domenica, dicembre 27, 2020

ESODO

 Introduzione

         L’oppressione e la liberazione del popolo di Israele dall’Egitto rappresentano la storia dell’umanità che prende atto della collocazione dell’uomo avuta in questo pianeta e che dopo una lunga e travagliata esistenza troverà la liberazione passando ad altro luogo per vivere in eterno con Dio. E’ strano, che i fatti che si svolgono in questo mondo, rispecchiano l’attuazione del volere divino se si assume che l’uomo ha dei limiti riguardanti la capacità di leggere il futuro o di abolire la morte. Tutto ciò che accade intorno all’uomo sulla persona o degli accadimenti, si crede che siano collegati a uno specifico organigramma divino che avrà un risultato certo ed unico nell’universo, quello di beneficiare l’uomo. E che volendo riflettere sullo stato attuale della nostra esistenza, sembra che questa terra, con tutta l’umanità, sia il riflesso materiale del mondo invisibile occupato dai morti. Da questa ipotesi, che verte sulla vera esistenza di un altro mondo invisibile, abbiamo conferma che la storia dell’esodo sia l’anticamera del percorso che faremo alla fine della nostra dimora. Mentre da un lato sentiamo i lamenti del popolo di Israele che soffre perché tenuto in schiavitù dal faraone, dall’altro sentiamo l’oppressione del principe di questo mondo che ci tiene saldi e sottomessi fino a che arrivi il liberatore Gesù a portarci via dalla schiavitù e dalla morte.  Questo quadro rispecchia la sofferenza del peso del peccato da un lato e dall’altro la decisione di Dio di liberare, per mezzo del suo seme incarnato[1] uomo, la sua creatura. Dopo questa piccola introduzione, cominciamo ad intraprendere il viaggio dell’esodo, cercando con l’aiuto del Signore di evidenziare alcuni tratti che suscitano attenzione sia perché sono di profondo significato profetico sia di valore eccezionale di contenuto divino. Dai fatti avvenuti in precedenza, abbiamo saputo che con Giuseppe, tutto il popolo di Dio, fu accolto in Egitto per decisione del faraone, come premio del beneficio ricevuto dall’interpretazione dei suoi sogni da parte di Dio che usò Giuseppe. Tuttavia, dopo quattrocento anni, con l’avvento del nuovo faraone, Ramses II[2], le cose cambiarono radicalmente. I motivi sono molteplici, ma quelli che sono riportati nelle Scritture sono quelle che valuteremo con attenzione: Esodo1:8 Sorse sopra l'Egitto un nuovo re, che non aveva conosciuto Giuseppe. Questo faraone cominciò ad esaminare quello che aveva fatto il suo predecessore e sebbene non considerò erronea la decisione di continuare ad accogliere gli Israeliti per il ripagamento dei benefici ricevuti, si accorse che la popolazione ebrea cominciava a moltiplicarsi, tale che il loro numero eguagliava quello degli Egizi. Per questi motivi, cominciò a sospettare o che in caso di guerra, quel popolo poteva unirsi ai nemici e spodestare il faraone o liberarsi, lasciando l’Egitto portandosi tutti i beni. Esodo1:9 Egli disse al suo popolo: «Ecco, il popolo dei figli d'Israele è più numeroso e più potente di noi. Da questa possibilità, cominciò a perpetrare un piano strategicamente difensivo ma che risultò essere oppressivo, sebbene fosse partito con l’intensione di attivarsi in modo prudente e rispettoso. Esodo1:10 Usiamo prudenza con esso, affinché non si moltiplichi e, in caso di guerra, non si unisca ai nostri nemici per combattere contro di noi e poi andarsene dal paese. Due eventi cominciano a farsi avanti, quello del faraone che cercava di liberarsi degli Israeliti perché ingombranti e pericolosi per il regno d’Egitto e l’altro il tempo maturo, per cui, Dio si mettesse in opera per attuare il trasloco del suo popolo in Canaan. Da questo quadro, il tempo dei quattrocento anni determinò il termine della schiavitù degli Israeliti o meglio, la volontà di Dio di liberare il suo popolo. Diciamo che il tempo non avrebbe avuto nessuna incidenza se Dio avesse deciso di far restare il suo popolo ancora in Egitto ma vi era da considerare la promessa fatta ad Abramo che Dio mantenne. Vi sarebbero state, sicuramente, altre situazioni e altre scelte che Dio avrebbe fatto ma che il fine sarebbe stato sempre quello della salvezza del suo popolo. La situazione del faraone col tempo, si complicava sempre di più, essendo che, non sapeva come risolvere la questione per fermare la crescita della popolazione ebrea. Non poteva decidere di mandarli via, poiché, erano diventati già un popolo numeroso e aveva paura che potevano rivolgersi contro. Così pensò di diminuire la loro crescita obbligando le levatrici a far morire i maschi ebrei al momento della nascita. Questo suo comando, però, non fu ascoltato, poiché, le levatrici temevano il Signore e si giustificarono dicendo che le madri ebree erano vigorose e prima che la levatrice arrivasse, loro partorivano.  Trovandosi, il faraone, di fronte ad una ammissione del genere e non potendo porre altro motivo per risolvere il problema, ne prese uno piuttosto criminale, quello di fare buttare i nati maschi nel fiume Nilo. Non si sa per quanto tempo questo ordine sia stato eseguito, poiché, veramente avrebbe causato la diminuzione del popolo di Israele. Tuttavia, alcuni studiosi pensano che, nello stesso tempo in cui fu diramato questo decreto, già, era nato Mosè, da un uomo e da una donna della casa di Levi. Tenutolo per tre mesi e non potendolo tenere più nascosto, pesarono di costruire un canestro di giunchi e, avendolo cosparso di pece, la madre lo lasciò scivolare nel canneto, sulla riva del fiume. Il fatto che Mosè, dentro il canestro, fu lasciato solo nel grembo della terra, ci porta a collegarlo a Gesù, che nel momento della sua nascita, fu lasciato solo in una grotta. Questa somiglianza, un po' fantasiosa, rispecchia per certi aspetti, alcuni fatti della vita di Mosè con quella di Gesù.  Deuteronomio 18:15 Per te il Signore, il tuo Dio, farà sorgere in mezzo a te, fra i tuoi fratelli, un profeta come me; a lui darete ascolto. Il cesto, con dentro Mosè, fu assistito dalla sorella fino a quando la figlia del faraone con le ancelle si trovarono alla riva del fiume. Così, una delle ancelle scorgendo il cesto con dentro il bambino, lo mostrò alla figlia del faraone che lo adottò, pur riconoscendo che era ebreo.  La sorella di Mosè, che era vicino, consigliò alla figlia del faraone di farlo allattare da una ebrea, la quale acconsentì. La donna ebrea era proprio la madre di Mosè.

Mosè

La sua adolescenza

         Dopo lo svezzamento, per mezzo della madre di Mosè, il bambino fu portato alla figlia del faraone che ne prese possesso come figlio adottivo. Non vi sono notizie in riguardo alla crescita o alla maturità di Mosè, tuttavia, possiamo ipotizzare le condizioni di vita che il giovanetto ebbe nella regia del faraone, come essere state ottime, ricevendo un ammaestramento dai migliori maestri di scienza e di religione di tutto l’Egitto. Per il motivo che fu adottato dalla figlia del faraone, Mosè, non ebbe alcuno ostacolo per frequentare la sua famiglia, che sebbene non sia scritto, egli conosceva la sua origine ebrea e la sua adozione alla casa del faraone. Tuttavia, egli conosceva anche le condizioni, del suo popolo oppresso. Un giorno della sua giovane età provò grande offesa quando vide un egiziano percuotere un Israelita per motivi futili, mostrando sproporzionatamente la sua superiorità. Egli reagì in modo violento contro l’egiziano che lo uccise e dopo non sapendo cosa fare lo sotterrò nella sabbia. Da quel momento il suo affetto verso gli egizi declinò ma senza manifestarlo. Proprio il giorno dopo, vide due ebrei, mentre si recava verso il loro quartiere che si litigavano e avvicinatosi a uno di loro gli disse, il perché l’uno percuotesse il suo compagno. Esodo 2:14 Quello rispose: Chi ti ha costituito principe e giudice sopra di noi? Vuoi forse uccidermi come uccidesti l'Egiziano? Questa risposta apre due significativi interpretazioni: una che l’ebreo, avrebbe dovuto essere contento e non rinfacciare a Mosè il reato di avere ucciso e sepolto nella sabbia un egiziano, l’altra accusatoria, Mosè era considerato una spia degli egizi, per il fatto di essere stato adottato dalla figlia del faraone e che poteva potenzialmente rapportare segreti degli ebrei agli egizi. Comunque sarebbero stati i motivi, Mosè non godeva molta fiducia tra gli ebrei, anche se dimostrò d’essere un giusto e un patriota con l’succione dell’egizio. Così, la posizione personale di Mosè non era chiara né con gli egizi perché aveva ucciso uno di loro né con gli ebrei che non lo consideravano un vero ebreo. Questa discrepanza fece sì che il fatto criminoso si diffuse rapidamente e presto venne all’orecchio del faraone. Da quel momento, la vita di Mosè sembrò essere arrivata a un punto di svolta, per il fatto che, avendo ucciso per amore degli ebrei un egiziano non poteva stare più con gli egizi e quindi, l’unica soluzione era quella di sparire. Infatti, appena il faraone fu a conoscenza del fatto, cercò di uccidere Mosè in tutti i modi. L’unica scelta fu quella di lasciare subito il paese d’Egitto, essendo che il nascondersi tra gli ebrei non era né conveniente ne pratico, per il fatto che tra di loro non godeva di molta fiducia e non era nemmeno agevole rimanere tra di loro, poiché, facilmente poteva essere scoperto. La scelta obbligata e ultima rimasta fu quella di andare nella terra dei madianiti, lontano dagli egizi e dagli ebrei. Ciò, avrebbe comportato l’attraversamento del deserto con i suoi rischi e pericoli. Si presentarono, allora, subito due soluzioni quella di rimanere e affrontare la morte e quella di andare attraverso il deserto con una morte probabile. Così, Mosè scelse quest’ultima.   Esodo 2:15 Quando il faraone udì il fatto, cercò di uccidere Mosè, ma Mosè fuggì dalla presenza del faraone, e si fermò nel paese di Madian e si mise seduto presso un pozzo. Non sarebbe stato facile per Mosè attraversare il deserto se Dio non fosse stato con lui. Mosè, in questa esperienza, fu sottoposto al fuoco e al freddo, la sua vita fu sottoposta alla tempera come si fa col ferro. Sebbene, Mosè, avesse sentito parlare di Dio tra gli ebrei, il desiderio di conoscerlo lo spinse ad avventurarsi nell’ignoto, confidando nel Dio sconosciuto. Nel deserto, provò la solitudine, la fame e la sete mentre si dibatteva contro le intemperie e la visione della morte. In quel luogo selvaggio, si sentì solo come non mai, trovatosi spesso tra la disperazione e la decisione di tornare indietro. Così, Mosè, continuò imperterrito il suo viaggio, fino a raggiungere la terra della salvezza, Median, come se fosse stato il preludio di quella terra promessa di Canaan.  Stremito e scoraggiato, arrivò vicino a un pozzo di quella terra e dopo essersi ristorato, avvilito dal lungo cammino, si riposò. Dopo un lasso di tempo, fu svegliato dalla presenza di alcune donne, abitanti del luogo che si avvicinavano a prendere acqua dal pozzo di Abraamo.  Fu la prima volta, dopo tanto tempo di pellegrinare nel deserto, che egli ascoltasse il parlare umano, ora, di donne che erano venute ad abbeverare presso il piccolo gregge del loro padre, sacerdote di Madian. Nello stesso momento vennero alcuni pastori che in modo arrogante incominciarono ad abusare di quelle donne togliendo loro la precedenza nell’attingere l’acqua. In questo quadro, Mosè si trovò ancora una volta ad intervenire di fronte ad un abuso, per fare giustizia a salvare il debole, come quando intervenne nella lite tra l’egizio e l’israelita. Così, Egli, si presentò come uno straniero ma con comportamento di un eloquente uomo di corte e valoroso guerriero, per cui, prese arditamente le difese delle sette sorelle, che sconfisse i pastori. Al ritorno a casa le donne dissero al loro padre che un egiziano li aveva liberati dai pastori. Questo, suscitò simpatia nel cuore del sacerdote che comandò loro di farlo venire. Esodo 2:18 Quando esse giunsero da Reuel, loro padre, questi disse: Come mai siete tornate così presto oggi? (19) Esse risposero: Un egiziano ci ha liberate dalle mani dei pastori, per di più ci ha attinto l'acqua e ha abbeverato il gregge. Da questo punto in poi, Dio, apre la strada a Mosè come liberatore della futura liberazione del popolo di Israele, cambiandogli anche la vita. Ci si domanda come mai Dio, in questa occasione unica e determinante, ha usato l’uomo e non abbia deciso di liberare il suo popolo solo col un suo personale intervento? A questo, si deve ricordare, che, è l’uomo che deve avere l’esperienza della salvezza che viene da Dio, per cui, egli deve conoscere il bene e il male, il dolore e la gioia, soprattutto conoscere chi è Dio[3].  In altri termini, come i figli conosceranno, nell’età matura, l’opera e il sacrificio dei loro genitori, così l’uomo conoscerà Dio dopo aver avuto l’esperienza della vita terrena. Non si può conoscere se non si apprezza e se non si ha esperienza del tutto ciò che ci circonda.

Mosè in Madian

Esodo: 2:21 Mosè accettò di abitare da quell'uomo. Egli diede a Mosè sua figlia Sefora.

         Mosè nell’accettare l’invito generoso dal sacerdote di Madian ci ricorda Abraamo, quando ricevette il pane e il vino dal sacerdote Melchisedek. In questo caso, egli accetta l’ospitalità e un conforto familiare, di cui, ne diverrà membro. Mosè, non trovò riparo dagli Israeliti che lo avevano allevato, ma presso un diverso popolo che era considerato estraneo, pur conoscendo Dio, come lo conoscevano gli Israeliti.  Solo la sua famiglia, in special modo, sua madre che con dolore assistete alla partenza clandestina di suo figlio ebbe compassione e dolore del suo allontanamento. Nella terra di Madian, sebbene accolto con tanto amore, non si sentì a suo aggio ma provava solitudine e amarezza, poiché, indifeso, debole e senza forza né autorità. Questo suo sentire fu bene interpretato dal sacerdote, che vedendo la qualità della sua persona e i favori che, in seguito, scambiava con sua figlia Sefora, decise di dargliela in sposa.  Mosè accolse la proposta e ne fu entusiasta per almeno due motivi: uno che sarebbe rimasto in quella terra e non girovagare nel deserto come un uomo senza patria, l’altro, apprezzò la donna come essersi legata a lui, totalmente, con tutto il cuore.  La sua residenza in quella terra fu stabile, egli, guidò, con successo, le incombenze della casa del sacerdote e quelle della sua stessa famiglia che, in seguito si formò. Da allora, si sparse in tutta la contrata del paese di Median la voce che Mosè, principe d’Egitto, viveva in Madian. Dopo qualche tempo, a sua moglie le nacque un figlio che Mosè chiamò Ghersom dandogli il significato che egli abitava in terra straniera. In questo periodo di coabitazione Mosè divenne un uomo più vicino alle cose di Dio e desideroso di visitare il monte santo, grazie alla frequentazione di suo suocero, sacerdote di Madian, ma soprattutto il Signore lo modellava alle sue vie, lasciandolo vivere in pace. Più tardi, avvenne che il re d’Egitto, quello che perseguitava Mosè morì, lasciando al successore faraone il compito di tenere in schiavitù il popolo di Dio. Nel frattempo, il soffrire e le condizioni disumane che subivano gli Israeliti, provocavano loro molto dolore, tale che le grida arrivarono all’orecchio di Dio.   

 La misericordia di Dio verso Israele

Esodo 2:24 Dio udì i loro gemiti. Dio si ricordò del suo patto con Abraamo, con Isacco e con Giacobbe. 25 Dio vide i figli d'Israele e ne ebbe compassione.

         Il fatto che Dio si ricordò del suo popolo avendo udito, dopo quattrocento anni i loro gemiti, lascia aperta una discussione che porta prima al colloquio che Abramo ebbe con Dio, in Genesi cap.15 di cui, si fa riferimento alla promessa di Dio “Non temere, Abramo, io sono il tuo scudo, e la tua ricompensa sarà grandissima”, nel momento, in cui, Abramo aveva espresso dubbio su quanto Dio gli aveva promesso, che la sua discendenza sarebbe stata come la rena del mare. Egli disse: ecco, uno schiavo nato in casa mia sarà mio erede. Alla risposta delusoria, di Abraamo, Dio, specificatamente gli rivelò i piani del suo ministero, riguardanti il popolo di Israele nella terra degli Egizi dicendogli che: i suoi discendenti sarebbero stati fatti schiavi per quattrocento anni, …………. ma se ne sarebbero partiti con grandi ricchezze. I quattrocento anni di schiavitù, non sappiamo a quale motivo riferirle che al piano di Dio, come parte oggettiva del suo ministero. Tuttavia, vi è ragione di credere, secondo le Scritture, che a causa dello stanziamento degli Amorrei, nelle steppe della terra di Canaan, Dio, secondo il suo piano divino, fece sì che il suo popolo stesse per quattrocento anni lontano da quelle terre e che fosse segregato in Egitto, Esodo 15:16 Alla quarta generazione torneranno qui, perché l'iniquità degli Amorrei non ha ancora raggiunto il colmo. Da questa disposizione, comprendiamo che la generazione, per quel periodo, fu considerata di cento anni, essendo che, Dio, fece passare quattro generazioni affinché decidesse di far andare il suo popolo nella terra di Canaan. Dio, allo scadere del tempo da Lui stabilito, organizza, scegliendo Mosè, la liberazione del suo popolo dalla terra d’Egitto. Non è, quindi, un caso che Dio si ricordò del suo popolo, sebbene tutto lascia intendere questo perché scritturale, ma anche dobbiamo dire che Dio non sonnecchia e non dorme, anzi è sempre allerta a ogni avvenimento che accade sula terra. Così, Egli pose l’orecchio e ha ascoltato il grido del suo popolo ma solo poiché ha fatto scattare il tempo da Lui stabilito. Quindi è tutto lo svolgersi del mistero divino non comprensibile all’uomo ma con il risultato certo e benefico per la sua salvezza. La schiavitù rese il popolo più responsabile e più vicino a Dio, almeno, per quel momento fino a quando non si presentò la prossima difficoltà, essendo per nascita un popolo di colo duro. Da questi fatti, ci poniamo una domanda intorno ai tempi, se essi sono sotto il controllo di Dio oppure no. Prima di tutto, diciamo che Dio è eterno e non è sottoposto a nessuna misura di tempo, altrimenti non sarebbe eterno. Il tempo è nato dalla creazione dei lunari, cioè il sole, la luna e le stelle.  Quindi, esso è una grandezza scaturita dal funzionamento degli astri che Dio stesso pose nel nulla e che nella evoluzione del suo lavoro, parla di giorno e di sera, essendo che, Dio, si pose nella dimensione finita e parla anche, di riposo alla fine del sesto giorno che lo chiamò, sabato. Il tempo può essere benissimo fermato da Dio, modificato, alterato e distrutto venendo ad essere coinvolto solo l’uomo e tutto il creato. Quindi i tempi sono per l’uomo ma non per Dio.  Daniele 12 ………tutte queste cose si sarebbero compiute fra un tempo, tempi e la metà di un tempo, rimanendo Dio il solo e l’unico a costruire la misteriosa sua opera.

La chiamata di Mosè

Esodo 3:3 Mosè pascolava il gregge di Ietro suo suocero, sacerdote di Madian, e, guidando il gregge oltre il deserto, giunse alla montagna di Dio, a Oreb.

         Mosè nella terra di Madian, dopo aver sposato Sefora, figlia del sacerdote Ietro, assunse il compito di fare il pastore e l’amministratore della casa di Ietro, suo suocero, tralasciando ogni pretesa regale. Dopo un certo periodo, di permanenza in terra straniera, avvenne che mentre pascolava il gregge, si trovò ai piedi della montagna di Dio a Horeb. Fu in quel momento che poco lontano vide a distanza una fiamma di fuoco sopra un albero di pruno che sembrava che lo bruciasse ma che l’albero in non si consumava. Mosè, inconsapevolmente, si trovò di fronte a un avvenimento mai visto prima, tale che, incuriosito volle avvicinarsi per constatare cosa fosse. Così, lasciò il gregge e andò ad accertarsi del perché quel pruno non si consumasse. Fu in quel momento che sentì una voce che lo chiamò per nome: Esodo 3:4 ………...Allora Dio lo chiamò di mezzo al pruno e disse: Mosè! Mosè! Ed egli rispose: Eccomi. Il parlare di Dio, ci rivela parte della identità di Dio, essendo che, Egli ha bocca e parla, ha occhi e vede, ha mani e costruisce. Questa è la prova inconfutabile che l’uomo è l’immagine di Dio sulla terra, poiché, la sua struttura e il suo pensiero è proiezione materiale di Dio sugli uomini. Ne deriva che l’apparizione del fuoco e della presenza misteriosa del divino, mostra che la dimensione di Dio è dominante su quella dell’uomo, che muove e può modificare le leggi della natura. L’incontro di Mosè con l’Angelo del Signore, dimostra che il divino si manifesta sulla terra, senza vincoli alcuni, si fa sentire o mostra la sua gloria all’uomo, come se la sua dimora fosse in questa terra. Da questo si ipotizza anche che l’opera umana può essere influenzata facilmente e in qualsiasi momento da Dio. Così, Mosè sentì dentro il suo cuore quasi un chiamo soprannaturale che lo spinse ad avvicinarsi al pruno e a vedere il mistero del fuoco che non bruciava. Il mistero si rivelò, quando, dopo essersi avvicinato e guardava stupito l’eccezionalità del prodigio, si sentì chiamare per nome. Egli sentì una voce umana diversa forse e rimbombante, che gli provocò un tremore su tutto il corpo, facendolo rimanere fermo irrigidito come una statua. Fu, quando l’angelo gli disse di togliersi i suoi sandali, poiché, i suoi piedi poggiavano sul luogo santo, che si tolse i calzari e si piegò a terra per tutta la sua lunghezza, avendo paura di guardare Dio. Così, Dio parlò dopo quattrocento anni e lo fece davanti a Mosè, proposto dal Signore per liberare il suo popolo. Come abbiamo letto nel vecchio Testamento e anche nel Nuovo, spesso Dio nell’intervenire verso i suoi servi, ha spesso cambiato il loro nome, mentre in questo caso, ci si chiede il perché, Dio, non lo abbia fatto con Mosè. Tuttavia, se ricordiamo in Esodo 2:20 la figlia del faraone……. ella lo chiamò Mosè, dicendo: Io l'ho salvato dalle acque! Fu allora che Dio guidò il pensiero della donna che il salvatore del popolo d’Israele avrebbe portato tale nome, così, come lui fu salvato, egli salvò. Ma se Dio non gli cambiò il nome a Mosè, per certo gli cambiò la vita facendolo profeta e non solo, ma archetipo di Gesù che nella sua venuta, avrebbe liberato tutta l’umanità da questo mondo. Mosè nascose il suo volto, ma non potendo nascondere il suo cuore fu pronto ad ascoltare il messaggio di Dio anche se per lui fu troppo grande, tanto che ebbe a rispondere a Dio, chi fosse lui da essere scelto per quella missione: Esodo 3:11 Mosè disse a Dio: Chi sono io per andare dal faraone e far uscire dall'Egitto i figli d'Israele? Ne uscì un colloquio composito tra l’Angelo di Dio e Mosè, ove Mosè riuscì a carpire il nome di Dio ma non comprensibile per l’uomo. IO SONO, gli disse il Signore. Dirai Io sono mi ha mandato da voi ………tale è il mio nome in eterno, così sarò invocato di generazione in generazioni. Uno dei poteri di Dio è quello di conoscere la mente umana, Egli, modifica e forma il futuro e non può essere compreso dall’uomo, infatti, se all’uomo sembra che Dio faccia o segua una azione ripetitiva o presagisce un avvenimento, tuttavia non è così[4]. Dal leggere le Sacre Scritture, si può trarre la conclusione dicendo che Dio conosce e modifica il futuro, come l’architetto conosce tutto il suo progetto, ma che può cambiarlo in qualsiasi modo nel percorso del tempo e quindi dipende tutto dalla sua volontà. Tornando ai fatti, Mosè pur avendo ascoltato il comando del Signore non si sentì di ritornare in Egitto. Se prima aveva paura di ritornare temendo che il faraone lo facesse arrestare per l’omicidio dell’egizio ma anche per il rifiuto degli ebrei di averlo visto frequentare l’uno e l’altro popolo, ora ha acquistato la forza di eseguire il comando, essendo che Dio gli ha messo accanto Aronne, suo fratello, in modo che egli sarebbe stato come profeta e suo fratello come sua parola. Come il faraone portava il bastone sekhem, nominato come "il bastone del potere di Atum”, Dio manda, Mosè con il bastone di Dio che potere su tutti e che sconfinerà gli egizi, liberando il popolo di Israele.

 Ritorno di Mosè in Egitto

Esodo 4:19 Il Signore disse a Mosè in Madian: Va', torna in Egitto, perché tutti quelli che cercavano di toglierti la vita sono morti.

         Prima di partire Mosè parlò con suo suocero, Ietro, esponendogli la sua imminente missione in Egitto. Esodo 4:18 Allora Mosè se ne andò, tornò da Ietro suo suocero e gli disse: «Lascia che io vada e ritorni dai miei fratelli che sono in Egitto, e veda se sono ancora vivi». Ietro disse a Mosè: Va' in pace. Ietro, sacerdote e capo di una delle tribù di pastori nomadi ebbe una sensibilità di credere in Dio, che oltrepassava quella dei sacerdoti di Gerusalemme, ai tempi di Gesù. Infatti, alla richiesta di Mosè, il sacerdote, non obbiettò alla partenza di Mosè, pur sapendo che era una missione pericolosa, ma considerò, in primis, la realtà del comando di Dio, quello di avere scelto Mosè per liberare il popolo di Israele, pur non essendo egli un israelita. In altre occasioni, Ietro, intervenne saggiamente come un buon padre di famiglia, in Esodo 18:19 e seg. ove consigliò a Mosè come amministrare l’organizzazione esistenziale e quella della giustizia al popolo di Israele e Mosè lo ascoltò. Esodo 18:24 Mosè ascoltò la voce di suo suocero e fece tutto quello che egli aveva detto. La partenza di Mosè fu composita, nel senso che si portò con se sua moglie Sefora e i suoi figli, fatti cavalcare su degli asini diretti verso il paese d'Egitto.  Così, Mosè con il suo bastone, la sua famiglia e suo fratello Aronne si incamminarono verso la missione comandata da Dio, avendo nei loro cuori la certezza che ogni cosa che avrebbero fatta sarebbe stata guidata da Dio. Tuttavia, non sapevano quando sarebbero rimasti in Egitto e i contrasti che avrebbero avuto con la sua gente e soprattutto con il faraone. La certezza che erano morti tutti quelli che volevano toglierli la vita gli fu pronunziata da Dio come notizia di incoraggiamento a muoversi liberamente senza paura. Questo andare di Mosè con i suoi verso l’Egitto, ci richiama il viaggio degli Israeliti verso Canaan, che sapevano della terra promessa da Dio, ma la disposizione di affrontare una guerra non era da essere eliminata, poiché, pericoli e fatiche per affrontare i nemici sempre erano presenti. Mosè, sicuramente, passò dallo stesso luogo in cui, si apprestò a lasciate la terra d’Egitto, da lì egli rivide la città da lontano, mentre immaginava il tumulto del suo popolo che lasciava la terra straniera e mentre prima quando dovette fuggire, la vide con senso di abbandono ora la rivede come conquista certa della liberazione.  Egli acquistò quella sicurezza di principe d’Egitto che era libero di decidere e di comandare ma non per regnare ma per riscuotere il suo popolo. Sentiva sulle sue spalle l’armatura e la forza che gli erano state promesse e la responsabilità di sacerdote e servitore di Dio. Egli era diventato un uomo nuovo, non guidato dagli uomini o dal faraone, ma da Dio. Se Aronne aveva la favella egli aveva la forza e la guida spirituale che gli fu concessa come rappresentante di Dio sulla terra. Tuttavia, egli fu sempre un uomo soggetto a peccare e a trasgredire il comando di Dio, da produrgli rincrescimento e collera.        

 Dio vuol far morire Mosè

Esodo 4:24 Mentre si trovava in viaggio, il Signore gli venne incontro nel luogo dov'egli pernottava, e cercò di farlo morire.

         Così, accadde a Mosè un avvenimento apparentemente strano durante il viaggio di ritorno in Egitto. Dio decide di far morire Mosè. Da questo verso, esaminiamo due elementi che possono aiutarci a capirne le ragioni della collera di Dio e della singolare decisone che Dio stava per prendere. Consideriamo per primo il verso che parla della circoncisione, che rappresenta uno dei patti di tutela della salute che Dio aveva fatto all’uomo. In Genesi 17:14 L’incirconciso, il maschio che non sarà stato circonciso nella carne del suo prepuzio, sarà tolto via dalla sua gente: egli avrà violato il mio patto. La parola, sarà tolto, si riferisce non di far morire il bambino o il giovane ma di essere allontanato dal popolo come persona inidonea di stare tra loro. La conseguenza della disubbidienza del patto sarebbe scaduta sui genitori che, in riferimento al verso sopra riferito Esodo 4:24 sarebbe stata grave. Questa attitudine di circoncidere i maschi dopo un poco di tempo dopo la nascita è divenuta così importate che si esegue tra gli ebri, fino ad oggi. Tuttavia, col nuovo Testamento, questo patto non è stato ritenuto obbligatorio. In riguardo a quanto è successo a Mosè, notiamo da un lato una ammissione della non osservanza della circoncisione da parte di Mosè ed una severa prospettiva di pena per Mosè per non avere circonciso suo figlio. Innanzi tututto come mai, Mosè, incirconciso, ebbe il favore di Dio di essere stato chiamato per liberare il suo popolo? Aprendo un’ipotesi di purificazione, consideriamo che, in buona fede, Mosè, trovatosi di fronte al pruno ardente, al comando di Dio, toltosi i sandali egli calcò, la terra sacra alla presenza di Dio. Questa possibilità concessa a Mosè che potesse stare di fronte alla Maestà di Dio, non circonciso purificò il suo corpo. Da questa purificazione, si nota che, per Mosè non fu necessario l’obbligo di essere sottoposto alla circoncisione, essendo che non gli fu posto prima, essendo vissuto in Egitto estraneo al patto. Questo privilegio li diede la facoltà di sussistere nel suo popolo, come un incirconciso graziato. Il secondo punto è dato dal fatto, che avendo Mosè acquisita la conoscenza del patto di circoncisione, azzardatamente, non considerò necessario di eseguirlo a suo figlio. Qui nasce la collera di Dio, per il fatto che il figlio di Mosè non fosse stato circonciso, essendo che, Dio, non poteva fare a meno, di accettare il giovane incirconciso come aveva fatto con lui. Da questa superficialità di Mosè Dio lo voleva far morire. Questa disubbidienza di Mosè fu conosciuta da Ietro, suo suocero ed ancor da Sefora, sua moglie, che nelle remore dei fatti e dalle rivelazioni divine, lei pur non facente parte, a pieno titolo, del popolo Israelita, per placare l’ira di Dio, eseguì con mani proprie la circoncisione su suo figlio. Esodo 4:25 Allora Sefora prese una selce tagliente, recise il prepuzio di suo figlio e con quello gli toccò i piedi, dicendo: Tu sei per me uno sposo di sangue! 26 Allora il Signore lo lasciò... Così, facendo toccare col prepuzio del figlio i piedi del padre, Sefora corrispose a due obblighi, quello di mostrare a Dio di avere sposato Mosè circonciso per mezzo del sangue del figlio, essendo che, il sangue lo sanò spiritualmente e l’altro obbligo, quello dell’ubbidire al patto di Dio di circoncidere il figlio come i maschi israeliti. Alla fine di tutto questo, Mosè si rese conto che la morte gli fu vicino e che Dio lo aveva perdonato, per l’intraprendenza di Sefora.

 Il Signore chiama Aronne

Esodo 4:27 Il Signore disse ad Aaronne: Va' nel deserto incontro a Mosè.

         Nel momento che Mosè stava ancora ai piedi del monte presso Horeb, Dio, chiamò Aronne che si trovava in Egitto, insieme alla madre e le sorelle di Mosè. Il comando che Aronne ricevette fu di grande impegno e di grande onore per servire il Signore, egli si diresse subito verso il monte di Dio, con il desiderio di abbracciare suo fratello. Appena incontrò Mosè lo baciò con grande gioia per la collaborazione affidatagli sul grande progetto di liberazione. Esodo 4:29 Mosè e Aaronne, dunque andarono e radunarono tutti gli anziani degli Israeliti. Ma quali furono i motivi e se ve ne furono, per cui, Dio scelse Aronne, per il fatto che avesse la favella facile? Questa decisione non coincide forse implicitamente con una legge di Dio? Matteo 18:16….  se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Infatti, così avvenne che il faraone non accettando la proposta di Mosè, si trovò di fronte a due testimoni, per i quali, la risposta fu considerata pubblica e quindi irreversibile, la quale, solo con un'altra decisione pubblica del faraone poteva essere abrogata. Questo comporta che la previsione di Dio che il faraone avrebbe rifiutato la liberazione del popolo di Israele fosse risultata legge e quindi a conoscenza di tutti, sia della gente vicina che da quella lontana, ma soprattutto che quello che Dio aveva predetto fosse stato prova inconfutabile verso i discendenti del popolo di Dio. Infatti, più di una volta Dio ricorda il suo intervento sulla liberazione del suo popolo dall’Egitto, quando discuteva e controbatteva la deficienza degli Israeliti o quando gli stessi si allontanavano dalla fede in Dio o si dimenticavano di quello che Dio aveva fatto per loro. Quindi, la conclusione della chiamata dei due fratelli potrebbe essere stata decisa, non solo per la incapacità caratteriale del parlare di Mosè ma anche e soprattutto di provvedere a una testimonianza dell’opera di Dio per la liberazione del suo popolo.  Vi sarebbe un altro aspetto, anche se di secondaria importanza, che ci farebbe capire l’intenzione di Dio di raccogliere anche i famigliari di Mosè. Infatti, tutta la famiglia di Mosè, Aronne le sorelle i suoi genitori si sistemarono, dopo il viaggio nel deserto, in Canaan, Genesi 11:31. Tornando ai fatti, Mosè si trovò a confrontarsi con il nuovo faraone[5], che non avendo ereditato il carattere dei padri, era certamente, una situazione difficile da affrontare. Ma quali furono i motivi, per i quali, il faraone non appena ascoltò la proposta di Mosè per bocca di Aronne, ostacolò la liberazione degli Israeliti? Dal faraone dei tempi di Giuseppe di nome Manetone[6] fino a quello di Merenptah ai tempi di Mosè, passarono quattrocento anni. Il successore del faraone Maratone, Ramses II[7], pose gli Israeliti in cattività, così fecero tutti gli altri dopo di lui fino a Merenptah per paura del loro numero crescente. Infatti, i faraoni avevano due motivi di preoccupazione in riguardo al popolo di Israele: uno era che se il loro numero avesse superato quello degli egiziani e che avrebbero potuto fare un colpo di stato e detronizzare il faraone e quindi, dominare poi l’Egitto, il secondo motivo era quello che se l’avessero lasciati andare potevano allearsi con i nemici del faraone e conquistare l’Egitto. Ecco che la soluzione, per ovviare questi pericoli, era quella di non permettere la crescita del popolo di Israele. Mentre questa ultima riflessione era nella mente del faraone, ecco arrivare Mosè e Aronne dal deserto portando il comando di Dio, che scombussolò i piani del faraone. In riguardo alla residenza dei famigliari di Mosè non si sa se in Egitto vivesse ancora la madre di Mosè, di cui, Aronne poteva dare notizie, tuttavia, sappiamo che si sono insediati in Canaan. Così, come prima sosta Mosè andò ad incontrare la sua famiglia e il popolo di Israele.  

 Resistenza del faraone

 Esodo 5:1 Dopo questo, Mosè e Aaronne andarono dal faraone e gli dissero: Così dice il Signore, il Dio d'Israele: Lascia andare il mio popolo, perché mi celebri una festa nel deserto    

         Appena arrivati, Mosè e Aronne radunarono tutti gli anziani degli Israeliti per comunicare loro che il Signore era venuto a visitarli e che era iniziata la liberazione per mezzo di loro. In questo episodio, si osserva che Dio, dopo quattrocento anni, decise di liberare il suo popolo contro i soprusi del faraone e detta scrupolosamente quello che Mosè deve fare e quello che deve dire. Esodo 5:31 Il popolo prestò loro fede. Essi compresero che il Signore aveva visitato i figli d’Israele ……. Sebbene, il popolo aveva considerato Mosè più legato agli egiziani che a loro, quasi da ritenerlo una spia, ora con clamore lo accettano come il messaggero di Dio. Tutti credettero alle sue parole e lodarono Dio per avere avuto misericordia di loro. Tuttavia, il problema non fu risolto con l’accettazione di Mosè, come liberatore, essendo che, rimaneva ancora l’incognita di quanto rilevante poteva essere l’opposizione del faraone.  Avvenne che Aronne radunò tutti gli Israeliti per dettare loro quello che dovevano fare per la riuscita del piano, con tutti gli ostacoli che si fossero presentati nel corso delle operazioni. In quell’incontro, Aronne spiegò nei particolari, la missione dettata da Mosè e fece dei prodigi come prova che il Signore li aveva mandati in Egitto per liberarli.  Dopo che il popolo fu a conoscenza della missione e vide i prodigi, tutti si inchinarono a lodare il Signore, essendo che la realtà di Dio si era manifestata in loro.  L’adorazione a Dio, da come sappiamo dalle Scritture, consisteva nel raccoglimento di tutta la comunità posta in ginocchio e con le mani alzate, e avrebbe glorificato il Signore per giorni. Oltre il momento dell‘adorazione vi fu anche quella della riconciliazione di quelli che avevano perso la speranza che Dio si sarebbe ricordato di loro ma anche dei giovani che avevano sentito parlare di Dio e non lo conoscevano. La presenza di Mosè aprì nei cuori degli Israeliti la speranza che Dio aveva messo in atto la sua promessa. Le fatiche di quattrocento anni furono di colpo svanite, poiché, la gioia aveva preso posto nella loro vita, insieme all’entusiasmo di riacquistare la propria identità. Questa gioia, tuttavia, durò poco, poiché, fu distratta dal colloquio negativo che avvenne tra Mosè e il Faraone. Secondo una attenta analisi, ci chiediamo, quali sono state le ragioni per mezzo delle quali ne è uscita una negazione dalla bocca del faraone? La prima cosa da cercare è quella di sapere se il faraone poteva o avesse potuto sapere dell’esistenza di Dio e su tale presupposto, vi sono due eventi, nei quali, i faraoni precedenti avevano conosciuto il Signore. Infatti, uno fu quando incontrò Abraamo, che era sceso in Egitto con Sara e l’altro faraone fu quello dai tempi di Giuseppe. Se nel primo caso, Dio, si manifestò nel sogno al faraone per lasciar andare Abraamo e sua moglie, nel secondo caso si manifestò con Giuseppe, ove i faraoni, sia nel primo caso che nel secondo, furono visitati nel sogno da Dio. Tuttavia, dopo quattrocento anni, non si capisce il perché, Dio, non si era manifestato al faraone per convincerlo a fare andare via il suo popolo.  Questo è un problema. Esodo 5……Non conosco il Signore e neppure lascerò partire Israele! Se da un lato si potesse dare una giustificazione al faraone di non conoscere Dio, dall’altro lato avrebbe il faraone, una colpa, per il fatto che aveva disconosciuto la storia dei suoi avi, essendo che, almeno due faraoni avevano conosciuto Dio e la sua potenza. Tuttavia, il faraone poteva essere stato tratto in inganno dal lungo tempo trascorso, tale da pensare che, in quel passato, sarebbero avvenute delle circostanze da non doverne tenere conto, essendo che, dopo quattrocento anni il loro Dio non si era fatto sentire e, quindi, poteva non essere un vero Dio. Un’altra spiegazione potrebbe derivare dal fatto che, Dio, ha voluto mostrare la sua potenza agli uomini idolatri e confermare il suo soccorso al suo popolo e che, nel momento che avrebbero disubbidito ai suoi comandamenti, li avrebbe ripreso dicendo loro di essere un popolo di collo duro.  Come si vede, tutto ha un significato ed uno scopo perché i piani di Dio siano perfetti e i risultati conformi alla sua volontà. Ritornando al faraone, sapendo Dio del suo cuore, fece parlare Mosè e quindi Aronne, che chiedendo il riscatto senza preamboli di colloquio suscitò il disaccordo del faraone. Esodo 5:1 Dice il Signore, il Dio d'Israele: Lascia partire il mio popolo perché mi celebri una festa nel deserto! Fu questa richiesta secca da far indurire il cuore del faraone? In realtà, essa fu la giusta formula di petizione in corrispondenza della mala fede del faraone, sia per avere disconosciuto Dio, sia perché non voleva liberare il suo popolo per paura di una rivendicazione di potere. La situazione di entrambi le parti era già prevenuta, infatti, da parte di Mosè, era quella di pretendere, seduta stante, il comando di Dio, mentre la situazione del faraone era quella di dare risposta negativa alla richiesta degli ambasciatori di Dio. Al disopra delle parti, stava Dio che seguiva le vicende, ma che, se da un lato avesse indurito il cuore del faraone, dall’altro lo avrebbe modellato alla conversione dell’unico Dio. Tuttavia, il cuore del faraone era lungi dal comprendere la manifestazione divina, essendo che, in lui dominava fortemente l’idolatria e il culto di dii strani e insensati. In riguardo agli effetti dell’idolatria sugli Israeliti, nel corso dei quattrocento anni si sono mostrati sempre fedeli a Dio, recitando continue preghiere per un imminente suo intervento di liberazione. Tuttavia, nella richiesta, notiamo che Mosè non reclama esplicitamente la liberazione del suo popolo ma chiede quasi un permesso di allontanamento del popolo a recarsi nel deserto a sacrificare un olocausto e organizzare una festa per Dio. La risposta del faraone fu negativa, anzi, mostrò di non conoscere il Signore e per questo motivo, la sua posizione di fronte a Dio si aggravò, essendo che, mentiva sulla sua esistenza e negava nel silenzio, il fatto che i suoi avi avevano già conosciuto la potenza di Dio.[8] Il faraone dal canto suo, pur sapendo che i suoi avi avevano trattato bene gli ebrei non così fece lo stesso dal canto suo, essendo che, impose al popolo di Dio un peso grave e disonorevole, quello di considerarli schiavi dando loro il compito di fabbricare mattoni per l’interesse dell’Egitto. Vi fu anche un altro indizio che il faraone non calcolò, fu il fatto che aveva saputo dell’allontanamento di Mosè in esilio per sottrarsi al giudizio penale pensò che nel deserto egli avrebbe trovato la morte. Ora, che lo vide ritornare, pensò che certamente il suo Dio lo aveva salvato. Tuttavia, il suo interesse di potere e la paura di essere spodestato, non fu per nulla collaborativo ai bisogni del popolo Israelita. Furono queste le condizioni che posero un muro tra il faraone e gli israeliti che fecero trasformare la pretesa del faraone in odio e in vedetta, poiché, i suoi decreti venivano contrapposti da una forza da lui sconosciuta fino a colpì re anche il suo stesso figlio.  

 Chi è il Signore?

Esodo 5:2 Chi è il Signore, perché io debba ascoltare la sua voce……?

         L’affermazione dubitativa del faraone, chi è il Signore, lascia aperta una precisazione. Egli avrebbe dovuto sapere della visitazione che Dio fece ai suoi avi al tempo della discesa di Abramo e Sara e poi di Giuseppe ed ora, durante il suo regno, delle preghiere che facevano gli Ebrei al loro Dio, ma anche delle frequentazioni di Mosè al suo popolo e della adozione che aveva fatto sua figlia del bambino Mosè dagli Israeliti.   La sua risposta mostra un disinteresse e soprattutto una mancanza di rispetto al credo altrui, non considerando, cosa più grave, quello di avere mancato di riguardo al nostro Dio. Ecco che al verificarsi degli eventi favorevoli al popolo ebreo il faraone diventava sempre più ostinato, essendo che, vedeva il suo potere minacciato e i suoi dii messi a ridicolo di fronte al Dio degli Israeliti. E non deve sembrare strano se Dio ha fatto avvenire dieci piaghe perché il cuore del faraone, date le circostanze, diventava sempre più duro. Si suppone che nel faraone cominciasse a prendere posto la comprensione e la realtà di Dio, poiché provava timore ad affrontare Mosè riconoscendogli un potere sconosciuto più potente dei suoi dii, ma con tutto ciò, insisteva a rifiutare il Dio degli Ebrei.  La domanda del faraone, perché io devo ascoltare la sua voce, dimostra la conoscenza del potere del Dio degli Israeliti, per il favorevole destino di averli fatti crescere così numerosi da muovere nel suo cuore la considerazione della superiorità di Dio nei confronti dei suoi dii e che, nonostante ciò, lo rigettava totalmente. Su questo suo odio, pur si intravede un senso lato di riconoscere l’infiorita della sua compagine religiosa, sul fatto che, i suoi sacerdoti non erano efficaci e potenti come Mosè, i quali, davano segni di disagio ad affrontare i prodigi del profeta ebreo. Così, nel faraone cominciavano a mescolarsi odio e riflessione, invidia e gelosia, ripudio e desiderio di possedere lo stesso favore degli israeliti, ma la sua immagine faraonica non poteva aderire a questi sentimenti, i quali, gli avrebbero procurato un radicale cambiamento di vita.  Egli era il faraone d’Egitto e tale doveva rimanere, con la sua potenza che dominava su tutti. Tuttavia, nel suo tempo, le sorti del suo regno sembrarono essere cambiati, poiché, gli schiavi ebrei chiedevano la loro indipendenza, essendo che Dio aveva deciso di liberarli. Il loro silenzio e la loro sottomissione ora chiedevano giustizia per riacquistare la dignità perduta e soffocata per lunghi anni. Con queste condizioni, il faraone mette in atto il suo potere per soffocare ma piuttosto terrorizzare gli ebrei. Esodo 5:7 Non darete più la paglia al popolo per fabbricare i mattoni come facevate prima. Si procureranno da sé la paglia. Così inizia la sua vendetta ordinando che gli israeliti si procurassero loro stessi la paglia necessaria per fare i mattoni. Questa soluzione aggravò lo stato servile del popolo ebreo, che portò alla decisione degli scribi di intervenire verso il faraone per cercare di alleviare le fatiche ordinate contro la loro gente. E’ da dire che gli scribi non furono lungimiranti a riconoscere l’opera del Signore per liberare il popolo. In via del tutto simile, anche Mosè, non seppe leggere i fatti di accadimento che si stavano svolgevano sotto il controllo di Dio, essendo che, provò lo stesso dissapore verso Dio, dopo aver visto un aggravamento delle condizioni di vita del popolo, anziché gioia di libertà.  Esodo: 5:22 Allora Mosè si rivolse al Signore e disse: Mio Signore, perché hai maltrattato questo popolo? Perché dunque mi hai inviato? Così, angosciato, Mosè si rivolse al Signore senza quella riverenza che ebbe di fronte all’albero di pruno quando conobbe, per la prima volta, l’Angelo di Dio. Le sue parole furono chiare e tassative senza pensare affatto che avrebbe potuto ricevere pesanti conseguenze e per sino la morte. Egli, se non era di buona favella, ora, seppe parlare con dettagli chiari e forti rispecchiante la scuola egizia e la cultura faraonica. Mosè volle, soprattutto, evidenziare che il mandato di Dio fosse vittorioso contro il faraone, dato che stava perdendo la speranza della buona riuscita del piano liberatorio. Tornado al colloquio con il faraone, si nota che la richiesta di Mosè, di lasciare andare il popolo nel deserto per la durata di tre giorni a sacrificare Dio, indurì il cuore del faraone. Il sovrano, considerò che gli israeliti erano divenuti numerosi più degli Egiziani e che quella richiesta fosse oltre che la scusa per non lavorare era soprattutto, per cambiare la loro posizione da schiavi a popolo libero. Così, diede ordini ai sorveglianti di non dare loro più la paglia per fabbricare i mattoni ma che se la dovevano procurare da loro stessi. A questa decisone gli scribi andarono dal faraone a reclamare per la dura decisione presa del faraone, il quale, li cacciò esclamando loro che il popolo israelita era fannullone. Esodo 5:17 Rispose Fannulloni siete, fannulloni! Per questo dite: Vogliamo partire, dobbiamo sacrificare al Signore. A questo punto, Mosè si mostra d’essere degno difensore del popolo di Dio, anche contrastando Dio stesso. Non è la prima volta che Mosè impone il diritto di sopravvivenza del suo popolo affrontando la decisone divina di Dio. Egli con la sua poca favella mostrò grande saggezza e responsabilità e per questo, fu degno di essere chiamato il liberatore. Dio stesso gli fece annunziare che un altro come lui sarebbe apparso sulla terra per liberare l’intera umanità, riferendosi a Gesù. Per questo suo affetto profondo e unico verso il popolo di Dio, egli è accompagnato del continuo dall’Angelo di Dio, anche quando vedrà la terra oltre il Giordano che gli è fu interdetta, nel luogo misterioso del monte Sinai e gli fu imposto di restare. Egli, fu alzato agli onori del cielo e ve ne è stata prova, quando apparse insieme ad Elia a Gesù sul monte della trasfigurazione. Così, Mosè questiona con Dio, dicendogli perché mi hai mandato? Nessuno ha mai questionato il volere di Dio, così apertamente, nemmeno Abraamo, quando comandato dall’Angelo di Dio, si accinse a sacrificare Isacco, suo unico figlio. Ricordiamo quando Mosè disse al Signore di cancellare il suo nome dal suo libro.  Esodo 32:32 Ma ora, se tu perdonassi il loro peccato... E se no, cancellami dal tuo libro che hai scritto. Mosè, mostrò di ricordare le parole di Dio quando pronunziò del suo libro di vita. Non si curò se fosse stato cancellato ma fu risoluto a mettere la salvezza del suo popolo prima di lui. Egli conosceva bene i sacrifici dei quattrocento anni che avevano sopportato gli ebrei, essendo che, era a conosceva della storia, delle tribù e delle promesse di Dio fatte ai patriarchi, ma non lo conosceva. I motivi furono diversi, ma quelli più evidenti furono che egli seguiva gli insegnamenti del faraone e della sua storia e come complimentare quella del suo popolo.

 Dio si pone come scudo davanti all’armata del faraone

Esodo 13:3 Mosè disse al popolo: Ricordati di questo giorno, nel quale siete usciti dall'Egitto, dalla condizione servile, perché con mano potente il Signore vi ha fatti uscire di là: non si mangi ciò che è lievitato.

         Il Signore decise unilateralmente di intervenire affinché il suo popolo uscisse presto dall’Egitto, essendo che le piaghe indotte al faraone già furono completate secondo i suoi piani. Nel momento dell’esodo, Mosè rammenta al popolo che quel giorno doveva essere ricordato in perpetuo tra le discendenze degli israeliti, per cui, Dio ea venuto a liberare il suo popolo con mano potente. La partecipazione di Dio, sicuramente del suo Angelo, apre una riflessione profondamente investigativa che ci induce a discutere alcune ipotesi di come la realtà di Dio esista vicino a noi e come il suo Regno possa essere la proiezione del nostro o meglio dire il nostro mondo sia la proiezione del regno di Dio con la presenza di una componente strumentale di mezzo operante sulla terra che servirebbe a produrre un genere umano di elevata capacità intellettiva e forse di giudizio con futura idoneità di guidare e per sino giudicare gli angeli. L’intervento continuo di Dio a guidare l’uomo fa sì che l’uomo raggiunga il progetto da Lui voluto che pur resta sconosciuto fino alla fine dei tempi stabiliti, coronati dal ritorno di Gesù, il quale, concluderà questa esperienza divina, unica ed universale. Detto questo, comprendiamo come Dio è in atto a difendere il suo popolo, non perché il potere terreno sia opponente di forza contro Dio ma Egli si muove ed è in atto per il solo scopo di temperare l’anima dell’uomo al raggiungimento della incorruttibilità per essere accolto nel luogo divino. Nei momenti in cui l’uomo si trova in fase di sfavore di fronte agli eventi, Dio, interviene affinché l’uomo non si discosti dalla linea guida dei suoi progetti. Con ogni mezzo Dio si rende presente in ogni frangente di storia umana ma su questo evento storico ha voluto essere artefice con la sua attività difensiva divina adoperando una nuvola. Egli, divide il mare e fornisce i mezzi affinché il suo popolo possa superare ogni ostacolo. Ecco che quando Dio si rivela di essere il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, Egli, rivela se stesso come liberatore e unico eterno Dio. Il fatto che il popolo di Israele debba ricordare questo giorno apre una riflessione sul rapporto di Dio con l’uomo e in special modo con il suo popolo. Ci accorgiamo che l’umanità non è considerata come frutto di una spedizione divina di un seme catapultato su questa terra e dopo abbandonata a se stessa per affrontare la morte e persistere nella esistenza ma esiste una correlazione profonda ed univoca tra la mente umana e la volontà di Dio. Il ricordare questo giorno sottintende che esiste, quando saremo nel regno di Dio, una revisione minuziosa della vita trascorsa su questo pianeta per il fine di essere sottoposti a un giudizio divino che ci collocherà in posizione di gloria e di esterna esistenza. Se tutti i fatti di una vita possano sembrare lunghi e difficilmente controllabili non è così, essendo che i fatti si riferiscono ad una esisteva corta di fronte alla eternità da affrontare, per cui, la nostra durata non è altro che un soffio di tempo dove il tempo non è grandezza. Il giorno deve essere ricordato solo sulla terra per dare gloria a Dio, esso sarebbe stato un vincolo per non dimenticare e possibilmente festeggiare la grande opera divina della liberazione e che avrebbe certamente frenato cambiamenti di cultura ed evitare l’allontanando del popolo di Dio dai suoi comandamenti. Tuttavia, non rare volte il Signore richiamerà il suo popolo per esseri allontanato dalle sue vie e preferito avvicinarsi al culto degli idoli. Come un padre, Dio, spesso discute e riprende il suo popolo e li guida nel cammino della libertà, non senza ostacoli, con premio della salvezza. L’Egitto sembra avere un ruolo importante nel ministerio di Dio, sia come banco di prova della sofferenza e opportunità di slancio di rinnovamento di fede per ricordare loro che al disopra di tutto c’è il loro Dio potente.   

 Dio Istruisce Mosè per l'ingresso in Canaan

Esodo 23:21 Abbi rispetto della sua presenza, ascolta la sua voce e non ribellarti a lui; egli, infatti, non perdonerebbe la vostra trasgressione, perché il mio nome è in lui.

          In prospettiva di similitudine questi versi, nei quali, Dio istruisce Mosè e il popolo di Israele, rispecchiano in modo eloquente la raccomandazione che Dio fece, al momento del battesimo di Gesù, davanti a Giovanni Battista e tutti i discepoli. Questo è il mio Figlio di cui ne ho preso compiacimento. Ascoltatelo!  Al verso, Esodo 23:20: Ecco, io mando un angelo davanti a te per custodirti sul cammino e per farti entrare nel luogo che ho preparato. Questi versi non sono forse simili alle parole dette da Dio nel momento del battesimo di Gesù, per mezzo dei quali, Dio ha realizzato la sua promessa di fronte ai discepoli, ai quali, Giovanni predicò la venuta del Messia che era più grande di lui e prima di lui. Non sono forse le istruzioni di Gesù di seguire i suoi insegnamenti che oggi vengono derisi e cambiati annichilendo la promessa divina verace della verità che è in Gesù?  Se l’Angelo che ha operato in nome di Dio ai tempi di Mosè, fu ascoltato e temuto, quanto più Gesù Figlio di Dio, avrebbe dovuto essere ascoltato e seguito fino a oggi, avendone l’umanità assaporato il beneficio e la salute delle sue parole? Dio raccomandò di avere rispetto della presenza dell’Angelo e su Gesù di essere ascoltato, ma nulla di tutto questo è stato fatto con abnegazione e timore di Dio. Questa tragedia umana, di cui, fra tante disubbidienze i veri credenti ne soffrono le conseguenze e nulla valgono le preghiere se l’uomo torna al vomito, così nulla può essere dimenticato da Dio se il suo amore è calpestato e tradito, cambiando persino il sentimento volgendolo ad altri dii. A questa azione infame dell’umanità, Dio, pone il suo silenzio guardando attonito la razza umana come apostata e vile. Dio raccomanda vivamente che l’uomo abbia rispetto verso l’Angelo, ma soprattutto di ascoltare la sua parola le sue direttive senza ribellarsi. Egli non perdonerebbe la trasgressione, piuttosto farà giustizia su coloro che lo rinnegano, essendo che, in Lui vi è il nome di Dio e porta con se la sua gloria.  L’ingresso in Canaan rappresenta l’ingresso dell’intera umanità nel regno di Dio, che ha creduto in Lui in fino alla fine. Dio ha dato questo mondo all’umanità come se fosse il regno d’Egitto, ma che dopo un periodo di dolore e di sopravvivenza, Egli manderà Gesù a liberarci per portarci nella sua casa per vivere gloriosamente in eterno.  Non è poca cosa il significato della liberazione dall’Egitto, essa rappresenta la conoscenza, che per mezzo della quale sapremo cosa sia il bene e il male, mezzo importante per giudicare gli angeli. Esodo 23:25 Voi servirete al Signore, vostro Dio. Egli benedirà il tuo pane e la tua acqua. Terrò lontana da te la malattia. 26 Non vi sarà nel tuo paese donna che abortisca o che sia sterile. Ti farò giungere al numero completo dei tuoi giorni.

 



[1] Incarnato: Gesù, seme di Dio, per virtù dello Spirito Santo, è stato incarnato senza peccato su una vergine senza peccato.

[2] Ramses II: molti ritengono che sia Ramses II, che fu faraone dal 1279 al 1212 a.C.

[3] per conoscere chi è Dio: lo scopo dell’opera di Dio, è quello di fare operare l’uomo per acquistare la consapevolezza della ragione della sua esistenza e non la può avere se altri la costruiscono per lui.

[4] Esodo 3:20 Io stenderò la mia mano e colpirò l'Egitto con tutti i miracoli che io farò in mezzo a esso; dopo questo, vi lascerà andare

 

[5]Faraone: si pensa che sia stato il faraone Merenptah (circa 1213-1203 a.C.), figlio di Ramses

[6] Manetone: Gli storici fanno riferimento al sacerdote egiziano Manetone (3° secolo a. E. V.), che scrisse in lingua greca una storia dell’Egitto, chiamata Aigüptiakà (egittistica);

[7] Ramses II: Un faraone (da taluni identificato in Ramses II) riduce in schiavitù gli ebrei temendo per il loro numero, obbligandoli a costruire le città di Pitom e Ramses. Continuando a crescere di numero, ordina l'uccisione dei maschi

[8]la potenza di Dio: Prima con Abraamo e poi con Giuseppe 

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