venerdì, dicembre 24, 2021

MIRIAM CONTRO MOSE’

 

         Marco 6:4 Ma Gesù disse loro: Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua. La consuetudine innata nella natura dell’uomo si verifica in moltissime famiglie fino ad oggi. Questo sentimento di rigetto è apparso anche dove non si pensasse che accadesse, nella casa di Gesù ed ancora prima in quella di Mosè. La storia di Miriam, sorella di Mosè, ne è un esempio: Numeri 12:1 Maria e Aaronne parlarono contro Mosè a causa della moglie cusita che aveva presa; poiché aveva sposato una Cusita. Ricordiamo che Miriam, altrimenti detta Maria, fu sacerdotessa di Dio e che al passaggio del Mar Rosso, ispirata da Dio, condusse, nel deserto, le danze e i canti di ringraziamento. Da questo possiamo riconoscere in lei una donna di grande virtù e di umile serva di Dio. Tuttavia, anche lei si contaminò di invidia e di risentimento verso suo fratello, coinvolgendo anche Aronne, che in questo caso, cadde nella trasgressione a Dio come quando costruì il vitello d’oro. Miriam peccò di invidia, perché criticò Mosè di avere sposato una donna cusita, cioè di Median. Secondo lei, doveva essere una israelita, ma non considerò la situazione difficile, in cui, si trovò Mosè e l’avvenimento dell’apparizione dell’Angelo di Dio nel pruno ardente. Se ciò possa essere considerato come disaccordo familiare ma sanabile, quello grave fu che nell’occasione, alzò oltre il limite della modestia, il suo egoismo e rancore contro Mosè, mettendo in discussione la chiamata di Dio a Mosè, affermando che anche il popolo di Israele aveva parlato con Dio e quindi non era solo lui il privilegiato di Dio. La sua esagerata intrusione smosse l’ira di Dio che avendo chiamato all’entrata del tempio tutti e tre e messo in disparte Miriam e Aronne, Dio riprese Miriam ed Aronne, dicendo loro che a differenza degli altri profeti Dio parla a Mosè faccia a faccia e che lui è l’uomo di fiducia della sua casa. Nel momento in cui Dio si allontanò, Miriam si ritrovò colpita dalla lebbra e fu bianca come la neve. Numeri 12:11 Aronne disse a Mosè: Signor mio, non addossarci la pena del peccato che abbiamo stoltamente commesso. Aronne riconobbe che per la seconda volta mancò verso Mosè e verso Dio. L’attitudine di pentirsi, ha salvato Aronne dal castigo divino anche in questo caso. Infatti, si precipitò umiliato a Mosè, riconoscendo di essere stato uno stolto.  Così Mosè gridò al Signore Numeri 12:14 Il Signore rispose a Mosè: «Se suo padre le avesse sputato in viso, non ne porterebbe essa vergogna per sette giorni? Dio, come caso raro, si giustifica e disquisisce a livello d’uomo, con Mosè. Ecco che si evidenzia il fatto che Dio disse che con Mosè Egli parla faccia a faccia. Diverso fu, invece, il suo parlare nei confronti di Miriam e lo sarebbe stato anche se lei, come sacerdotessa, avrebbe avuto i privilegi di Mosè. In riguardo a questo avvenimento, in cui, Dio discute con Aronne e Miriam con le stesse caratteristiche caratteriali di un uomo saggio, ci si chiede, se l’uomo nel giorno del giudizio possa avanzare delle discolpe e tentare di alleviare la propria pena o dobbiamo, come dice la Parola, avere bisogno di Gesù che sarà il nostro avvocato? Può esistere l’ipotesi che l’imputato uomo possa avere diritto di esprimere, nella fase dibattimentale, le sue giustificazioni o deve stare in silenzio? Questo è un problema. Tuttavia, se è detto che Gesù sarà il nostro avvocato è chiaro che se dovessimo difenderci da noi stessi non potremmo sopportare la giustizia di Dio e, quindi, potremmo essere penalizzati più gravemente. Gesù sarà l’avvocato divino per il nostro bene e la fiducia in Lui sarà tanto quanto la fede che abbiamo in Lui.

Pace e fede nel Signore    

 

 

 

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