè con il suo bastone, la sua
famiglia e suo fratello Aronne si incamminarono verso la missione comandata da
Dio, avendo nei loro cuori la certezza che ogni cosa che avrebbero fatta
sarebbe stata guidata da Dio. Tuttavia, non sapevano quando sarebbero rimasti
in Egitto e i contrasti che avrebbero avuto con la sua gente e soprattutto con
il faraone. La certezza che erano morti tutti quelli che volevano toglierli la
vita gli fu pronunziata da Dio come notizia di incoraggiamento a muoversi
liberamente senza paura. Questo andare di Mosè con i suoi verso l’Egitto, ci
richiama il viaggio degli Israeliti verso Canaan, che sapevano della terra
promessa da Dio, ma la disposizione di affrontare una guerra non era da essere
eliminata, poiché, pericoli e fatiche per affrontare i nemici sempre erano
presenti. Mosè, sicuramente, passò dallo stesso luogo in cui, si apprestò a
lasciate la terra d’Egitto, da lì egli rivide la città da lontano, mentre
immaginava il tumulto del suo popolo che lasciava la terra straniera e mentre
prima quando dovette fuggire, la vide con senso di abbandono ora la rivede come
conquista certa della liberazione. Egli
acquistò quella sicurezza di principe d’Egitto che era libero di decidere e di
comandare ma non per regnare ma per riscuotere il suo popolo. Sentiva sulle sue
spalle l’armatura e la forza che gli erano state promesse e la responsabilità di
sacerdote e servitore di Dio. Egli era diventato un uomo nuovo, non guidato
dagli uomini o dal faraone, ma da Dio. Se Aronne aveva la favella egli aveva la
forza e la guida spirituale che gli fu concessa come rappresentante di Dio
sulla terra. Tuttavia, egli fu sempre un uomo soggetto a peccare e a
trasgredire il comando di Dio, da produrgli rincrescimento e collera.
Dio vuol far morire
Mosè
Esodo 4:24 Mentre si
trovava in viaggio, il Signore gli venne incontro nel luogo dov'egli pernottava,
e cercò di farlo morire.
Così, accadde a Mosè un avvenimento
apparentemente strano durante il viaggio di ritorno in Egitto. Dio decide di
far morire Mosè. Da questo verso, esaminiamo due elementi che possono aiutarci
a capirne le ragioni della collera di Dio e della singolare decisone che Dio
stava per prendere. Consideriamo per primo il verso che parla della
circoncisione, che rappresenta uno dei patti di tutela della salute che Dio aveva
fatto all’uomo. In Genesi 17:14 L’incirconciso, il maschio che non sarà
stato circonciso nella carne del suo prepuzio, sarà tolto via dalla sua gente:
egli avrà violato il mio patto. La parola, sarà tolto, si riferisce non
di far morire il bambino o il giovane ma di essere allontanato dal popolo come persona
inidonea di stare tra loro. La conseguenza della disubbidienza del patto
sarebbe scaduta sui genitori che, in riferimento al verso sopra riferito Esodo
4:24 sarebbe stata grave. Questa attitudine di circoncidere i maschi dopo un
poco di tempo dopo la nascita è divenuta così importate che si esegue tra gli
ebri, fino ad oggi. Tuttavia, col nuovo Testamento, questo patto non è stato
ritenuto obbligatorio. In riguardo a quanto è successo a Mosè, notiamo da un
lato una ammissione della non osservanza della circoncisione da parte di Mosè
ed una severa prospettiva di pena per Mosè per non avere circonciso suo figlio.
Innanzi tututto come mai, Mosè, incirconciso, ebbe il favore di Dio di essere
stato chiamato per liberare il suo popolo? Aprendo un’ipotesi di purificazione,
consideriamo che, in buona fede, Mosè, trovatosi di fronte al pruno ardente, al
comando di Dio, toltosi i sandali egli calcò, la terra sacra alla presenza di
Dio. Questa possibilità concessa a Mosè che potesse stare di fronte alla Maestà
di Dio, non circonciso purificò il suo corpo. Da questa purificazione, si nota
che, per Mosè non fu necessario l’obbligo di essere sottoposto alla
circoncisione, essendo che non gli fu posto prima, essendo vissuto in Egitto
estraneo al patto. Questo privilegio li diede la facoltà di sussistere nel suo
popolo, come un incirconciso graziato. Il secondo punto è dato dal fatto, che
avendo Mosè acquisita la conoscenza del patto di circoncisione, azzardatamente,
non considerò necessario di eseguirlo a suo figlio. Qui nasce la collera di
Dio, per il fatto che il figlio di Mosè non fosse stato circonciso, essendo che,
Dio, non poteva fare a meno, di accettare il giovane incirconciso come aveva
fatto con lui. Da questa superficialità di Mosè Dio lo voleva far morire. Questa
disubbidienza di Mosè fu conosciuta da Ietro, suo suocero ed ancor da Sefora,
sua moglie, che nelle remore dei fatti e dalle rivelazioni divine, lei pur non
facente parte, a pieno titolo, del popolo Israelita, per placare l’ira di Dio,
eseguì con mani proprie la circoncisione su suo figlio. Esodo 4:25 Allora
Sefora prese una selce tagliente, recise il prepuzio di suo figlio e con quello
gli toccò i piedi, dicendo: Tu sei per me uno sposo di sangue! 26 Allora
il Signore lo lasciò... Così, facendo toccare col prepuzio del figlio i
piedi del padre, Sefora corrispose a due obblighi, quello di mostrare a Dio di
avere sposato Mosè circonciso per mezzo del sangue del figlio, essendo che, il
sangue lo sanò spiritualmente e l’altro obbligo, quello dell’ubbidire al patto
di Dio di circoncidere il figlio come i maschi israeliti. Alla fine di tutto
questo, Mosè si rese conto che la morte gli fu vicino e che Dio lo aveva
perdonato, per l’intraprendenza di Sefora.
Il
Signore chiama Aronne
Esodo 4:27 Il Signore
disse ad Aaronne: Va' nel deserto incontro a Mosè.
Nel momento che Mosè stava ancora ai
piedi del monte presso Horeb, Dio, chiamò Aronne che si trovava in Egitto,
insieme alla madre e le sorelle di Mosè. Il comando che Aronne ricevette fu di
grande impegno e di grande onore per servire il Signore, egli si diresse subito
verso il monte di Dio, con il desiderio di abbracciare suo fratello. Appena incontrò
Mosè lo baciò con grande gioia per la collaborazione affidatagli sul grande
progetto di liberazione. Esodo 4:29 Mosè e Aaronne, dunque andarono e
radunarono tutti gli anziani degli Israeliti. Ma quali furono i motivi e se
ve ne furono, per cui, Dio scelse Aronne, per il fatto che avesse la favella
facile? Questa decisione non coincide forse implicitamente con una legge di
Dio? Matteo 18:16…. se non ti
ascolterà, prendi con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla
parola di due o tre testimoni. Infatti, così avvenne che il faraone non
accettando la proposta di Mosè, si trovò di fronte a due testimoni, per i
quali, la risposta fu considerata pubblica e quindi irreversibile, la quale,
solo con un'altra decisione pubblica del faraone poteva essere abrogata. Questo
comporta che la previsione di Dio che il faraone avrebbe rifiutato la
liberazione del popolo di Israele fosse risultata legge e quindi a conoscenza
di tutti, sia della gente vicina che da quella lontana, ma soprattutto che
quello che Dio aveva predetto fosse stato prova inconfutabile verso i
discendenti del popolo di Dio. Infatti, più di una volta Dio ricorda il suo
intervento sulla liberazione del suo popolo dall’Egitto, quando discuteva e
controbatteva la deficienza degli Israeliti o quando gli stessi si allontanavano
dalla fede in Dio o si dimenticavano di quello che Dio aveva fatto per loro.
Quindi, la conclusione della chiamata dei due fratelli potrebbe essere stata
decisa, non solo per la incapacità caratteriale del parlare di Mosè ma anche e
soprattutto di provvedere a una testimonianza dell’opera di Dio per la
liberazione del suo popolo. Vi sarebbe
un altro aspetto, anche se di secondaria importanza, che ci farebbe capire
l’intenzione di Dio di raccogliere anche i famigliari di Mosè. Infatti, tutta
la famiglia di Mosè, Aronne le sorelle i suoi genitori si sistemarono, dopo il
viaggio nel deserto, in Canaan, Genesi 11:31. Tornando ai fatti, Mosè si trovò
a confrontarsi con il nuovo faraone[5],
che non avendo ereditato il carattere dei padri, era certamente, una situazione
difficile da affrontare. Ma quali furono i motivi, per i quali, il faraone non
appena ascoltò la proposta di Mosè per bocca di Aronne, ostacolò la liberazione
degli Israeliti? Dal faraone dei tempi di Giuseppe di nome Manetone[6]
fino a quello di Merenptah ai tempi di Mosè, passarono quattrocento anni. Il
successore del faraone Maratone, Ramses II[7],
pose gli Israeliti in cattività, così fecero tutti gli altri dopo di lui fino a
Merenptah per paura del loro numero crescente. Infatti, i faraoni avevano due
motivi di preoccupazione in riguardo al popolo di Israele: uno era che se il
loro numero avesse superato quello degli egiziani e che avrebbero potuto fare
un colpo di stato e detronizzare il faraone e quindi, dominare poi l’Egitto, il
secondo motivo era quello che se l’avessero lasciati andare potevano allearsi
con i nemici del faraone e conquistare l’Egitto. Ecco che la soluzione, per
ovviare questi pericoli, era quella di non permettere la crescita del popolo di
Israele. Mentre questa ultima riflessione era nella mente del faraone, ecco
arrivare Mosè e Aronne dal deserto portando il comando di Dio, che scombussolò
i piani del faraone. In riguardo alla residenza dei famigliari di Mosè non si
sa se in Egitto vivesse ancora la madre di Mosè, di cui, Aronne poteva dare notizie,
tuttavia, sappiamo che si sono insediati in Canaan. Così, come prima sosta Mosè
andò ad incontrare la sua famiglia e il popolo di Israele.
Resistenza
del faraone
Esodo 5:1 Dopo questo, Mosè e Aaronne andarono
dal faraone e gli dissero: Così dice il Signore, il Dio d'Israele: Lascia
andare il mio popolo, perché mi celebri una festa nel deserto
Appena arrivati, Mosè e Aronne radunarono
tutti gli anziani degli Israeliti per comunicare loro che il Signore era venuto
a visitarli e che era iniziata la liberazione per mezzo di loro. In questo episodio,
si osserva che Dio, dopo quattrocento anni, decise di liberare il suo popolo
contro i soprusi del faraone e detta scrupolosamente quello che Mosè deve fare
e quello che deve dire. Esodo 5:31 Il popolo prestò loro fede. Essi
compresero che il Signore aveva visitato i figli d’Israele ……. Sebbene, il
popolo aveva considerato Mosè più legato agli egiziani che a loro, quasi da
ritenerlo una spia, ora con clamore lo accettano come il messaggero di Dio. Tutti
credettero alle sue parole e lodarono Dio per avere avuto misericordia di loro.
Tuttavia, il problema non fu risolto con l’accettazione di Mosè, come
liberatore, essendo che, rimaneva ancora l’incognita di quanto rilevante poteva
essere l’opposizione del faraone. Avvenne
che Aronne radunò tutti gli Israeliti per dettare loro quello che dovevano fare
per la riuscita del piano, con tutti gli ostacoli che si fossero presentati nel
corso delle operazioni. In quell’incontro, Aronne spiegò nei particolari, la
missione dettata da Mosè e fece dei prodigi come prova che il Signore li aveva
mandati in Egitto per liberarli. Dopo
che il popolo fu a conoscenza della missione e vide i prodigi, tutti si
inchinarono a lodare il Signore, essendo che la realtà di Dio si era manifestata
in loro. L’adorazione a Dio, da come
sappiamo dalle Scritture, consisteva nel raccoglimento di tutta la comunità posta
in ginocchio e con le mani alzate, e avrebbe glorificato il Signore per giorni.
Oltre il momento dell‘adorazione vi fu anche quella della riconciliazione di
quelli che avevano perso la speranza che Dio si sarebbe ricordato di loro ma
anche dei giovani che avevano sentito parlare di Dio e non lo conoscevano. La
presenza di Mosè aprì nei cuori degli Israeliti la speranza che Dio aveva messo
in atto la sua promessa. Le fatiche di quattrocento anni furono di colpo svanite,
poiché, la gioia aveva preso posto nella loro vita, insieme all’entusiasmo di
riacquistare la propria identità. Questa gioia, tuttavia, durò poco, poiché, fu
distratta dal colloquio negativo che avvenne tra Mosè e il Faraone. Secondo una
attenta analisi, ci chiediamo, quali sono state le ragioni per mezzo delle quali
ne è uscita una negazione dalla bocca del faraone? La prima cosa da cercare è
quella di sapere se il faraone poteva o avesse potuto sapere dell’esistenza di
Dio e su tale presupposto, vi sono due eventi, nei quali, i faraoni precedenti avevano
conosciuto il Signore. Infatti, uno fu quando incontrò Abraamo, che era sceso in
Egitto con Sara e l’altro faraone fu quello dai tempi di Giuseppe. Se nel primo
caso, Dio, si manifestò nel sogno al faraone per lasciar andare Abraamo e sua
moglie, nel secondo caso si manifestò con Giuseppe, ove i faraoni, sia nel
primo caso che nel secondo, furono visitati nel sogno da Dio. Tuttavia, dopo
quattrocento anni, non si capisce il perché, Dio, non si era manifestato al
faraone per convincerlo a fare andare via il suo popolo. Questo è un problema. Esodo 5……Non conosco
il Signore e neppure lascerò partire Israele! Se da un lato si potesse dare
una giustificazione al faraone di non conoscere Dio, dall’altro lato avrebbe il
faraone, una colpa, per il fatto che aveva disconosciuto la storia dei suoi
avi, essendo che, almeno due faraoni avevano conosciuto Dio e la sua potenza. Tuttavia,
il faraone poteva essere stato tratto in inganno dal lungo tempo trascorso,
tale da pensare che, in quel passato, sarebbero avvenute delle circostanze da
non doverne tenere conto, essendo che, dopo quattrocento anni il loro Dio non
si era fatto sentire e, quindi, poteva non essere un vero Dio. Un’altra
spiegazione potrebbe derivare dal fatto che, Dio, ha voluto mostrare la sua
potenza agli uomini idolatri e confermare il suo soccorso al suo popolo e che, nel
momento che avrebbero disubbidito ai suoi comandamenti, li avrebbe ripreso dicendo
loro di essere un popolo di collo duro. Come
si vede, tutto ha un significato ed uno scopo perché i piani di Dio siano
perfetti e i risultati conformi alla sua volontà. Ritornando al faraone, sapendo
Dio del suo cuore, fece parlare Mosè e quindi Aronne, che chiedendo il riscatto
senza preamboli di colloquio suscitò il disaccordo del faraone. Esodo 5:1 Dice
il Signore, il Dio d'Israele: Lascia partire il mio popolo perché mi celebri
una festa nel deserto! Fu questa richiesta secca da far indurire il cuore
del faraone? In realtà, essa fu la giusta formula di petizione in
corrispondenza della mala fede del faraone, sia per avere disconosciuto Dio,
sia perché non voleva liberare il suo popolo per paura di una rivendicazione di
potere. La situazione di entrambi le parti era già prevenuta, infatti, da parte
di Mosè, era quella di pretendere, seduta stante, il comando di Dio, mentre la
situazione del faraone era quella di dare risposta negativa alla richiesta
degli ambasciatori di Dio. Al disopra delle parti, stava Dio che seguiva le
vicende, ma che, se da un lato avesse indurito il cuore del faraone, dall’altro
lo avrebbe modellato alla conversione dell’unico Dio. Tuttavia, il cuore del faraone
era lungi dal comprendere la manifestazione divina, essendo che, in lui dominava
fortemente l’idolatria e il culto di dii strani e insensati. In riguardo agli
effetti dell’idolatria sugli Israeliti, nel corso dei quattrocento anni si sono
mostrati sempre fedeli a Dio, recitando continue preghiere per un imminente suo
intervento di liberazione. Tuttavia, nella richiesta, notiamo che Mosè non
reclama esplicitamente la liberazione del suo popolo ma chiede quasi un
permesso di allontanamento del popolo a recarsi nel deserto a sacrificare un
olocausto e organizzare una festa per Dio. La risposta del faraone fu negativa,
anzi, mostrò di non conoscere il Signore e per questo motivo, la sua posizione di
fronte a Dio si aggravò, essendo che, mentiva sulla sua esistenza e negava nel
silenzio, il fatto che i suoi avi avevano già conosciuto la potenza di Dio.[8]
Il faraone dal canto suo, pur sapendo che i suoi avi avevano trattato bene gli
ebrei non così fece lo stesso dal canto suo, essendo che, impose al popolo di
Dio un peso grave e disonorevole, quello di considerarli schiavi dando loro il
compito di fabbricare mattoni per l’interesse dell’Egitto. Vi fu anche un altro
indizio che il faraone non calcolò, fu il fatto che aveva saputo
dell’allontanamento di Mosè in esilio per sottrarsi al giudizio penale pensò
che nel deserto egli avrebbe trovato la morte. Ora, che lo vide ritornare, pensò
che certamente il suo Dio lo aveva salvato. Tuttavia, il suo interesse di
potere e la paura di essere spodestato, non fu per nulla collaborativo ai
bisogni del popolo Israelita. Furono queste le condizioni che posero un muro
tra il faraone e gli israeliti che fecero trasformare la pretesa del faraone in
odio e in vedetta, poiché, i suoi decreti venivano contrapposti da una forza da
lui sconosciuta fino a colpì re anche il suo stesso figlio.
Chi è il Signore?
Esodo 5:2 Chi è il
Signore, perché io debba ascoltare la sua voce……?
L’affermazione dubitativa del faraone, chi
è il Signore, lascia aperta una precisazione. Egli avrebbe dovuto sapere
della visitazione che Dio fece ai suoi avi al tempo della discesa di Abramo e
Sara e poi di Giuseppe ed ora, durante il suo regno, delle preghiere che
facevano gli Ebrei al loro Dio, ma anche delle frequentazioni di Mosè al suo
popolo e della adozione che aveva fatto sua figlia del bambino Mosè dagli
Israeliti. La sua risposta mostra un
disinteresse e soprattutto una mancanza di rispetto al credo altrui, non
considerando, cosa più grave, quello di avere mancato di riguardo al nostro Dio.
Ecco che al verificarsi degli eventi favorevoli al popolo ebreo il faraone
diventava sempre più ostinato, essendo che, vedeva il suo potere minacciato e i
suoi dii messi a ridicolo di fronte al Dio degli Israeliti. E non deve sembrare
strano se Dio ha fatto avvenire dieci piaghe perché il cuore del faraone, date
le circostanze, diventava sempre più duro. Si suppone che nel faraone
cominciasse a prendere posto la comprensione e la realtà di Dio, poiché provava
timore ad affrontare Mosè riconoscendogli un potere sconosciuto più potente dei
suoi dii, ma con tutto ciò, insisteva a rifiutare il Dio degli Ebrei. La domanda del faraone, perché io devo
ascoltare la sua voce, dimostra la conoscenza del potere del Dio degli
Israeliti, per il favorevole destino di averli fatti crescere così numerosi da muovere
nel suo cuore la considerazione della superiorità di Dio nei confronti dei suoi
dii e che, nonostante ciò, lo rigettava totalmente. Su questo suo odio, pur si intravede
un senso lato di riconoscere l’infiorita della sua compagine religiosa, sul fatto
che, i suoi sacerdoti non erano efficaci e potenti come Mosè, i quali, davano
segni di disagio ad affrontare i prodigi del profeta ebreo. Così, nel faraone cominciavano
a mescolarsi odio e riflessione, invidia e gelosia, ripudio e desiderio di possedere
lo stesso favore degli israeliti, ma la sua immagine faraonica non poteva
aderire a questi sentimenti, i quali, gli avrebbero procurato un radicale
cambiamento di vita. Egli era il faraone
d’Egitto e tale doveva rimanere, con la sua potenza che dominava su tutti. Tuttavia,
nel suo tempo, le sorti del suo regno sembrarono essere cambiati, poiché, gli
schiavi ebrei chiedevano la loro indipendenza, essendo che Dio aveva deciso di
liberarli. Il loro silenzio e la loro sottomissione ora chiedevano giustizia
per riacquistare la dignità perduta e soffocata per lunghi anni. Con queste
condizioni, il faraone mette in atto il suo potere per soffocare ma piuttosto terrorizzare
gli ebrei. Esodo 5:7 Non darete più la paglia al popolo per fabbricare i
mattoni come facevate prima. Si procureranno da sé la paglia. Così inizia
la sua vendetta ordinando che gli israeliti si procurassero loro stessi la paglia
necessaria per fare i mattoni. Questa soluzione aggravò lo stato servile del
popolo ebreo, che portò alla decisione degli scribi di intervenire verso il
faraone per cercare di alleviare le fatiche ordinate contro la loro gente. E’
da dire che gli scribi non furono lungimiranti a riconoscere l’opera del
Signore per liberare il popolo. In via del tutto simile, anche Mosè, non seppe leggere
i fatti di accadimento che si stavano svolgevano sotto il controllo di Dio, essendo
che, provò lo stesso dissapore verso Dio, dopo aver visto un aggravamento delle
condizioni di vita del popolo, anziché gioia di libertà. Esodo: 5:22 Allora Mosè
si rivolse al Signore e disse: Mio Signore, perché hai maltrattato questo
popolo? Perché dunque mi hai inviato? Così, angosciato, Mosè
si rivolse al Signore senza quella riverenza che ebbe di fronte all’albero di
pruno quando conobbe, per la prima volta, l’Angelo di Dio. Le sue parole furono
chiare e tassative senza pensare affatto che avrebbe potuto ricevere pesanti conseguenze
e per sino la morte. Egli, se non era di buona favella, ora, seppe parlare con
dettagli chiari e forti rispecchiante la scuola egizia e la cultura faraonica.
Mosè volle, soprattutto, evidenziare che il mandato di Dio fosse vittorioso contro
il faraone, dato che stava perdendo la speranza della buona riuscita del piano
liberatorio. Tornado al colloquio con il faraone, si nota che la richiesta di
Mosè, di lasciare andare il popolo nel deserto per la durata di tre giorni a
sacrificare Dio, indurì il cuore del faraone. Il sovrano, considerò che gli
israeliti erano divenuti numerosi più degli Egiziani e che quella richiesta fosse
oltre che la scusa per non lavorare era soprattutto, per cambiare la loro
posizione da schiavi a popolo libero. Così, diede ordini ai sorveglianti di non
dare loro più la paglia per fabbricare i mattoni ma che se la dovevano
procurare da loro stessi. A questa decisone gli scribi andarono dal faraone a
reclamare per la dura decisione presa del faraone, il quale, li cacciò
esclamando loro che il popolo israelita era fannullone. Esodo 5:17 Rispose
Fannulloni siete, fannulloni! Per questo dite: Vogliamo partire, dobbiamo
sacrificare al Signore. A questo punto, Mosè si mostra d’essere degno
difensore del popolo di Dio, anche contrastando Dio stesso. Non è la prima
volta che Mosè impone il diritto di sopravvivenza del suo popolo affrontando la
decisone divina di Dio. Egli con la sua poca favella mostrò grande saggezza e
responsabilità e per questo, fu degno di essere chiamato il liberatore. Dio
stesso gli fece annunziare che un altro come lui sarebbe apparso sulla terra
per liberare l’intera umanità, riferendosi a Gesù. Per questo suo affetto
profondo e unico verso il popolo di Dio, egli è accompagnato del continuo
dall’Angelo di Dio, anche quando vedrà la terra oltre il Giordano che gli è fu
interdetta, nel luogo misterioso del monte Sinai e gli fu imposto di restare.
Egli, fu alzato agli onori del cielo e ve ne è stata prova, quando apparse
insieme ad Elia a Gesù sul monte della trasfigurazione. Così, Mosè questiona
con Dio, dicendogli perché mi hai mandato? Nessuno ha mai questionato il volere
di Dio, così apertamente, nemmeno Abraamo, quando comandato dall’Angelo di Dio,
si accinse a sacrificare Isacco, suo unico figlio. Ricordiamo quando Mosè disse
al Signore di cancellare il suo nome dal suo libro. Esodo 32:32 Ma ora, se tu perdonassi il
loro peccato... E se no, cancellami dal tuo libro che hai scritto. Mosè, mostrò
di ricordare le parole di Dio quando pronunziò del suo libro di vita. Non si
curò se fosse stato cancellato ma fu risoluto a mettere la salvezza del suo
popolo prima di lui. Egli conosceva bene i sacrifici dei quattrocento anni che
avevano sopportato gli ebrei, essendo che, era a conosceva della storia, delle
tribù e delle promesse di Dio fatte ai patriarchi, ma non lo conosceva. I
motivi furono diversi, ma quelli più evidenti furono che egli seguiva gli
insegnamenti del faraone e della sua storia e come complimentare quella del suo
popolo.
Dio si pone come scudo
davanti all’armata del faraone
Esodo 13:3 Mosè disse al popolo: Ricordati di questo
giorno, nel quale siete usciti dall'Egitto, dalla condizione servile, perché
con mano potente il Signore vi ha fatti uscire di là: non si mangi ciò che è
lievitato.
Il Signore decise unilateralmente di
intervenire affinché il suo popolo uscisse presto dall’Egitto, essendo che le
piaghe indotte al faraone già furono completate secondo i suoi piani. Nel
momento dell’esodo, Mosè rammenta al popolo che quel giorno doveva essere ricordato
in perpetuo tra le discendenze degli israeliti, per cui, Dio ea venuto a
liberare il suo popolo con mano potente. La partecipazione di Dio, sicuramente
del suo Angelo, apre una riflessione profondamente investigativa che ci induce a
discutere alcune ipotesi di come la realtà di Dio esista vicino a noi e come il
suo Regno possa essere la proiezione del nostro o meglio dire il nostro mondo
sia la proiezione del regno di Dio con la presenza di una componente
strumentale di mezzo operante sulla terra che servirebbe a produrre un genere
umano di elevata capacità intellettiva e forse di giudizio con futura idoneità
di guidare e per sino giudicare gli angeli. L’intervento continuo di Dio a
guidare l’uomo fa sì che l’uomo raggiunga il progetto da Lui voluto che pur resta
sconosciuto fino alla fine dei tempi stabiliti, coronati dal ritorno di Gesù,
il quale, concluderà questa esperienza divina, unica ed universale. Detto
questo, comprendiamo come Dio è in atto a difendere il suo popolo, non perché
il potere terreno sia opponente di forza contro Dio ma Egli si muove ed è in
atto per il solo scopo di temperare l’anima dell’uomo al raggiungimento della incorruttibilità
per essere accolto nel luogo divino. Nei momenti in cui l’uomo si trova in fase
di sfavore di fronte agli eventi, Dio, interviene affinché l’uomo non si discosti
dalla linea guida dei suoi progetti. Con ogni mezzo Dio si rende presente in ogni
frangente di storia umana ma su questo evento storico ha voluto essere artefice
con la sua attività difensiva divina adoperando una nuvola. Egli, divide il
mare e fornisce i mezzi affinché il suo popolo possa superare ogni ostacolo. Ecco
che quando Dio si rivela di essere il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe,
Egli, rivela se stesso come liberatore e unico eterno Dio. Il fatto che il
popolo di Israele debba ricordare questo giorno apre una riflessione sul
rapporto di Dio con l’uomo e in special modo con il suo popolo. Ci accorgiamo
che l’umanità non è considerata come frutto di una spedizione divina di un seme
catapultato su questa terra e dopo abbandonata a se stessa per affrontare la
morte e persistere nella esistenza ma esiste una correlazione profonda ed
univoca tra la mente umana e la volontà di Dio. Il ricordare questo giorno
sottintende che esiste, quando saremo nel regno di Dio, una revisione minuziosa
della vita trascorsa su questo pianeta per il fine di essere sottoposti a un
giudizio divino che ci collocherà in posizione di gloria e di esterna
esistenza. Se tutti i fatti di una vita possano sembrare lunghi e difficilmente
controllabili non è così, essendo che i fatti si riferiscono ad una esisteva corta
di fronte alla eternità da affrontare, per cui, la nostra durata non è altro
che un soffio di tempo dove il tempo non è grandezza. Il giorno deve essere
ricordato solo sulla terra per dare gloria a Dio, esso sarebbe stato un vincolo
per non dimenticare e possibilmente festeggiare la grande opera divina della
liberazione e che avrebbe certamente frenato cambiamenti di cultura ed evitare
l’allontanando del popolo di Dio dai suoi comandamenti. Tuttavia, non rare
volte il Signore richiamerà il suo popolo per esseri allontanato dalle sue vie
e preferito avvicinarsi al culto degli idoli. Come un padre, Dio, spesso
discute e riprende il suo popolo e li guida nel cammino della libertà, non
senza ostacoli, con premio della salvezza. L’Egitto sembra avere un ruolo
importante nel ministerio di Dio, sia come banco di prova della sofferenza e
opportunità di slancio di rinnovamento di fede per ricordare loro che al
disopra di tutto c’è il loro Dio potente.
Dio Istruisce Mosè per l'ingresso
in Canaan
Esodo 23:21 Abbi
rispetto della sua presenza, ascolta la sua voce e non ribellarti a lui; egli,
infatti, non perdonerebbe la vostra trasgressione, perché il mio nome è in lui.
In
prospettiva di similitudine questi versi, nei quali, Dio istruisce Mosè e il
popolo di Israele, rispecchiano in modo eloquente la raccomandazione che Dio fece,
al momento del battesimo di Gesù, davanti a Giovanni Battista e tutti i discepoli.
Questo è il mio Figlio di cui ne ho preso compiacimento. Ascoltatelo! Al verso, Esodo 23:20: Ecco, io mando
un angelo davanti a te per custodirti sul cammino e per farti entrare nel luogo
che ho preparato. Questi versi non sono forse simili alle parole dette da
Dio nel momento del battesimo di Gesù, per mezzo dei quali, Dio ha realizzato
la sua promessa di fronte ai discepoli, ai quali, Giovanni predicò la venuta del
Messia che era più grande di lui e prima di lui. Non sono forse le istruzioni
di Gesù di seguire i suoi insegnamenti che oggi vengono derisi e cambiati annichilendo
la promessa divina verace della verità che è in Gesù? Se l’Angelo che ha operato in nome di Dio ai
tempi di Mosè, fu ascoltato e temuto, quanto più Gesù Figlio di Dio, avrebbe
dovuto essere ascoltato e seguito fino a oggi, avendone l’umanità assaporato il
beneficio e la salute delle sue parole? Dio raccomandò di avere rispetto della
presenza dell’Angelo e su Gesù di essere ascoltato, ma nulla di tutto questo è
stato fatto con abnegazione e timore di Dio. Questa tragedia umana, di cui, fra
tante disubbidienze i veri credenti ne soffrono le conseguenze e nulla valgono
le preghiere se l’uomo torna al vomito, così nulla può essere dimenticato da
Dio se il suo amore è calpestato e tradito, cambiando persino il sentimento volgendolo
ad altri dii. A questa azione infame dell’umanità, Dio, pone il suo silenzio
guardando attonito la razza umana come apostata e vile. Dio raccomanda
vivamente che l’uomo abbia rispetto verso l’Angelo, ma soprattutto di ascoltare
la sua parola le sue direttive senza ribellarsi. Egli non perdonerebbe la
trasgressione, piuttosto farà giustizia su coloro che lo rinnegano, essendo che,
in Lui vi è il nome di Dio e porta con se la sua gloria. L’ingresso in Canaan rappresenta l’ingresso dell’intera
umanità nel regno di Dio, che ha creduto in Lui in fino alla fine. Dio ha dato questo
mondo all’umanità come se fosse il regno d’Egitto, ma che dopo un periodo di
dolore e di sopravvivenza, Egli manderà Gesù a liberarci per portarci nella sua
casa per vivere gloriosamente in eterno. Non è poca cosa il significato della liberazione
dall’Egitto, essa rappresenta la conoscenza, che per mezzo della quale sapremo
cosa sia il bene e il male, mezzo importante per giudicare gli angeli. Esodo 23:25 Voi
servirete al Signore, vostro Dio. Egli benedirà il tuo pane e la tua acqua.
Terrò lontana da te la malattia. 26 Non vi sarà nel tuo paese donna che
abortisca o che sia sterile. Ti farò giungere al numero completo dei tuoi
giorni.
Esodo 3:20 Io stenderò la mia mano e colpirò
l'Egitto con tutti i miracoli che io farò in mezzo a esso; dopo questo, vi
lascerà andare